giovedì 25 aprile 2024
I risultati in campo economico stanno lacerando la tenuta sociale. Il 57,4% della popolazione vive in povertà
La manifestazione a Buenos Aires contro i tagli all'università pubblica

La manifestazione a Buenos Aires contro i tagli all'università pubblica - ANSA

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La motosega del presidente ultraliberista argentino Javier Milei ha incontrato un grosso ostacolo. E le immagini di Plaza de Mayo colma di argentini che protestavano contro i tagli alle università pubbliche ne sono un segnale. Secondo gli organizzatori, la mobilitazione ha portato in piazza circa 800mila persone nella sola città di Buenos Aires, numero che la polizia ha invece ridotto a 150mila. Di più certo sembra essere il quadro della società argentina a quattro mesi dall’insediamento del governo Milei: sono stati ottenuti alcuni risultati in campo economico, ma sacrificando le classi medie e popolari.

L’educazione pubblica e gratuita resta, in un Paese attraversato da cicliche crisi economiche, una delle poche speranze per migliorare le proprie condizioni sociali. Per questo l’allarme che è stato lanciato da studenti e professori è stato raccolto con così tanta partecipazione. Per mancanza di budget, molti istituti rischiano di chiudere entro tre mesi, e in alcune sezioni della Uba, la più prestigiosa università pubblica del Paese, sono state adottate misure di emergenza: spazi comuni e aule senza illuminazione, limitazione dell’uso degli ascensori, riduzione degli orari delle biblioteche. Il governo non ha propriamente effettuato dei tagli, ma ha deciso di non aumentare, rispetto al 2023, le risorse da stanziare per l’anno accademico 2024, iniziato da poco. E in un Paese in cui l’inflazione interannuale sfiora il 290% per cento, il mancato aumento corrisponde a un taglio significativo. Milei ha rincarato la dose accusando gli insegnanti di indottrinare gli studenti e sostenendo che la grande mobilitazione altro non era che una manifestazione della «sinistra che si lagna». Ha poi pubblicato sui suoi social l’illustrazione di un leone bianco che beve da una tazza con la scritta «Lagrimas de zurditos» ("Lacrime di zecche"), sostenendo che la protesta sia stata utile per mostrargli chi sono i suoi nemici.

È stata una delle manifestazioni più partecipate da decenni e la classe media ha avuto un ruolo da protagonista. Quella che Milei sta colpendo con la sua motosega non è più solo la “casta”, il nemico che prometteva di eliminare in campagna elettorale. La libertà che continua a gridare si sostanzia di tagli drastici allo stato sociale, fine dei sussidi, privatizzazione delle istituzioni pubbliche.

Una ricetta che sembra funzionare, almeno sul piano economico. Il presidente argentino ha annunciato con soddisfazione che nel primo trimestre del 2024, l’Argentina ha registrato un avanzo di bilancio di 275 miliardi di pesos (circa 300mila dollari). L’anarchico-capitalista l’ha definita «un’impresa di proporzioni storiche su scala globale». E ha spiegato trionfante: «Se lo Stato non spende più di quanto incassa e non ricorre a emissioni di denaro, non c’è inflazione. Non è una magia». In effetti, si tratta di un primato dal 2008. Ma non basta. Milei ha anche promesso di ridurre il deficit di bilancio a zero, obiettivo più ambizioso di quello imposto dal Fondo Monetario Internazionale, con cui l’Argentina ha un debito da 44 miliardi di dollari.

Risultato positivo se la draconiana motosega di Milei non stesse lacerando la tenuta sociale. Più della metà della popolazione vive in povertà. Secondo un recente studio dell’Università Cattolica argentina (Uca), il tasso di povertà stimato nel Paese a gennaio è salito al 57,4% della popolazione, rispetto al 49,5% di dicembre e al 44,7% del periodo da luglio a settembre. È la conseguenza diretta dell'enorme aumento dei prezzi del paniere di base dopo la svalutazione del peso del 50% sul dollaro. Il costo dei generi alimentari ha avuto un rincaro sostanzioso. Un caso estremo è il riso: in un anno il prezzo è cresciuto del 950%. Ma ad aumentare sono anche le tariffe dei servizi regolamentati dallo Stato: trasporti urbani (60%), gas (300%) e acqua (200%). Per gli argentini il tragitto da casa al lavoro o verso scuola sta diventando troppo costoso. Ma è una motosega che mina anche le basi culturali della società argentina. Nella cosiddetta “ley ómnibus”, che mirava a stravolgere la struttura socioeconomica del Paese, erano presenti anche drastiche riduzioni dei finanziamenti all’Istituto Nazionale del Cinema e delle Arti Audiovisive, a quello della Musica e al Fondo Nazionale per le Arti. Alla fine di febbraio è stato chiuso l'Istituto nazionale contro la discriminazione, la xenofobia e il razzismo (Inadi), creato nel 1995.

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