mercoledì 24 gennaio 2024
Pensionati, lavoratori, giovani, artisti: a unirli l'opposizione alla “ley ómnibus” del nuovo presidente, un progetto legislativo che prevede la dichiarazione dell’emergenza nazionale
Buenos Aires invasa dagli scioperanti

Buenos Aires invasa dagli scioperanti - Lucia Capuzzi

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“Usciamo, usciamo tutti a sfidare Milei”, intona Alma, 20 anni, studentessa, occhiali da sole e cappello per ripararsi dal sole dell’estate australe. “Siamo vecchi ma lottatori”, risponde Javier, 78 anni, pensionato. Buenos Aires si muove. Il “paro” – lo sciopero generale convocato dal più potente sindacato, la Confederación general del trabajo (Cgt) - non evoca lo “stop” bensì il movimento incessante di centinaia e migliaia di persone che fin dalla mattina presto si sono riversate nei due chilometri tra la Plaza de Mayo con la Plaza del Congreso, luogo della concentrazione principale. Sono arrivati nel centro istituzionale della Repubblica del Plata dai quattro angoli della capitale e dalla sterminata cintura urbana in cui vivono 14 milioni di persone, un quarto della popolazione nazionale. Ovunque, nel resto del Paese, sono state realizzate manifestazioni locali.

Lo sciopero generale in Argentina

Lo sciopero generale in Argentina - Lucia Capuzzi

In prima fila l’opposizione peronista e la sinistra o “Trozca” come la chiamano gli argentini. Ma in piazza sono scesi anche tantissimi indipendenti: pensionati, movimenti popolari e lavoratori informali, giovani, intellettuali e artisti. A unirli il no alla “ley ómnibus” di Javier Milei: un progetto di legge di oltre seicento articoli che prevede la dichiarazione dell’emergenza nazionale e l’assunzione temporanea di poteri speciali da parte del presidente nonché importanti tagli alla spesa sociale e alla cultura, la privatizzazione di numerose imprese statali, la regolarizzazione di capitali non registrati per ottenere liquidità. L’obiettivo, sostiene il governo, è contenere l’inflazione che ha raggiunto il record mondiale del 211 per cento l’anno scorso e rilanciare l’economia. Tanti, fra i settori medi e popolari, hanno, però, paura di dovere pagare loro il conto della crisi. Per questo chiedono ai deputati, chiamati a pronunciarsi sulla riforma nelle prossime settimane, di bocciarla. In realtà, i lavori parlamentari sembrano andare in direzione opposta. Poche ore prima della manifestazione, la proposta ha ottenuto un via libera preliminare grazie al sostegno della destra tradizionale, a una parte del centro radicale e a vari transfughi del peronismo.

La protesta nella capitale

La protesta nella capitale - Lucia Capuzzi

Il nuovo “Centrão criollo” l’ha definito l’analista Carlos Pagni, sul modello dello schieramento trasversale che ha sostenuto in Brasile il governo Bolsonaro, senza maggioranza proprio come quello di Milei, il quale conta su appena 38 deputati su 257. Per ottenere il consenso – con un totale di 115 sì - quest’ultimo ha dovuto realtà ammorbidire alcuni articoli, limitando, ad esempio, a un anno l’assunzione di poteri speciali del capo dello Stato e eliminando la cancellazione del Fondo nazionale per le arti.
È già la terza volta dall’avvio del nuovo governo, il 10 dicembre, che l’Argentina scende in piazza. La prima, appena dieci giorni dopo, quando Milei ha varato un decreto per “flessibilizzare” l’economia e vietare i blocchi stradali, una delle forme classiche di protesta nel Paese. La parte relativa alla riforma del lavoro del testo è stata congelata dalla magistratura. Il 27 dicembre c’è stata un’altra manifestazione contro la maxi svalutazione del – peso –, la moneta nazionale, del 120 per cento che ha fatto schizzare i prezzi del 25 per cento in dicembre. Finora, però, nessuna aveva avuto l’impatto del “paro general”. Ora si tratta di capire come reagiranno i deputati.

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