martedì 16 marzo 2010
Violenti scontri tra palestinesi e forze della polizia nella città israeliana e lungo i posti di frontiera con la Cisgiordania. La mobilitazione è scattata dopo l'inaugurazione di una sinagoga nella città vecchia. Oltre 3 mila militari schierati. Crisi Israele-Usa: Mitchell rinvia visita a Peres.
Favole intransigenti che mortificano ogni buona ragione di Fulvio Scaglione
Corsa al riarmo in Medio Oriente
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Nel Giorno della Rabbia proclamato da Hamas, si incendiano le strade di Gerusalemme est. Manifestanti palestinesi e poliziotti israeliani si sono scontrati dalla mattinata in varie zone della Città Santa. Una quarantina di palestinesi si sono dovuti far medicare per le ferite lievi riportare negli scontri, feriti anche due poliziotti.  Almeno 31 i fermati.La polizia da venerdì ha bloccato gli accessi alla Spianata delle Mosche e ha rafforzato le misure di sicurezza in tutti i quartieri di Gerusalemme Est, in previsione dei disordini preannunciati dal governo di Hamas a Gaza. La protesta è contro l'inaugurazione di una storica sinagoga nel quartiere ebraico della Città Vecchia: si tratta della "Hurva" (rovina, in ebraico), una sinagoga inaugurata nella notte dopo esser stata ricostruita per la terza volta negli ultimi 250 anni.   Un'antica profezia collega la terza inaugurazione con il periodo del Terzo Tempio, per cui alcuni gruppi radicali ebraici hanno approfittato per rivendicare il diritto a entrare nella Spianata delle Mosche, dove Duemila anni fa sorgeva il tempio biblico. Ma i palestinesi considerano una provocazione le pretese dei gruppi nazionalistici ebraici e Hamas ha dunque proclamato la Giornata della Rabbia, come avveniva nella seconda e terza Intifada.Gli scontri, che vanno avanti da alcune settimane, si sono intensificati dopo la decisione israeliana di costruire 1.600 case per ebrei nelle zone occupate di Gerusalemme Est. Una decisione che ha irritato profondamente anche Washington innescando la peggiore crisi diplomatica tra israele e gli Usa degli ultimi 25 anni. Oggi è arrivata una nuova doccia fredda sui rapporti bilaterali: l'inviato Usa, George Mitchell, ha rinviato a data da destinarsi il previsto viaggio nella regione.È un segnale dell'irritazione crescente della Casa Bianca per il rifiuto di Israele di fermare la costruzione di case per ebrei nel quartiere ortodosso di Gerusalemme Est. Secondo il Washington Post, gli Usa hanno posto a Israele tre condizioni per riprendere a mediare: revoca del via libera allacostruzione delle nuove case a Ramat Shlomo, un "gesto sostanziale" verso i palestinesi e una dichiarazione pubblica che nei colloqui saranno affrontate "tutte le questioni", compreso lo status di Gerusalemme.Per ora Israele non si piega. Anzi, il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha lamentato che è "la comunità internazionale che non tiene conto degli sforzi e dei passi positivi compiuti da Israele nel corso dell'ultimo anno". E mentre gli Usa, attraverso Hillary Clinton, ribadiscono il "pieno impegno" per il negoziato di pace, l'Organizzazione per la conferenza islamica ha accusato Israele di voler "sprofondare la regione in una guerra di religione".
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