martedì 14 maggio 2019
Silvia Costa, membro delle Commissioni Cultura e Lavoro, traccia un bilancio della legislatura che sta per finire e lancia qualche proposta per il futuro
Silvia Costa (Ansa)

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Un Parlamento più forte, che ha rafforzato la cultura, l'agenda digitale, l'apertura al sociale, ma con ancora molto lavoro da fare. Silvia Costa (Pd), finora membro della commissione Cultura, di cui è stata anche presidente nella prima metà della legislatura, e quella Lavoro e politiche sociali, traccia così il suo bilancio di cinque anni di legislatura. "Ricordo - dice - che nelle 10 priorità inizialmente indicate dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker mancava la parola cultura. Ebbene, posso dire con un certo orgoglio personale che grazie alla nostra azione la cultura è stata prepotentemente inserita nelle politiche europee, con una nuova agenda culturale europea che durerà dieci anni. E, sul fronte dell'istruzione, entro il 2024 ci sarà una spinta forte verso lo spazio europeo dell'educazione, con il riconoscimento automatico dei titoli e dei periodi fatti in altri Stati membri".

E poi c'è l'aspetto sociale su cui lei ha lavorato molto.

Certo, grazie anche alla spinta del Parlamento Europeo è stato lanciato il pilastro sociale Ue, con direttive importanti come quella per la conciliazione tra lavoro e la famiglia, o la nostra proposta per una assicurazione europea contro la disoccupazione. Importante è anche il lancio del Corpo europeo di solidarietà, adesso già una realtà sperimentata tra cui l'Italia. Molto importante è stata l'approvazione dell'Atto per i disabili (che ha lo scopo di rendere accessibili ai disabili prodotti e servizi ndr).

Allargando lo sguardo all'insieme del lavoro del Parlamento Europeo, che bilancio fa della legislatura?

Intanto ricordo che dal 2010 il Parlamento Europeo è pienamente co-legislatore e dunque è chiaro che le nostre risoluzioni e i nostri indirizzi hanno contato molto di più. E noto che c'è stato un cambio di passo grazie anche al nostro gruppo politico, anzitutto rispetto al discorso iniziale che era liberista, dando precedenza al rigore e ai conti, lasciando in seconda battuta l'aspetto sociale. Invece, come ha detto anche papa Francesco, i due aspetti devono andare di pari passo. Ci siamo riusciti ad esempio con il nuovo piano di investimenti InvestEU, che finalmente include anche l'aspetto sociale e l'istruzione.

Un altro settore che ha avuto grosso ruolo è stato il digitale…

Certo, a cominciare dalla direttiva sul copyright, il regolamento europeo sulla protezione dati che è faro del mondo, l'abbattimento dei costi del roaming, le nuove regole sull’audiovisivo online con la tutela dei minori. E poi c'è la questione della modernizzazione delle norme a tutela dei consumatori, su servizi online e risparmiatori. Si tratta di una strategia digitale che non è solo la positività del digitale con le sue potenzialità ma è anche ecosistema digitale in cui diritti devono essere rispettati.

Su quali punti è invece rimasta delusa?

La prima cosa che mi viene in mente, anche se non è colpa del Parlamento Europeo, riguarda la politica migratoria Ue, soprattutto sul fronte della riforma del regolamento di Dublino sull'asilo, arenatasi al Consiglio dei ministri Ue. Un altro punto su cui si poteva fare è quello di una maggiore convergenza contro il dumping fiscale. Come si poteva fare di più per la lotta alla povertà.

Cosa andrebbe cambiato?

Noi chiediamo per il Parlamento una piena simmetria con il Consiglio dei ministri Ue, un diritto di iniziativa legislativa (al momento
esclusiva della Commissione ndr), e un'elezione diretta del presidente della Commissione. Inoltre occorre una maggiore attenzione alle istanze dei cittadini, perché l'attuale strumento dell'iniziativa di cittadini, anche se il Parlamento l'ha migliorata, resta ancora insufficiente.

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