sabato 21 settembre 2019
La visita nel giorno in cui ricorre la memoria liturgica di San Matteo, giorno nel quale, per sua esplicita ammissione, il giovane Bergoglio avvertì per la prima volta la vocazione al sacerdozio
Papa Francesco ad Albano nel segno della conversione: «Dio non ci dimentica»
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In silenzio, a capo chino davanti all'altare della Cattedrale, papa Francesco avrà sicuramente ripensato a quel 21 settembre di tanti anni fa, quando sentì la chiamata al sacerdozio. Vicino a lui il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, che lo ha invitato perché anche per questa diocesi il 21 settembre ha un significato particolare e dietro, nei banchi, i presbiteri, anche loro forse con il pensiero orante alla propria chiamata. Fuori, sulla piazza, migliaia di fedeli che hanno accolto calorosamente il Vescovo di Roma, appena giunto. Proprio come in una festa di famiglia.

Non stupisce dunque che le tre ore passate da Francesco nella cittadina sui Castelli romani si iscrivano in queste coordinate. Conversione, casa e famiglia. Che sono poi anche le sottolineature dell'omelia del Papa, durante la Messa nella piazza Pia (era presente anche il cardinale Agostino Vallini, emerito di Albano e già vicario del Papa per Roma). «Come sarebbe bello se i nostri vicini e conoscenti sentissero la Chiesa come casa loro», dice infatti il Pontefice. Per poi aggiungere subito dopo: «Sia la Chiesa il luogo dove non si guardano mai gli altri dall’alto in basso; mai da giudici, sempre da fratelli. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti». Fratelli, dunque, «mai nemici».

La piazza, brulicante di gente, e le vie tutto intorno alla Cattedrale, assorbono in silenzio le parole del Pontefice. Parole che rimandano alla vocazione-conversione di Zaccheo, secondo la pagina di Vangelo letta poco prima. E allora Francesco non si lascia sfuggire l'occasione per dire «anche al più lontano» che «Dio non ti dimentica»; che la Chiesa proprio per questo esiste, e che Gesù è il primo ad andare incontro ai peccatori. «Caro fratello, cara sorella – sottolinea infatti -, se come Zaccheo stai cercando un senso alla vita ma, non trovandolo, ti stai buttando via con dei “surrogati di amore”, come le ricchezze, la carriera, il piacere, qualche dipendenza, lasciati guardare da Gesù. Solo con Gesù scoprirai di essere da sempre amato e farai la scoperta della vita».

Tutti sono chiamati a fare altrettanto. E perciò il Pontefice chiede: «Per noi Gesù viene prima: c’è prima Lui o la nostra agenda, c’è prima Lui o le nostre strutture? Ogni conversione – spiega, infatti il Papa - nasce da un anticipo di misericordia, dalla tenerezza di Dio che rapisce il cuore. Se tutto quello che facciamo non parte dallo sguardo di misericordia di Gesù, corriamo il rischio di mondanizzare la fede, di complicarla e riempirla di tanti contorni: argomenti culturali, visioni efficientiste, opzioni politiche, scelte partitiche». L'essenziale, invece, ricorda Bergoglio, è «l’incontro vivo con la misericordia di Dio. Se questo non è il centro, se non sta all’inizio e alla fine di ogni nostra attività, rischiamo di tenere Dio “fuori casa” nella Chiesa, che è casa sua».


Casa e famiglia. Francesco insiste su questi concetti, legandoli ancora una volta all'esempio di Zaccheo, che dopo aver incontrato Gesù, dà la metà dei suoi beni ai poveri e restituisce il quadruplo di quanto ha rubato. «Sentendosi a casa, ha aperto la porta al prossimo», commenta. Anche la Chiesa deve fare lo stesso. Purtroppo, lamenta il Papa, «succede che le nostre comunità diventino estranee a tanti e poco attraenti. A volte subiamo anche noi la tentazione di creare circoli chiusi, luoghi intimi tra eletti. Ci sentiamo eletti. Ma ci sono tanti fratelli e sorelle che hanno nostalgia di casa, che non hanno il coraggio di avvicinarsi, magari perché non si sono sentiti accolti. Il Signore desidera che la sua Chiesa sia una casa tra le case, una tenda ospitale dove ogni uomo, viandante dell’esistenza, incontri Lui».

E proprio a una tenda assomiglia la copertura del palco in piazza Pia, dove Francesco celebra. Non si può dire che Albano non si sia data da fare per incontrarlo. Bandiere biancogialle nelle vie, folla entusiasta (4-5mila persone, dicono le autorità locali) e un affetto che non sfugge certo al Papa, il quale ringrazia pubblicamente. Il sindaco Nicola Marini gli presenta i doni della città: oltre alle classiche chiavi, un libro che raccoglie le storie di chi viene aiutato dalle associazioni di volontariato della città e soprattutto il murale dipinto da Mauro Pallotta di fronte alla Cattedrale. Francesco, incuriosito, si ferma a guardare la sua figura, immaginata dall'artista mentre ripulisce il mondo dallo smog delle ciminiere calandosi come un operatore di edilizia acrobatica, e con il sorriso sulle labbra sembra approvare. «Un'omaggio alla Laudato si'», spiega Marini. In fondo è una conversione necessaria anche quella ecologica. Ugualmente cara al Pontefice.

Il vescovo Semeraro, nel suo saluto conclusivo ha ringraziato il Papa per la sua presenza e la sua parola. La diocesi di Albano, ha detto, vuole ripartire dalla Evangelii Gaudium e dai poveri. Soprattutto «per rinvigorire lo stile missionario che il Pontefice domanda, concentrandoci sull'essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più atraente e allo stesso tempo più necessario». Il presule ha messo in evidenza l'impegno della Chiesa diocesana per aderire sempre di più al magistero di papa Bergoglio. «Alla tavola del discernimento – ha sottolineato – abbiamo scelto di avere come compagni quei piccoli cui Dio ha fatto conoscere le cose nascoste ai sapienti e ai dotti e quegli uomini e donne che, come i pastori nella campagna di Betlemme e anche i Magi, scrutano il cielo per vedere il sorgere di una stella».
«Si tratta dei poveri – ha aggiunto monsignor Semeraro -, di quelle persone che nelle tante periferie esistenziali dei nostri giorni, sono stanche e sfinite e attendono la Chiesa, attendono noi». Da queste periferie si vede meglio la realtà. «E se pure non riusciamo a risolvere i problemi, ci impegniamo almeno a lasciare segni di speranza». Il vescovo ha citato le opere di carità avviate dalla diocesi e ha concluso: «Lo facciamo convinti che, come dicevano i Padri del deserto, chi prende dell'olio in mano per ungere un malato, trae giovamento egli per primo, dall'unzione fatta con le sue mani».


Guarda il video dedicato al murale (Anche QUI)


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