venerdì 13 dicembre 2019
Un successo a valanga dei conservatori, con una maggioranza di 363 collegi su 650. La cocente sconfitta della sinistra costringe Corbyn ad annunciare che non guiderà più i laburisti alle elezioni
Il discorso di Boris Johnson ai suoi sostenitori, a Londra, dopo la vittoria (Ansa)

Il discorso di Boris Johnson ai suoi sostenitori, a Londra, dopo la vittoria (Ansa) - Ansa

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Boris Johnson ha vinto le elezioni generali. Il leader conservatore ha incassato una maggioranza di ben 365 collegi sui 650 complessivi. Il margine che separa i Tory dagli altri partiti è di una quarantina di deputati, un risultato che il partito non raggiungeva dal 1987. Clamorosa sconfitta dei laburisti di Jeremy Corbyn che avranno in parlamento appena 203 rappresentanti. Vento in poppa anche per i nazionalisti scozzesi dell’SNP, il terzo partito più votato del Regno Unito, che a Westminster conquistano 48 scanni. La corsa degli europeisti Liberal Democratici guidati da Jo Swinson si è fermata ad appena 11 seggi. «Abbiamo un mandato storico e noi siamo all’altezza della sfida» ha commentato Johnson ringraziando gli elettori. «Andremo avanti con la Brexit senza se e senza ma – ha sottolineato - e uniti usciremo dall’Ue il 31 gennaio». La cocente sconfitta della sinistra britannica costringe il laburista Corbyn ad annunciare che non guiderà più il partito laburista di opposizione alle prossime elezioni generali.

Era dal lontano 1923 che i britannici non venivano chiamati alle urne a dicembre, in pieno inverno. Per ovviare ai limiti che il maltempo avrebbe potuto imporre ai 46 milioni di elettori nel recarsi ai seggi, la commissione elettorale ha moltiplicato le postazioni per il voto, da nord a sud, sfruttando persino la disponibilità di pub, mulini, barbieri e parrucchieri. Nello Yorkshire settentrionale si è potuto votare in un ufficio creato nel vagone dismesso di un treno. I dati sull’affluenza non sono stati ancora diffusi ma la cronaca in arrivo dalle 650 circoscrizioni i cui è diviso il Regno rivela che la risposta dei cittadini alla chiamata è stata consistente, con code di votanti all’ingresso dei seggi sin dalle 7 del mattino. Alle politiche del 2017 ha votato l’86,8% degli aventi diritto, dato in rialzo rispetto alle consultazioni precedenti. Questa volta, azzardano i commentatori, potrebbe essere andata anche meglio considerando la partecipazione di nuovi elettori, giovani e giovanissimi, in larga parte attratti dalla sinistra corbyniana ma anche quella dei cosiddetti conservatori silenti.

I leader dei principali partiti hanno votato in prima mattinata. Accompagnato dalla moglie Laura Alvarez, il laburista Corbyn ha imbucato la scheda con la propria preferenza nell’urna del seggio di Islington, a Londra, la circoscrizione in cui vive e dove è stato eletto deputato dal 1983. Il conservatore Boris Johnson si è invece lasciato fotografare mentre, con il cane Dilyn al guinzaglio, si recava al seggio allestito presso la Methodist Central Hall, nei pressi dell’abbazia di Westminster. È la postazione più vicino al numero 10 di Downing Street, storica roccaforte dei Tory presa di mira dai Liberal Democratici perché schierata al 72% a favore del “Remain” durante il referendum sulla Brexit.

Incoronato. Boris Johnson alle urne che lo hanno visto trionfatore, secondo gli exit poll (Ansa'Epa)

Incoronato. Boris Johnson alle urne che lo hanno visto trionfatore, secondo gli exit poll (Ansa/Epa) - Ansa

A Glasgow, in Scozia, ha votato invece l’indipendentista scozzese Nicola Sturgeon, che con il suo Snp ambisce ad allontanare i conservatori da Edimburgo. L’ambiziosa leader liberaldemocratica Jo Swinson, anti Brexit radicale, determinata a strappare una quindicina di collegi a Tory e Labour, ha espresso la sua preferenza nel seggio scozzese di Dunbartonshire.

È stato un Election Day che non si dimentica, tra le discese e le risalite della sterlina e persino l’arresto di un uomo di 48 anni accusato di aver lasciato un oggetto sospetto nei pressi del seggio di Lanarkshire Nord. L’attentato terroristico a London bridge, lo scorso 29 novembre, ha del resto sporcato con il sangue una delle più controverse campagne elettorali britanniche.

Si è combattuto, ventre a terra, fino all’ultimo voto. A urne aperte, Labour e Tory hanno continuato a racimolare consensi via sms o WhatsApp. Messaggi stringati a sintetizzare ore, giorni, mesi di propaganda. «Se non vuoi che la sanità pubblica venga venduta a Trump, vota Labour», manda a dire Corbyn via e-mail ai ritardatari. Ogni cinque minuti il ritornello “Get Brexit done” di Johnson irrompe sui social network con un nuovo post. Oggi, però, si volta pagina. I preparativi per il discorso della Regina, quello che giovedì prossimo inaugurerà la nuova legislatura, sono già in corso.

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