venerdì 12 marzo 2010
Ieri la cerimonia d'insediamento mentre un altro forte terremoto (7.2 Scala Richter) sconvolgeva il Paese. E il neo-presidente si è subito recato a Rancagua, la città maggiormente colpita. 
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Il terremoto non ha risparmiato il Cile neppure durante l’insediamento del nuovo presidente della Repubblica Sebastian Piñera, il primo politico di destra ad assumere il potere dalla fine del regime militare nel 1989. Prima e dopo la cerimonia, che si è tenuta ieri a mezzogiorno nell’aula del Parlamento a Valparaiso, antica capitale del Paese e sede del potere legislativo, la terra ha tremato ancora con scosse di assestamento che sono arrivate a superare i 7 gradi Richter. Paura tra i vip presenti alla cerimonia. Il sisma ha provocato dei danni, ma nessuna vittima.Mentre gli specialisti sottolineavano che i nuovi episodi sismici avrebbero potuto provocare un nuovo maremoto (l’allarme tsunami è stato revocato solo in serata) e il panico si diffondeva ancora una volta tra i cileni, il presidente uscente Michelle Bachelet cedeva la fascia con i colori della bandiera del Cile al nuovo capo dello Stato e lasciava commossa la sala tra gli applausi di tutti i parlamentari. Le feroci battaglie politiche tra conservatori e progressisti, che portarono il Paese nel 1973 al colpo di Stato, sono parse ieri solo un ricordo. La tragedia del terremoto che ha devastato il Cile meno di due settimane fa ha unito destra e sinistra, nuovo e vecchio presidente. Tanto che le prime dichiarazione di Piñera sono state dedicate proprio alle nuove scosse. «Mi sto recando a Rancagua (località a circa 90 chilometri a sud di Santiago, ndr) dove è stato proclamato lo stato di calamità naturale – ha spiegato il neopresidente –. Nella città verranno dispiegate le forze armate al fine di garantire la sicurezza della popolazione». In serata poi l’annuncio della nomina di Ivan Nunez a nuovo capo della Protezione civile, in sostituzione di Carmen Fernandez che si è dimessa mercoledì.Poche le parole della Bachelet, che all’uscita dall’aula del Parlamento ha dichiarato: «Il nostro Paese ha dato nuova prova di una grande maturità democratica e di responsabilità, non solo nell’esercizio del libero suffragio ma nel momento drammatico che stiamo attraversando». La cerimonia è stata sobria, i discorsi brevi. Il terremoto ha unito la Bachelet e Piñera. Eppure è difficile trovare due politici con storie personali tanto diverse. Il neopresidente, nato a Santiago nel 1949 e leader di Renovación Nacional, uno dei partiti che più appoggiarono Pinochet, è un imprenditore milionario (oltre un miliardo di dollari di patrimonio secondo la rivista Forbes), cattolico praticante e convinto liberista. La Bachelet, nata a Santiago nel 1951, viene invece da una famiglia di sinistra e dovette subire la mano dura del regime militare (il padre fu condannato per tradimento e morì in prigione). Nella pratica, però, la Bachelet ha governato il Cile nei quattro anni del suo mandato senza concedere molto alle componenti più radicali della sua coalizione di centrosinistra. Le riforme sociali si sono di fatto limitate all’esenzione dal pagamento di prestazioni sanitarie per gli anziani mentre ha prevalso una linea rigorosa basata sul controllo della spesa pubblica. Una scelta che si è rivelata vincente negli ultimi due anni. Il Cile, che aveva accumulato una grande liquidità, ha potuto sconfiggere la recessione mondiale e quest’anno dovrebbe crescere del 5% circa nonostante il terremoto abbia fatto danni per 30 miliardi di dollari (il 15% del Pil del Paese). Non è un caso che l’ex presidente, proprio per i risultati raggiunti negli ultimi due anni, vanti un indice di gradimento record nella storia del Cile: l’84%. Molti prevedono che la Bachelet potrebbe tornare alla guida del Cile tra quattro anni. «Lasciamo stare le speculazioni fantasiose», ha tagliato corto lei, consapevole che il suo futuro politico dipenderà anche da come governerà Piñera. Che secondo molti analisti, da un punto di vista politico, non necessariamente subirà l’emergenza del post-terremoto. «Da un certo punto di vista, Piñera può sfruttare l’occasione di diventare il padre della ricostruzione cilena – sostiene il politologo David Altman della Pontificia Università Cattolica di Santiago –. Il Cile ha tanta liquidità e tanta credibilità da poter usufruire di prestiti esteri senza nessun problema».
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