sabato 18 maggio 2024
Secondo il sito Naval News, nessun'altra marina dispose di una nave simile. Per Asia Times si tratta di “un cambiamento drammatico nella capacità di proiezione della potenza navale cinese”
La nave portadroni nel cantiere sul fiume Jiangsu

La nave portadroni nel cantiere sul fiume Jiangsu - Naval News

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La Cina non dispone soltanto di tre portaerei, l’ultima delle quali, la Fujian, è tornata nei cantieri navali di Shanghai Jiangnan lo scorso mese dopo aver completato le sue prime prove in mare. Alle tre già note se ne affiancherebbe un’altra, la cui esistenza è avvolta nella segretezza. Come ha anticipato il sito Naval News, nascosta nel cantiere navale Jiangsu Dayang Marine sul fiume Yangtze, molto a monte dei principali cantieri di Shanghai, è “parcheggiata” una nuova portaerei. Ma è differente dalle altre: non è una “semplice” portaerei, ma una “portadroni”, la prima e unica al mondo che, puntualizza il sito, “non imita nessuna nave occidentale conosciuta”. Come scrive il sito di analisi Asia Times, si tratta di “un cambiamento drammatico nella capacità di proiezione della potenza navale cinese”. Lo scenario è quello inquietante di un confronto con gli Usa per la difesa di Taiwan nel quadro di una ridefinizione del modo di pensare la guerra.

Il design della “portadroni” è più piccolo delle normali portaerei, con “un ponte di volo lungo circa un terzo della lunghezza e metà della larghezza di una portaerei della Marina statunitense o della Marina cinese”. Per fare un confronto, è leggermente più corta ma più larga di una portaerei di scorta della Seconda Guerra Mondiale. La nave è destinata a supportare grandi UAV ad ala fissa.

Ma perché una portadroni? A quali finalità strategiche obbedisce la scelta cinese? Secondo gli esperti militari, puntare su questo tipo di nave consentirebbe a Pechino di ridurre il gap “infrastrutturale” rispetto al gigante statunitense. Inoltre le portadroni potrebbero rivelarsi più maneggevoli e veloci delle portaerei tradizionali, con una gestione peraltro più economica.

I droni stanno rivoluzionando il modo di fare la guerra. Qual è il mix di fattori che rende così “appetibile” questo micidiale strumento di morte? Innanzitutto l’ampia gamma di operazioni per le quali può essere utilizzato: dagli omicidi mirati ai bombardamenti a tappeto fino alla raccolta capillare di informazioni. I veicoli senza pilota abbattono le incognite letali per i militari, alzando in compenso drammaticamente quelle a cui sono esposti i civili. Consentono ai Paesi che possono contare su capacità militari inferiori di fronteggiare nemici più potenti, grazie a strumenti relativamente più economici. Il rischio è che l’industria militare finisca per inondare il mercato della guerra con prodotti sempre più miniaturizzati, più letali, più economici, più facili da utilizzare e disponibili (quasi) per chiunque. Moltiplicando esponenzialmente i possibili scenari di guerra e rendendo “infiniti” quelli già in corso.

Come ha scritto la Reuters, “siamo davanti a un capovolgimento della visione convenzionale degli ultimi decenni, in cui gli Stati Uniti erano il leader incontrastato in termini di grandi piattaforme militari – bombardieri a lungo raggio, portaerei e simili – mentre i rivali, come la Cina, inondavano il mondo con mezzi e armi a basso costo”.

Il nodo più pericoloso resta il dossier Taiwan. In un potenziale conflitto, la Cina potrebbe lanciare sciami di droni da terra e da navi, con l’obiettivo di sopraffare le difese aeree dell’isola autogovernata in preparazione ad attacchi aerei e missilistici più estesi come preludio a un assalto anfibio.

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