domenica 25 febbraio 2018
Chiedo al Ministero dell'Economia di dare la possibilità agli italiani di sottoscrivere un titolo di Stato al tasso dello 0%. E mi impegno ad acquistarne per 10mila euro
Sottoscrizione di Buoni del Tesoro per 10mila euro (Ansa)

Sottoscrizione di Buoni del Tesoro per 10mila euro (Ansa)

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Iniziamo dal fondo, perché è lì che siamo purtroppo arrivati. «Io sottoscritto Luca Giovanni Piccione, nato a Catania il 3 marzo 1967, chiedo al Ministero dell’Economia e delle Finanze di dare la possibilità ai cittadini italiani di sottoscrivere un titolo di Stato al tasso dello 0%. Alla sua emissione mi impegno ad acquistarne almeno 10.000 euro». Sembra impossibile, ma io lo ho già fatto. Era il 21 dicembre 2012 e quel giorno mi recai in banca per restituire agli italiani tutti gli interessi maturati quell’anno sui Btp che avevo comprato: in tutto 634,38 euro.

Poco tempo dopo capì che non avevo fatto nulla di originale perché un signore, il professore Luciano Corradini, aveva già fatto la stessa cosa, per anni e molto prima di me. Siamo diventati amici e combattiamo lo stesso nemico: la cattiva informazione.

In questo mese ho letto molti interessanti interventi su "Avvenire", alcuni mi sono piaciuti altri meno. Cito solo una frase di un’altra persona che conosco e che ho avuto il piacere di avere come ospite in un convegno organizzato a Milano, si chiama Francesco Gesualdi. Nel suo intervento ha definito il debito pubblico come «la pietra d’inciampo di qualsiasi promessa elettorale». Vero, assolutamente vero. Senza risorse economiche, poche promesse elettorali saranno mantenute. E di risorse economiche il debito pubblico ne sottrae molte agli italiani, in maniera subdola, grazie a una affabile narrazione finanziaria.

L’affabile narrazione che nessuno mette in discussione è che il debito emesso da uno Stato sia un investimento finanziario e, come tutti gli investimenti finanziari, debba essere remunerato a un tasso di interesse espresso dal mercato. Io ritengo che le cose debbano essere viste da una prospettiva diversa: il debito emesso da uno Stato è si un investimento, ma non finanziario bensì economico e sociale. Niente tasso di interesse quindi, ma rendimenti reali, veri, concreti. Questi rendimenti si chiamano riduzione della disuguaglianza, si chiamano lavoro, si chiamano sovranità democratica, si chiamano dignità.

Quando racconto questo pensiero nelle scuole faccio sempre una domanda seguita da un esempio. La domanda è semplice: da dove prende lo Stato i soldi per pagare gli interessi sul nostro debito pubblico? La risposta spesso non arriva e allora la fornisco io con un esempio.

Chi lavora onestamente paga le tasse e le sue tasse, insieme a quelle di tante altre persone oneste, servono allo Stato per far funzionare scuole e ospedali, per garantire la nostra sicurezza, per creare le migliori condizioni di sviluppo del lavoro, per pagare le pensioni, per sostenere chi è in difficoltà.

Ma una parte di quelle tasse deve essere anche utilizzata per pagare gli interessi sul debito pubblico. Lo dice la narrazione finanziaria. Più gli interessi pagati sono alti (in Italia sono oltre 60 miliardi di euro l’anno, nel passato sono stati anche molti di più) meno soldi ci sono per le pensioni, per gli ospedali, per le scuole ecc. Ma tutti noi invecchiamo, ci ammaliamo, vogliamo aumentare il nostro livello di istruzione e se lo Stato offre sempre meno questi servizi chi non se li può permettere è costretto ad arretrare, ad allontanarsi, a perdere prospettive per il futuro e dignità. E a questo enorme danno sociale si aggiunge anche la beffa economica.

Sempre la narrazione finanziaria dice che tutti quelli che comprano un titolo di Stato hanno diritto allo stesso tasso di interesse, supponiamo il 2%. Giusto, corretto, sembra quasi naturale. Ma c’è un problema: se investo 1.000.000 (un milione) di euro al 2% prendo ogni anno 20.000 euro di interessi, se investo 1.000 (mille) euro al 2% ne prendo 20. Democratico? No, solo matematico. Democratico non lo è per niente perché, per pagare i 20.000 euro di interessi del nostro esempio a un solo investitore, lo Stato deve prendere una parte delle tasse pagate da molte migliaia di famiglie e imprese oneste. Quindi applicare un tasso di interesse al debito pubblico trasferisce ricchezza da chi non ne ha a chi ne ha già. Democratico? Assolutamente no.

Questo ragionamento funziona con le aziende, con chi produce beni e servizi per il mercato, non con lo Stato che deve garantire il bene e la dignità dell’ultimo dei suoi cittadini. Quindi, ogni anno, 60 e rotti miliardi escono dalle tasche di milioni di cittadini e imprese italiane per finire nella mani della finanza e dei grandi investitori.

Acquistare titoli di Stato allo 0% consente di interrompere questa narrazione mortale. Non è donare oro alla patria, perché i titoli di Stato rimangono di nostra proprietà. Non è fare beneficenza allo Stato, perché 60 e rotti miliardi in meno di interessi ogni anno vogliono dire tasse più basse, pensioni più alte, maggiore competitività per le nostre imprese, più opportunità di istruzione di alta qualità. In generale, più ricchezza per tutti. Allo 0% di interesse.

Un paradosso che ha messo in crisi politici, economisti, docenti universitari, tecnici dello Stato, grandi giornalisti, uomini di finanza. L’unica risposta è stata "Non si può fare". Ma nessuno ha spiegato perché. Io, il 21 dicembre di cinque anni fa ho dimostrato che si può fare. Altri lo avevano fatto prima di me e continuano a farlo. Le elezioni si avvicinano e tra le tante promesse vorrei che coloro che si candidano per guidare il nostro Paese e per rappresentare noi cittadini ne aggiungessero una: dimostrino che sono veramente 'Liberi da interessi', chiedano al Mef di emettere il primo titolo di Stato allo 0% e lo acquistino in base alle loro disponibilità e al rispetto che hanno dell’Italia e di tutti gli italiani. Una semplice azione. Io ci metto 10.000 euro. Voi?

* Ethics Officer – Assoetica

(Undicesimo articolo della serie dedicata al debito pubblico)


Questo articolo fa parte del dibattito sul tema del debito pubblico che continuerà a più voci e con diverse posizioni:

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