martedì 30 maggio 2023
Dalla stabilità di Chisinau dipende il conflitto ucraino. Ma le infiltrazioni di Mosca nell’economia e nella politica sono estese. E in Gagauzia si torna a parlare di “indipendenza”
undefined

undefined - undefined

COMMENTA E CONDIVIDI

La coda dei Tir in uscita dalla Moldavia e diretti a Odessa è un carosello di targhe europee. Trasportano aiuti umanitari, merci per il commercio interno. E container scuri preceduti da vistosi fuoristrada che fanno da apripista. Le armi per i battaglioni del fronte sud passano da qui. Perciò la controffensiva ucraina dipende anche dalla stabilità della Moldavia, che deve misurarsi con vecchie e nuove infiltrazioni di Mosca.

Il Parlamento di Chisinau ha deciso di cancellare l’immunità a Martina Tauber, deputata del partito filorusso Shor, fondato dall’oligarca Ilan Shor. La maggioranza europeista ha accolto la richiesta del procuratore generale ad interim Ion Muntanu, che accusa Tauber di aver falsificato un rapporto sul finanziamento della campagna elettorale durante le elezioni del sindaco di Balti nel 2021, e di avere coscientemente accettato fondi da un gruppo criminale che poi ha finanziato il partito Shor. La parlamentare si trova agli arresti domiciliari mentre l’oligarca filo-russo Shor, dal 2019 ha fatto perdere le tracce, poco prima di venire condannato per il furto di 1 miliardo di dollari alle banche di Chisinau. Secondo la polizia moldava, l’esponente vicino al Cremlino sarebbe in esilio in Israele.

La notizia arriva dopo che in Gagauzia, la provincia autonoma moldava di tradizione turcofona ma politicamente vicina a Mosca, le locali elezioni hanno visto l’affermazione proprio del partito affine al Cremlino. «Vogliamo continuare ad essere amici della Federazione Russa, ad essere amici di altri Paesi. Non vogliamo conflitti», si legge in una nota inviata alla stampa moscovita. Tra le prime azioni annunciate dai vincitori, l’apertura di un ufficio di rappresentanza della Gagauzia a Mosca e l’avvio di trattative per sbloccare le esportazioni di prodotti agro alimentari moldavi verso la Russia, vietate nel 2022 perché violano le norme sanitarie.

undefined

undefined - undefined

Il braccio di ferro con la presidente moldava Maia Sandu avviene oramai in campo aperto. Alla vigilia del summit europeo che porterà il primo giugno a Chisinau una quarantina tra capi di stato e di governo, si apprende che la Corte costituzionale sta esaminando la richiesta del governo di mettere fuori legge il partito Shor, con l’accusa di «avere agito contro la sovranità della Repubblica di Moldova». Perciò Chisinau teme che il Cremlino possa dirottare l’attenzione preparando il caos nel più piccolo e precario tra i Paesi europei. E non è un caso che nel momento di massima esposizione internazionale Chisinau si veda costretta a non nascondere le proprie fragilità. Il primo giugno, infatti, è in programma nella capitale il vertice della Comunità politica europea (Cpe), che riunisce gli Stati membri dell’Ue e altri 17 Paesi europei. Sono attesi 47 tra capi di Stato e di governo. Nel Paese dove si alternano le manifestazioni dell’opposizione filorussa e quelle della maggioranza che spinge verso Bruxelles, il momento è atteso come un sostanziale via libera verso l’adesione all’Unione Europea. Ma in concomitanza con il vertice, Chisinau ha annunciato la chiusura dello spazio aereo, almeno in un paio di circostanze violato da missili russi scagliati contro l’Ucraina meridionale. «Per garantire la sicurezza dell’aviazione, i voli di tutti gli aerei civili saranno vietati sull’intero spazio aereo della Repubblica di Moldova», ha dichiarato l’autorità dell’aviazione civile. Nei giorni scorsi si era scoperto che un ex agente segreto russo attraverso un sistema di società matrioska era il gestore dell’unico aeroporto moldavo. Non bastasse, il registro delle persone giuridiche mostra come siano almeno 898 le società riconducibili a persone fisiche e giuridiche della Federazione Russa. Molte di queste sono impegnate direttamente nel settore della Difesa. Secondo dati della Banca nazionale, alla fine del 2020 gli investimenti diretti dalla Russia nell’economia nazionale moldava superavano gli 820 milioni di dollari, quasi il 20% del totale degli investimenti dall’estero. «In alcuni comparti – spiega un approfondimento della testata moldava Rise – il capitale russo detiene una posizione dominante, come nel gas, nell’energia, nel petrolio, i trasporti o i media». A conferma che la strada verso Bruxelles è disseminata di trappole.

undefined

undefined - undefined

La piccola provincia della Gagauzia, che con circa 200 mila abitanti rappresenta quasi il 10% della popolazione effettivamente residente in Moldavia, resta una spina nel fianco. «Alla radice della crisi diplomatica in Gagauzia c’è, come nel Donbass, la dissoluzione improvvisa dell'Urss, che ha lasciato nei nuovi stati-nazione delle minoranze problematiche, legate ai vecchi assetti sociali», osserva Paolo Mossetti, giornalista e studioso delle ricadute mai risolte del dopo Urss. Come la Transnistria anche la Gagauzia avrebbe voluto separarsi da Chisinau, ma a differenza di Tiraspol, riuscì a negoziare e ottenere in modo incruento una sua autonomia. Con il nuovo risultato elettorale a Comrat, il capoluogo gagauzo, c’è chi torna a parlare di indipendenza. Mossetti invita alla cautela: «Se è difficile che l’élite locale rinunci del tutto ai fondi del governo e di Bruxelles, è anche vero che, con un'economia non competitiva e improduttiva, alcuni segmenti sociali gagauzi (tradizionalisti, protezionisti, “sovranisti”) temono che l'integrazione della Moldavia con l'Ue ridurrebbe ulteriormente il loro tenore di vita». E dentro a queste preoccupazioni l’Ue dovrà scegliere se fare da pompiere, anche a suon di euro, o stare a guardare. «È l'ennesimo caso - conclude Mossetti - di crisi irrisolta nel mondo post-sovietico, potenzialmente incendiaria, anche se non nell'immediato».

La presidente Maia Sandu è molto preoccupata dalla disinformazione, alimentata in tutta la Moldavia attraverso media russi che dai ripetitori in Transnistria è possibile ricevere in gran parte del territorio, oltre che dai canali Telegram usati dalla propaganda. Il governo proporrà l’istituzione di una agenzia nazionale per contrastare le notizie pilotate. Si chiamerà “Centro patriottico”, e avrà il compito di «coordinare e attuare una politica sulla sicurezza delle informazioni e garantire una comunicazione strategica», ha annunciato Sandu senza entrare nei dettagli operativi anche riguardo ai poteri di controllo sui media che questa agenzia potrebbe ricevere e che non avrebbe pari in Europa.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI