sabato 25 febbraio 2017
Lo ha detto il Pontefice nell'udienza ai membri della Comunità di Capodarco accompagnati da don Vinicio Albanesi e da don Franco Monterubbianesi
Il saluto ad alcuni partecipanti in un fermo immagine da Ctv

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«La qualità della vita all’interno di una società si misura, in buona parte, dalla capacità di includere coloro che sono più deboli e bisognosi». Lo ha ribadito papa Francesco ricevendo stamani in udienza i membri della Comunità di Capodarco, che l’anno scorso ha festeggiato i 50 anni dalla sua fondazione.

Nell’Aula Paolo VI sono risuonate queste parole del Papa, interrotte dall’applauso dei presenti: «La discriminazione in base all’efficienza non è meno deplorevole di quella compiuta in base alla razza o al censo o alla religione».

Da mezzo secolo la comunità fondata da don Franco Monterubbianesi e presieduta da don Vinicio Albanesi, che hanno tenuto un breve discorso introduttivo, lavora per includere i più svantaggiati dal punto di vista fisico, psichico e sociale. Il fondatore ha chiamato accanto a sé, in rappresentanza della comunità, una mamma, un papà e una giovane.

Le 3 richieste di don Albanesi

«Abbiamo sofferto molto lo scarto» ha detto nel suo intervento don Albanesi citando un’espressione usata spesso dal Papa: la cultura dello scarto che inquina i nostri giorni, emarginando ed escludendo i più deboli quasi fossero dei rifiuti. Davanti a un ragazzo affetto da grave handicap, e la cui unica consolazione era appoggiarsi al braccio della madre, don Albanesi ha ricordato di aver detto a se stesso: «Questa vita vale come la vita del Papa».

Ed è forse con riferimento a quel pensiero che Francesco ha esordito, nell'unica aggiunta a braccio al testo scritto: «Sono lieto di quello che ho sentito, molto lieto». Ma avrebbe potuto riferirsi anche alle 3 richieste che don Albanesi, con suo parlare diretto, gli ha fatto: una riflessione, intesa come un testo a sua firma, sulla dignità delle persone; un'azione che riguardi l'iniqua distribuzione delle ricchezze; infine di leggere «almeno l'indice» del libro Il diaconato alle donne che gli ha donato. «Abbiamo aspettato 50 anni per incontrare Lei» aveva esordito. E ha concluso: «Non si curi di quanti vanno cincischiando sui dubia». Aggiungendo: «Le vogliamo bene, veramente bene».

Il Papa: l'inclusione diventi la norma

«Voi avete scelto di stare dalla parte di queste persone meno tutelate, per offrire loro accoglienza, sostegno e speranza» ha detto Francesco ricordando i 50 anni della Comunità e ringraziando «il Signore per il bene compiuto in tutti questi anni al servizio delle persone disabili, dei minori, di quanti vivono situazioni di dipendenza e di disagio, e delle loro famiglie». «In questo modo - ha proseguito - avete contribuito e contribuite a rendere migliore la società». Infatti, ha spiegato, «la qualità della vita all'interno di una società si misura, in buona parte, dalla capacità di includere coloro che sono più deboli e bisognosi, nel rispetto effettivo della loro dignità di uomini e di donne. E la maturità si raggiunge quando tale inclusione non è percepita come qualcosa di straordinario, ma di normale». «Anche la persona con disabilità e fragilità fisiche, psichiche o morali, deve poter partecipare alla vita della società». Ed è scattato l'applauso quando il Papa ha scandito: «La discriminazione in base all'efficienza non è meno deplorevole di quella compiuta in base alla razza o al censo o alla religione».

Ai più fragili «un posto privilegiato nella Chiesa»

Ripercorrendo le caratteristiche dell'attività di Capodarco, il Papa ha osservato che il loro approccio ai più deboli «supera l'atteggiamento pietistico e assistenzialistico, per favorire il protagonismo della persona». E ancora una volta li ha ringraziati «per la testimonianza che date alla società, aiutandola a scoprire sempre più la dignità di tutti, a partire dagli ultimi, dai più svantaggiati». Il valore dell'esempio è più importante, come ricordava l'altro giorno un tweet di Francesco, di qualsiasi tipo di dichiarazione. «Accogliendo tutti questi "piccoli" segnati da impedimenti mentali o fisici, o da ferite dell'anima - ha proseguito il Papa - voi riconoscete in essi dei testimoni particolari della tenerezza di Dio, dai quali abbiamo molto da imparare e che hanno un posto privilegiato anche nella Chiesa».

Al termine papa Francesco ha invitato a recitare insieme un’Ave Maria, pregando quella Madre che a tutti dà forza. Poi si è intrattenuto per circa mezz'ora stringendo mani e salutando i presenti, che hanno ricambiato l'abbraccio con cori e applausi.

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