giovedì 22 giugno 2023
L'abbraccio tra due fratelli: il più giovane è sopravvissuto al naufragio di Pylos

L'abbraccio tra due fratelli: il più giovane è sopravvissuto al naufragio di Pylos - Ansa

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Non erano naufraghi. Erano poveri. Così naufraga anche l'Europa

Questa settimana si sono definite le dimensioni della tragedia avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 giugno al largo dell'isola greca di Pylos: i dispersi potrebbero essere 600, a fronte di 82 corpi recuperati e 104 persone migranti salvate. Negli stessi giorni in cui le testimonianze dei sopravvissuti disegnavano un quadro di soccorsi inadeguati, insufficienti, se non addirittura sottilmente respingenti, dall'altro capo del mondo si consumava una massiccia operazione di ricerca e salvataggio per recuperare cinque milionari occidentali che si erano imbarcati su un piccolo sommergibile per vedere da vicino il relitto del Titanic. Operazione purtroppo vana. Grande è stato l'interesse mediatico, grande il dispiegamento di giornalisti per documentare il drammatico conto alla rovescia fino all'epilogo peggiore. Viene da chiedersi: perché per i migranti morti in Grecia non c'è stato lo stesso coinvolgimento di mezzi, lo stesso massiccio, immediato dispiegarsi dei soccorsi? D'altra parte, perché l'interesse è così scarso per il destino di centinaia di vite in fuga dalla fame e delle guerre e invece, al contrario, così spasmodico per quella di cinque ricchi avventurosi? Ognuno si dia le risposte che crede. La nostra Antonella Mariani ha provato a dare le sue in questo editoriale.

Il filosofo Luca Maria Scarantino invece riflette sulla «radicale mancanza di senso» di quello che è accaduto a Pylos. Quelle vite sono andate perdute a causa di comportamenti umani che nascono «dal disinteresse, dall'indifferenza», dalla «impassibilità umana di fronte all'altrui tragedia». Tutto questo, argomenta Scarantino, ci dà la misura dello smarrimento spirituale di cui soffriamo. La civiltà europea, costruita sull'idea di dignità umana, si è scontrata a Pylos con un malinteso senso di "appartenenza", di "identità". Ma attenzione, avverte Scarantino: come dice papa Francesco, «non difenderemo il nostro mondo tradendone i principi più sacri. Non lo salveremo, e non salveremo i nostri figli, distruggendo la cultura, i valorie la decenza della civiltà occidentale».

Papa Francesco incontra 200 artisti: così l'arte e la fede cambiano le cose

Duecento tra pittori, scultori, architetti, poeti, registi, e attori hanno incontrato ieri mattina papa Francesco nella Cappella Sistina, invitati in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della Collezione d’Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani. Nel suo discorso Francesco - racconta il nostro vaticanista Gianni Cardinale - ha ricordato che la creatività dell’artista sembra «partecipare della passione generativa di Dio».

«L’arte e la fede non possono lasciare le cose così come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono. L’arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c’è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell’umano, dell’individualismo e dell’indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva».

Lo scrittore Canobbio alla ricerca del senso della malattia del padre / La recensione

È un bellissimo, autentico, sincero memoir familiare La traversata notturna di Andrea Canobbio (La nave di Teseo, pagine 526, euro 21,00), opera nella cinquina del premio Strega, il cui vincitore verrà votato il 7 luglio. Canobbio, nato a Torino nel 1962, rievoca la figura paterna sullo sfondo dei luoghi della sua città, “attraversata” nelle oscurità dell’esistenza, delle esperienze, di una vita in famiglia segnata dalla depressione paterna. Andrea nasce quando il genitore è già maturo e malato. Questa malattia lo connota sin dall’inizio: «La sua depressione era ormai un rumore di fondo, né grandi tempeste né improvvise schiarite». Il narratore ingaggia una serrata indagine sull’origine del disagio paterno, formulando ipotesi e congetture, seguendo una pista sulla base dei deboli indizi che emergono dalle memorie familiari conservate in vecchie agende, documenti militari o civili, sbiadite fotografie. «E poiché l’universo non significa mai abbastanza, la ricerca del senso non avrà mai fine», medita a un certo punto. Ma è una ricerca necessaria a superare un senso di colpa: «Non sono mai riuscito a prendere sul serio la sua malattia, ho sempre svalutato la sua autosvalutazione». La recensione di Roberto Carnero.

Sessant'anni fa Giovanni Battista Montini divenne Papa: ecco perché scelse il nome Paolo

Il 21 giugno 1963 l'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini fu eletto Papa. Nei mesi precedenti il suo nome era stato indicato sulla stampa, ma lui cercava di smorzare tanto interesse. In un discorso ai seminaristi di Venegono, poco dopo la morte di Giovanni XXIII e pochi giorni prima della sua elezione, chiese loro di «non essere informati dai rotocalchi (...). Non credete poi a quello che dicono sul conto mio, perché sareste proprio addirittura presi in giro da questa brava gente che cerca di indovinare e fare pronostici». Anzi, prospettava che fosse la volta di un Papa straniero. Eliana Versace, studiosa di Paolo VI, racconta in un lungo articolo alcuni aneddoti legati alla sua elezione. Ad esempio, il fatto che il neoeletto Papa, nella Cappella Sistina, non fece alcun discorso ma si limitò ad esprimere la sua accettazione e ad annunciare il nome: Paolo. Un nome scelto, annotò papa Montini in un suo appunto, «per devozione all’Apostolo - primo teologo di Gesù Cristo - l’amoroso di Cristo - per ammirazione all’Apostolo-missionario, che porta il Vangelo al mondo, al suo tempo, con criteri di universalità, il prototipo della cattolicità».

La Gmg di Lisbona (1-6 agosto) ha 13 patroni: ecco chi sono

Ogni Gmg ha i suoi patroni: se Cracovia 2016 ne contava 2 e con Panama 2019 si era arrivati a 8, Lisbona 2023 (dall'1 al 6 agosto) ha 13 patroni (14 con Maria). Sono tutti testimoni che «hanno dimostrato che la vita di Cristo riempie e salva i giovani di ogni epoca», ha scritto il cardinale Manuel Clemente, patriarca di Lisbona, nella presentazione delle figure scelte. Patroni di tutte le Gmg sono la Vergine Maria, san Giovanni Paolo II, il fondatore della Giornata dedicata alla gioventù, san Giovanni Bosco, dichiarato da Giovanni Paolo II «Padre e maestro della gioventù». Ecco i patroni "specifici" della Gmg 2023. San Vincenzo, diacono e martire del VI secolo, protettore della diocesi di Lisbona. Ci sono poi santi partiti da Lisbona per annunciare cristo: sant’Antonio di Padova (o da Lisbona), san Bartolomeo dei Martiri, domenicano e arcivescovo di Braga, san Giovanni di Brito, gesuita lisbonese missionario in India. Poi alcuni beati sempre di Lisbona: Giovanna del Portogallo, Giovanni Fernandes, Maria Clara del Bambino Gesù. Infine, i beati Pier Giorgio Frassati, Marcello Callo, Chiara Badano e Carlo Acutis. Nella cappellina allestita nella sede del Comitato organizzatore locale (Rua do Grilo) sono state poste le reliquie di quasi tutti i patroni.

QUI TUTTI GLI ARTICOLI SULLA GMG DI LISBONA

Lorena e Simone all'altare, l'amore vince la disabilità

Il loro amore ha resistito alle distanze e a tante difficoltà. E finalmente sabato 3 giugno Lorena Chiesa e Simone Sciarrini, entrambi nati con trisomia 21, hanno detto il loro sì nella parrocchia di Sant’Alessandro a Villongo, nella Bergamasca. Il viaggio di nozze è stata una crociera con giro delle isole greche. Lei lavora in una pasticceria, lui fa i mestieri in casa. Insieme fanno volontariato nel bar dell’oratorio parrocchiale e insieme partecipano a competizioni di ballo. Il messaggio che Lorena e Simone lanciano con la loro esperienza? «L’amore supera ogni barriera e confine. Spero anche in un cambiamento di mentalità: non dovrebbe essere strano o tabù che due persone con la sindrome di Down si sposino», sottolinea la mamma di Lorena. La storia completa nell'articolo di Laura Badaracchi.

La vita felice di Donald Triplett, "paziente zero" dell'autismo

Questa settimana è morto a 89 anni Donald Triplett, Don per gli amici, conosciuto anche come il “Caso 1” nella storia della diagnosi dell’autismo. Oggi diremmo il “paziente zero”. Donald ha avuto la fortuna di essere nato da genitori molto combattivi, tanto da non arrendersi alle scarse conoscenze e ai pregiudizi del secolo scorso sulla disabilità. Con un mix di studio, ricerca, tenerezza, amore e accoglienza, la piccola città di Forest, nel Mississippi, ha potuto fare da scudo al suo “genio” della matematica. Una vita appagante, con le criticità della sua condizione. Ma quale vita non ha momenti critici? Con gli anni abbiamo avuto modo di capire che ci sono tanti livelli di autismo, come esistono tanti diversi disturbi mentali che rendono disabili molti esseri umani. Certo, non tutti gli autistici e non tutti i malati psichici sono in grado di comunicare, ma ci sono occasioni, modi e motivi di felicità anche per chi è intrappolato in un mondo con confini difficilmente esplorabili. «E se ci si sintonizza con il linguaggio del cuore - scrive la nostra Roberta D'Angelo - forse non ci sarà un segno sul volto, ma di certo si può avvertire quel brivido che si chiama vita».

Il Vangelo di domenica 25 giugno commentato da padre Ermes Ronchi

"Non temere, hai un nido nelle mani del Signore"

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. (...) LEGGI QUI

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