mercoledì 22 maggio 2019
Per il rappresentante di Sant'Egidio la sfida dell'accoglienza e dell'integrazione può innescare il necessario «sussulto etico» nel Vecchio continente
Filippo Sbrana, rappresentante della Comunità di Sant'Egidio in Retinopera

Filippo Sbrana, rappresentante della Comunità di Sant'Egidio in Retinopera

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E' l'Europa della solidarietà, non solo quella dei famosi parametri economici da rispettare, a cui l'associazione cattolico riunito in Retinopera ha voluto dedicare il secondo punto nel suo manifesto in vista delle Europee. Filippo Sbrana, storico dell’economia e rappresentante della Comunità di Sant’Egidio, ha contribuito alla stesura del secondo punto del manifesto di Retinopera, dedicato a "Un’Europa solidale e accogliente".

Filippo Sbrana, il manifesto di Retinopera chiede un "sussulto etico di tutti noi europei e un appello alla responsabilità umanitaria". Non mancano richiami all’attualità, ma da dove nasce questo assopimento della coscienza etica europea?

Negli ultimi anni si associa spesso l'Europa alla crisi economica, ma stiamo vivendo anche una crisi spirituale che è antropologica e sociale, e ci sembra che il tema dell’accoglienza ai più deboli sia molto significativo. Quello che manca è il senso di una responsabilità morale davanti a chi è più povero o più debole. Per questo con Retinopera lanciamo un appello all’Europa alla solidarietà e naturalmente il primo ambito, oggi, è quello dell’immigrazione. È necessario definire una politica comune ordinaria verso i rifugiati e i migranti in generale. Punto fondamentale è di basarla sui due pilastri dell’accoglienza e di una integrazione efficace. Queste due parole, è fondamentale, devono stare insieme: ce lo ha insegnato anche papa Francesco. Allora la sfida è quella della scuola, dello studio della lingua per tutti, dell’integrazione nelle comunità locali, della sfida di accompagnare i migranti con una visione e una strategia.

Il manifesto cita anche i principi di "solidarietà" e "sussidiarietà" che in Europa, secondo voi avrebbe potenzialità ancora inespresse. Può fare qualche esempio di questa solidarietà da espandere?

È il grande tema della lotta alle diseguaglianze: il nostro continente ha goduto di un significativo sviluppo economico ma ci sono tante situazioni dio povertà. il nostro è un continente che sta invecchiando e la vecchiaia è un motivo di povertà" da sostenere e accompagnare. Pensiamo anche alle persone senza casa: un tema che riguardi tanti Paesi europei. Si pensi che a Roma, in un inverno non rigido, sono morte più di 10 persone. Un dato che ha turbato molti, anche al di fuori del mondo cattolico. La sfida, allora, è di promuovere politiche per alloggi sociali, il problema della residenzialità. Nel documento, infatti, parliamo di un "Social compact" da affiancare al "Fiscal compact". Vale a dire, se il Fiscal compact prevede vincoli molto chiari per la finanza pubblica, noi crediamo che ci sia bisogno di introdurre dei parametri vincolanti anche nella solidarietà per i Paesi europei, in modo che questi obiettivi di carattere sociale, la lotta alle disuguaglianze – che riguarda anziani, homeless, ma anche minori in povertà e disabili – siano definiti da precisi standard. Questo permetterebbe all’Europa, con un indirizzo forte in questa direzione, di ritrovare quell’approccio etico che un po’ si è perso.

Il manifesto di Retinopera cita anche i "corridoi umanitari", un modello che si vorrebbe diffondere nell’Ue. Cosa rappresenta questo modello?

Dal 2016 noi - S. Egidio, Cei-Caritas, la Federazione chiese evangeliche con la Tavola valdese – abbiamo già accolto 2.500 persone e promosso un modello simile in Francia, Belgio e Andorra. Da italiano quello dei corridoi umanitari è diventato un modello europeo. Un modello interessante per la sinergia virtuosa, perché è un in accordo con i governi, ma su idea e realizzazione della società civile e in particolare dal mondo cristiano. E alla fine di aprile il Papa ha chiesto un corridoio umanitario dalla Libia, dove ci sono dei terribili centri di detenzione. L’Europa ha bisogno di sperimentare nuove modalità per confrontarsi con le migrazioni. I corridoi umanitari, dunque, sono un modo di incoraggiare e di sperimentare nuove forme di accoglienza a rifugiati e profughi, ma sempre coniugando accoglienza e integrazione.

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