sabato 18 maggio 2024
Fin dall'arrivo il Pontefice augura: questa sia la città dell'amore non solo nella letteratura. Ai consacrati: coraggio, il male non è normale. Ai bambini: siate segno di pace
Il Papa sul sagrato di San Zeno con i bambini

Il Papa sul sagrato di San Zeno con i bambini - Reuters

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Il primo abbraccio di Verona a papa Francesco ha il volto orante dei sacerdoti, dei consacrati e delle consacrate nella Basilica di San Zeno. E quello gioioso dei bambini e dei ragazzi nella piazza antistante il bellissimo tempio romanico. Ai primi il Pontefice raccomanda: «Cerchiamo di non perdere mai lo stupore della chiamata, della vocazione. Perdonate sempre e tutto. E abbiate l'audacia della missione, perché il male non è normale. Siate santi e capaci come diceva san Daniele Comboni. Seminate un amore più forte dell'odio e della morte». Ai secondi dice: «Dobbiamo essere un segno di pace. Nella nostra vita sempre benedire. E per fare il bene abbiate il coraggio di andare controcorrente».

Francesco, partito da Roma in elicottero alle 6,30 di stamane, sabato 18 maggio, atterra nei pressi dello Stadio Bentegodi qualche minuto prima delle 8,00, accolto tra gli altri dal vescovo di Verona, Domenico Pompili e dal sindaco Damiano Tommasi. Quindi si reca a San Zeno per i primi due incontri dell'intenso programma della visita nella città scaligera. Agli 800 presenti in basilica, raccomanda la memoria della propria vocazione: «Questo è il primo fondamento della nostra consacrazione e del nostro ministero: accogliere la chiamata ricevuta, accogliere il dono con cui Dio ci ha sorpresi. Se smarriamo questa coscienza e questa memoria, rischiamo di mettere al centro noi stessi invece che il Signore; rischiamo di agitarci attorno a progetti e attività che servono più alle nostre cause che a quella del Regno; rischiamo di vivere anche l’apostolato nella logica della promozione di noi stessi e della ricerca del consenso». Soprattutto Francesco chiede ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, di non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti, e di avere invece «l'audacia della testimonianza e dell'annuncio, la gioia di una fede operosa nella carità, l'intraprendenza di una Chiesa che sa cogliere i segni del nostro tempo e rispondere alle necessità di chi fa più fatica».

Avarizia, cupidigia, ricerca sfrenata di soddisfare il proprio io» sono i mali da combattere. Mali alimentati, dice il Papa, da una
«cultura individualista, indifferente e violenta. Il rischio - aggiunge - è che il male diventi normale, che ci facciamo l'abitudine. Ma il male non è normale - ripete -. All'inferno sì, ma qui no. Il male non è normale». Prima di concludere il suo discorso, con ampie aggiunte a braccio, il Papa ritorna sulla sua consueta raccomandazione ai confessori di perdonare sempre e tutto e non trasformare il confessionale in una sala di tortura. Infine raccomanda il senso della comunità. «Il missionario e la missionaria non possono andare soli in paradiso. Soli andranno all'inferno. Il missionario e la missionaria devono andare in paradiso accompagnati dalle anime salvate». Cita anche Dante, Carducci e Shakespeare il Pontefice, per concludere: «Noi cristiani impegniamoci a seminare ovunque un amore più forte dell'odio e della morte. Sognatela così, Verona come la città dell'amore non solo nella letteratura».

L'affetto dei bambini per il Papa

L'affetto dei bambini per il Papa - Ansa

Tra i doni, viene consegnato a Francesco l'atto di battesimo e di cresima di Romano Guardini, grande teologo, nato a Verona. Quindi papa Bergoglio si trasferisce sul sagrato dove ad attenderlo ci sono 5.500 bambini e ragazzi con palloncini e magliette colorate e tanto entusiasmo, che gli pongono alcune domande. Lui mette da parte il discorso scritto e risponde a braccio. Come faccio a sentire la chiamata di Gesù? La risposta del Pontefice richiama il sentirsi bene o male a seconda delle buone o delle cattive azioni compiute e delle compagnie. Quando Gesù parla ci fa sentire bene, dice, ci fa sentire una gioia nel cuore. Quando facciamo una cosa brutta ci sentiamo male. Quindi l'impegno per la pace. Come possiamo esserne segno? «Adesso ci sono tante guerre, in Ucraina, a Gaza, in Africa, nel Myanmar. Gesù predica la pace. Ma se tu litighi con il compagno o la compagna sei un segno di Pace?», chiede il Pontefice. Noooo rispondono in coro i piccoli. Il Papa fa ripetere loro: dobbiamo essere un segno di pace.

Scherza poi: «Ora l'ultima domanda, così è finita la tortura». Come possiamo mantenere la fede nei momenti di buio e di difficoltà, per esempio di fronte alla morte di una persona molto cara? «Per non fare le cose brutte dovete andare controcorrente». La recita del Padre Nostro conclude il festoso incontro.








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