martedì 23 aprile 2024
Per lungo tempo era ignoto il giorno della sua nascita, ma si supponeva che fosse nato nel 1944. Dal 2024, invece, l'Annuario pontificio ha certificato la sua nascita: il 1 gennaio 1946
Il cardinale John Njue, classe 1946, durante una sua visita in Vaticano nel 2017

Il cardinale John Njue, classe 1946, durante una sua visita in Vaticano nel 2017 - Wikipedia

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L’Annuario Pontificio 2024, da poco in vendita, ha fatto notizia per il fatto che tra i titoli “storici” attribuiti al vescovo di Roma è ricomparso quello di Patriarca dell’Occidente, abolito da Benedetto XVI nel 2006. Notizia che è stata accolta con piacere dagli altri patriarcati storici non in piena comunione con Roma e in particolare da quello di Costantinopoli. «La scelta di papa Francesco di ripristinare il titolo di Patriarca d’Occidente – ha commentato Nikos Tsoitis sull’Agenzia Fides del Dicastero per l’Evangelizzazione - può essere collegata alla sua insistenza sulla importanza della sinodalità, e alla sollecitudine ecumenica che spinge a guardare sempre ai primi secoli del cristianesimo, quando tra le Chiese non c’erano lacerazioni di carattere dogmatico».
Sulla scia della decisione di Papa Benedetto le quattro più importanti Basiliche romane (San Pietro, San Giovanni, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore) da “patriarcali” divennero “papali”. Ora bisognerà vedere se anche su questo si tornerà all’antico.
Ma non è la reintroduzione del titolo di Patriarca dell’Occidente l’unica novità dell’ultimo Annuario Pontificio, una sorta di who’s who della Santa Sede e della Chiesa Cattolica. Ce ne è infatti almeno un'altra con rilevanti, anche se temporanee, implicazioni “istituzionali”. Fino allo scorso anno infatti il porporato kenyano John Njue, arcivescovo di Nairobi dal 2007 – quando fu creato cardinale da Benedetto XVI - al 2021, veniva segnalato come nato nell’anno 1944. Il che voleva dire che al termine di quest’anno avrebbe superato gli 80 anni e quindi sarebbe uscito dal novero dei porporati elettori in un eventuale Conclave. Non conoscendosi infatti il giorno e il mese di nascita, la data del compimento dell’età sarebbe convenzionalmente scattata al 31 dicembre.
Questo fino all’Annuario Pontificio del 2023. Nel nuovo però – come anche sul sito vatican.va - la data di nascita del cardinale Njue è cambiata. È diventata il 1° gennaio 1946. Il che vuol dire che il porporato africano non perderà il diritto di voto a fine anno, ma il 1° gennaio 2026.
Il cambiamento di data di nascita di un cardinale non è una novità. Successe già con Henryk Gulbinowicz, ma in quel caso giocò a sfavore del porporato polacco. L’ecclesiastico in questione infatti veniva dato come nato nel 1928 fino al febbraio 2005, quando dichiarò di essere nato in realtà nel 1923 spiegando che questo “falso anagrafico” era stato ideato dai genitori per evitare che il figlio venisse arruolato in guerra. In tal modo Gulbinowicz - scomparso nel 2020 - non potè partecipare al conclave che avrebbe eletto Benedetto XVI.
Dopo gli 80 anni compiuti il 19 aprile dal cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita spagnolo, già prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, il numero dei porporati elettori è sceso a 127 su un totale di 237.
Tra i votanti (non computando - secondo quanto indicato sul sito vatican.va - Angelo Becciu) gli europei sono 51, di cui 14 italiani (poco più del 10%, il minimo storico in epoca moderna). I latinoamericani 20, i nordamericani 15, gli asiatici 21 (computando anche Giorgio Marengo, a capo della prefettura apostolica di Ulan Bator in Mongolia, e il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa), gli africani 17 (compreso lo spagnolo Cristobal Lopez Romero a Rabat), e 3 i provenienti dall’Oceania.
I votanti creati da Francesco sono attualmente 92, 27 quelli da Benedetto XVI e 8 da Giovanni Paolo II. Dopo quella italiana la componente più numerosa tra i cardinali elettori è quella statunitense con 11 porporati. Seguono Spagna (7), Brasile e Francia (6 ciascuna), India (5), Polonia con Portogallo e Canada (4 ciascuna), Germania e Argentina (3 ciascuna). Due cardinali elettori poi hanno Gran Bretagna, Svizzera, Messico, Tanzania e Filippine.
Nel corso del 2024 – togliendo Njue - rimangono sette i cardinali che compiranno 80 anni (uno creato da Francesco, 4 da Benedetto XVI e 2 da papa Wojtyla). E cioè: il francese Jean-Pierre Ricard (26 aprile), il canadese Marc Ouellet (8 giugno), lo statunitense Sean P. O’Malley (29 giugno), il tanzaniano Polykarp Pengo (5 agosto), l’italiano Mauro Piacenza (il 15 settembre), il venezuelano Baltazar E. Porras Cardoso (10 ottobre), l’indiano Oswald Gracias (24 dicembre).
A dicembre quindi il numero dei cardinali elettori rientrerà nel tetto di 120 fissato da Paolo VI (e da lui sempre rispettato) ma comunque spesso superato, anche abbondantemente, dai suoi successori (Francesco dopo l’ultimo Concistoro ha fissato la cifra record di 137, superando quella di 135 raggiunta da Giovanni Paolo II nel 2001 e nel 2003). Ma può essere che nel corso dell’anno papa Bergoglio decida di creare nuovi cardinali.
Francesco finora ha tenuto un Concistoro ogni anno di pontificato (eccetto che nel 2013 e nel 2020). E nel 2025 saranno 13 i cardinali a raggiungere gli 80 anni. Tra loro nessun italiano, ma tre spagnoli (Fernando Vergez Alzaga, Carlos Osoro Sierra, Antonio Cañizares Llovera), tre africani (Philippe Ouedraogo, Robert Sarah, Jean-Pierre Kutwa), due asiatici (George Alencherry, Joseph Coutts), e poi l’austriaco Christoph Schönborn, il cileno Celestino Aos Braco (emerito di Santiago, ma nato in Spagna), il polacco Stanislaw Rylko, il croato Vinko Puljic, l’inglese Vincent G. Nichols.


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