venerdì 24 giugno 2022
Il Consiglio Europeo ha dato formalmente il via libera alla concessione a Ucraina e Moldavia di Paesi candidati all'ingresso nell'Ue. Resta aperto (e litigioso) il fronte balcanico
Un tweet sul profilo di Petras Austrevicius: Overwhelming support of #EP for the candidate status of #Ukraine , #Moldova and #Georgia (canditioned). It’s a historical moment for united #Europe!

Un tweet sul profilo di Petras Austrevicius: Overwhelming support of #EP for the candidate status of #Ukraine , #Moldova and #Georgia (canditioned). It’s a historical moment for united #Europe! - TWITTER/ PETRAS AUSTREVICIUS/ANSA

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L’Ucraina da ieri è candidata all’adesione dell’Unione Europea. I Ventisette, riuniti ieri a Bruxelles per il Consiglio Europeo, hanno mantenuto la promessa, appena quattro mesi dopo la richiesta di Kiev: era il 28 febbraio, quattro giorni dopo l’inizio dell’attacco russo.

Con l’Ucraina, ad ottenere l’agognato status è anche la Moldavia, anch’essa molto esposta alla guerra, mentre alla Georgia Bruxelles assicura la «prospettiva europea», lo status di candidato arriverà dopo che saranno state soddisfatte alcune condizioni.

«È un momento unico e storico nelle relazioni tra Ucraina e Ue - ha commentato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ieri si è collegato in video con i leader -. Sono grato al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e alla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e ai leader dell’Ue per il sostegno. Il futuro dell’Ucraina è dentro l’Ue».

«Un momento determinante - ha detto Von der Leyen -, una bellissima giornata per l’Europa». Insomma, il segnale che l’Ue voleva dare, con l’occhio a Putin, è arrivato. «La questione del nostro vicinato che include l’Ucraina e la Moldavia - ha commentato il presidente francese Emmanuel Macron, giunto alla fine del suo semestre di presidenza Ue, dal primo luglio tocca a Praga - ma anche la Georgia e i Balcani occidentali è più urgente che mai perché la guerra è tornata sul suolo europeo e ne siamo destabilizzati».

All’Ucraina, i Ventisette ribadiscono il sostegno umanitario, finanziario e anche militare, che anzi viene rafforzato: «L’Unione Europea - recitano le conclusioni - rimane fortemente impegnata a fornire ulteriore sostegno militare per aiutare l’Ucraina a garantire il suo inerente diritto a difendersi dall’aggressione russa», e anzi si chiede al Consiglio dei ministri Ue di «lavorare a un ulteriore aumento del sostegno militare», oltre i due miliardi di euro già concessi. Si parla di altri 500 milioni di euro anche se dovranno esser chiariti gli aspetti finanziari.

I tempi per l’adesione effettiva, però, saranno decisamente lunghi, tant’è che per ora non si parla di avvio dei negoziati di adesione. «Naturalmente - ha ricordato Von der Leyen - questi Paesi dovranno fare i compiti a casa». La Commissione fissa sette riforme-chiave che Kiev dovrà fare, per poter avanzare verso l’avvio di negoziati.

«La Commissione - recita il testo delle conclusioni - è invitata a riferire al Consiglio l’adempimento delle condizioni specificate». C’è di più: Italia e Germania chiedono che prima l’Ue sia «pronta» ad accogliere nuovi membri, con la richiesta della fine del voto all’unanimità là dove ancora sussiste, impresa ardua.

Un esempio attuale di veto è quello di Sofia che da mesi perdura contro l’avvio dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord per una questione bilaterale di lingua e minoranze. Uno dei motivi che ha portato alla fiammata di polemiche in un burrascoso vertice del mattino con i Balcani occidentali (Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, già candidati, e Bosnia-Erzegovina e Kosovo). Paesi stanchi della lunga attesa.

Il vertice è stato talmente teso da portare alla cancellazione della conferenza stampa finale. Particolarmente infuriata l’Albania, tenuta «ostaggio» dai dissidi tra Bulgaria e Macedonia. I Ventisette hanno deciso di trattare Tirana e Skopje «a pacchetto»: l’Ue sarebbe pronta ad avviare il negoziato con Tirana e Skopje, ma Sofia blocca. Il veto, però, nonostante la crisi di governo a Sofia, dovrebbe esser risolto a breve.

L’Austria e la Slovenia, preoccupate per l’instabilità della Bosnia ancora segnata dalle ferite della guerra degli anni Novanta, inoltre, ieri hanno insistito per dare un segnale di incoraggiamento a Sarajevo, con un riferimento esplicito allo status di candidato nonostante i gravi problemi istituzionali e i forti ritardi nelle riforme: il Consiglio europeo nelle conclusioni si dice «pronto a concedere lo status di Paese candidato» a Sarajevo dopo che saranno state soddisfatte le 14 priorità chiave già indicate dalla Commissione. Poi il Consiglio Europeo «tornerà sulla materia».

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