sabato 6 marzo 2021
L’alleanza vuole portare 1,3 miliardi di dosi nel Sud del mondo Andrea Iacomini, di Unicef Italia: «Anche i poveri devono essere vaccinati. Va fatto in tempi brevi, per fermare l’arrivo delle varianti
Covax non è solo generosità. «È in gioco il futuro di tutti»

Ansa

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«Non c’è sicurezza senza equità. Un principio universale che il Covid ha reso tragicamente tangibile. Finché ci saranno focolai attivi nel mondo, saremo tutti in pericolo». Così, Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, sintetizza il programma Covax per l’accesso ai vaccini di cui l’Agenzia Onu per l’infanzia è partner e braccio operativo. È Unicef a tenere i contatti con i produttori e i partner per l’approvvigionamento delle dosi e a curare il trasporto, la logistica, lo stoccaggio per la distribuzione in 92 Paesi a basso reddito. «Un compito che svolgiamo da sempre.

Portiamo vaccini negli angoli più sperduti del pianeta su zattere, a dorso di asini, a piedi. Grazie a queste campagne, in due decenni, siamo passati da 12,5 milioni di bimbi morti sotto i cinque anni, a 5,2», precisa Iacomini. Nato nell’aprile di un anno fa dalla partnership tra l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la Commissione Europea e la Francia, Covax, coordinato dall’Alleanza globale per i vaccini (Gavi), ha debuttato il 24 febbraio con la consegna di 600mila dosi in Ghana.

Un passo importante. Ma la strada per arrivare alla meta di almeno 1,3 miliardi di dosi al Sud del mondo entro la fine del 2021 sembra ancora lunga. Ce la farete?
Le operazioni procedono spedite. Il 26 febbraio sono arrivate 504mila fiale in Costa d’Avorio. Poi, tra martedì e mercoledì, è stato il turno di Nigeria (3,94 milioni di dosi), Angola (624mila), Cambogia (324mila), Senegal (324mila) e Gambia (36mila). Oltre a Sudan e Ruanda che ne hanno ricevuto rispettivamente 800mila e 340mila. Abbiamo accordi con diverse case farmaceutiche, fra cui Pfizer e AstraZeneca. In particolare, il Serum Institute of India fornirà 1,1 miliardi di vaccini al costo calmierato di 3 dollari per i Paesi a basso reddito. Entro marzo, inoltre, spediremo oltre 14,5 milioni di siringhe in oltre trenta Paesi. Certo, i tempi risentono dei finanziamenti. Covax è sostenuto dai governi delle 97 nazioni aderenti, Italia inclusa, attraverso gli aiuti allo sviluppo, dai privati e dai singoli, il cui contributo è fondamentale. Ripeto, non è solo questione di generosità, è in gioco il bene di tutti.

Oltre all’aspetto finanziario, quali sono le maggiori difficoltà nel coordinare la distribuzione dei vaccini nel Sud del mondo?
La consegna delle dosi è l’ultimo di una complessa serie di passaggi. Che sono cominciati molto tempo fa. Per le siringhe, ad esempio, abbiamo dovuto fare una scorta da mezzo miliardo già alla fine della scorsa primavera. Dobbiamo, poi, essere certi che i sistemi sanitari nazionali siamo pronti a ricevere i farmaci anti-Covid. Per questo, gli scorsi mesi ci siamo occupati della formazione del personale e della preparazione delle strutture per la conservazione e, poi, la somministrazione, prestando particolare attenzione alla garanzia della catena del freddo. Un’altra parte importante del lavoro ha riguardato la sensibilizzazione della società civile. Perché anche nei Paesi a basso reddito si diffondono le cosiddette “fake-news”...

Anche nel Nord del mondo, spesso, le vaccinazioni procedono a singhiozzo. Il mondo riuscirà davvero a raggiungere quella che si definisce “immunità di popolazione”?
Deve farlo e in fretta, perché solo così sconfiggeremo il coronavirus. Perciò è fondamentale che tutti possano vaccinarsi, indipendentemente dal reddito, in tempi brevi, altrimenti continueranno a spuntare nuove varianti. Il mondo non può permetterselo. In questo senso, Covax è l’ancora di salvezza collettiva nella deriva della pandemia.

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