sabato 6 marzo 2010
La polizia ha proibito a migliaia di persone di entrare a Chennai, capitale dello Stato del Tamil Nadu. Poi sono scattati gli arresti. La loro colpa? Manifestare a sostegno dei dalit. Bloccato per ore anche l’arcivescovo Chinnappa.
COMMENTA E CONDIVIDI
Ieri, in India, centinaia di cattolici sono stati fermati dalla polizia nella grande città di Chennai (Madras) capitale dello Stato meridionale del Tamil Nadu. Tra essi l’arcivescovo di Madras-Mylapore, monsignor A.M. Chinnappa, insieme ad altri vescovi, sacerdoti e suore. Tutti si erano riuniti per accogliere il gruppo di marciatori, una cinquantina, che avevano partecipato alla “lunga marcia” iniziata il 10 febbraio per sollevare attenzione sui diritti negati ai dalit cristiani. Dopo un percorso di 800 chilometri da Kanyakumari, estrema punta meridionale dell’India, a Chennai, città culla della cristianità indiana, gli attivisti cristiani hanno ancora una volta provato sulla loro pelle quanto siano limitati nell’immensa India – la “più grande democrazia del mondo” – comprensione e tolleranza verso le minoranze.Nonostante la lunga preparazione delle diverse iniziative, le autorità civili, incluso il primo ministro dello Stato del Tamil Nadu, il laicista M. Karunanidhi, si sono inizialmente rifiutate di incontrare i partecipanti alla marcia e i vescovi che li avevano accolti all’arrivo. Successivamente, le forze dell’ordine hanno proibito a marciatori e presuli, ai quali nel frattempo era andata unendosi una folla di migliaia di persone, di entrare in città. Infine, hanno proceduto agli arresti indiscriminati. Per ore, in una tensione crescente, le circa 15mila persone che si erano raccolte per quella che doveva essere una giornata dedicata alla richiesta di uguaglianza per i dalit cristiani sotto forma del loro riconoscimento tra i gruppi meno favoriti della società indiana, hanno atteso la liberazione dei correligionari sottoposti a quella che padre G. Cosmon Arokiaraj, segretario della Commissione per i dalit della Conferenza episcopale cattolica dell’India ha definito «repressione di Stato».Non era una un’iniziativa improvvisata, quella di ieri a Chennai. Da tempo gli organizzatori – i vescovi del Tamil Nadu e il Consiglio nazionale dei dalit cristiani – avevano annunciato una grande manifestazione pubblica prima di presentare un memorandum al governo locale. Quando la cinquantina di marciatori che erano giunti da Kanyakumari la sera di giovedì ha cominciato a transitare in città – ricorda ancora padre Arokiaraj – la polizia li ha fermati e ha fermato anche monsignor Anthonisamy Neethinathan, vescovo di Chingelpet che era con loro. Questo ha spinto «altri vescovi, sacerdoti, suore e laici ad unirsi al gruppo». A quel punto la polizia, temendo disordini, ha fermato quanti ha potuto e li ha rinchiusi in una sala per i matrimoni, rilasciandoli solo in serata, in vista dell’incontro tra i vescovi e il premier del Tamil Nadu alle 19 e il saluto delle autorità religiose e civili alla folla dei cristiani.I leader cattolici chiederanno di fare chiarezza sull’accaduto e sull’atteggiamento incomprensibile di responsabili pubblici e delle forze dell’ordine. Soprattutto, hanno annunciato che non smetteranno di chiedere con forza l’equiparazione dei diseredati di fede cristiana ai loro pari di altre fedi, per interrompere una doppia discriminazione, religiosa e socio-economica. «Oggi migliaia di cattolici si sono riuniti a Chennai per concludere la lunga marcia congiunta di cattolici e protestanti, organizzata per chiedere uguaglianza per i dalit cristiani. A centinaia sono stati fermati e rinchiusi senza una giustificazione, a riprova della nostra diversità per la nostra classe dirigente», ha detto padre Arokiaraj.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: