lunedì 14 marzo 2022
"In Ucraina c’è una rete di almeno 30 laboratori di ricerca biologica volti a rafforzare diverse malattie letali. In questi laboratori vengono condotti esperimenti biologici molto pericolosi... "
Il Consiglio di sicurezza dell'Onu paralizzato dalla storia
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«In Ucraina c’è una rete di almeno 30 laboratori di ricerca biologica volti a rafforzare diverse malattie letali. In questi laboratori vengono condotti esperimenti biologici molto pericolosi in coordinamento con gli Stati Uniti». Parola del rappresentante permanente russo all’Onu Vasilij Alekseevic Nebenzya. Incalza l’ambasciatore cinese a Palazzo di Vetro Zhang Jun: «Abbiamo appreso la notizia che l’Oms ha consigliato al governo ucraino di distruggere gli agenti patogeni che si trovano nei laboratori per impedire la diffusione di malattie infettive. La Cina chiede alle parti di applicare in modo efficace tutti gli obblighi della convenzione per la proibizione delle armi chimiche e biologiche». Risposta dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per il disarmo, Izumi Nakamitsu: «L’Onu non è a conoscenza di alcun programma di armi biologiche in Ucraina».

Ma ecco una nota del Cremlino: «Gli estremisti ucraini da anni lavorano per creare le condizioni di un attacco chimico con la copertura americana, con l’obiettivo di provocare incidenti per poi accusare Mosca. Le forze estremiste ucraine stanno pensando di mettere una mina sui serbatoi di ammonio presso l’azienda Azot nella città di Severodonetsk e Odessa Port Plant nella città di Odessa». Replica immediata di Joe Biden: «Se Mosca userà armi chimiche, pagherà un alto prezzo». Quante alle bombe a grappolo, l’ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani dichiara di aver ricevuto «notizie credibili sull’uso da parte delle forze russe di bombe a grappolo anche in aree abitate».

Contro-replica di Mosca a proposito dell’ospedale pediatrico di Mariupol (con profluvio di fotografie satellitari e non): «Vi sembra distrutto? Vi sembra un edificio colpito da bombe a grappolo?». Il 12 ottobre del 1960 il segretario generale del Pcus Nikita Kruscev si levò una scarpa agitandola nell’aria (qualcuno dice battendola ripetutamente sul piano del podio da cui stava parlando) per protestare contro le affermazioni del delegato filippino a Palazzo Vetro, il quale accusava l’Unione Sovietica di imperialismo. Ecco, c’è più chiarezza in quell’istante carnascialesco che nella lite da comari che si è svolta in Consiglio di sicurezza nei giorni scorsi fra Russia, Stati Uniti, Ucraina e alleati vari. Sessantadue anni fa si parlava con maggior schiettezza, oggi predomina la langue de bois con cui mezze verità e mezze fandonie s’intrecciano in un groviglio di accuse reciproche dove la prima vittima – com’è di prammatica in ogni conflitto – e la verità dei fatti e la seconda è la loro verifica oggettiva.

La lingua di legno non è patrimonio esclusivo di Mosca, dei cinesi o degli Stati-canaglia. Parlando all’Onu il 5 febbraio 2003 il segretario di Stato di George W.Bush Colin Powell si giocò la carriera sulla menzogna delle armi di distruzione di massa irachene. Ma allora l’Onu a cosa serve? Il tafferuglio internazionale dei giorni scorsi potrebbe essere ricondotto a una disputa da taverna un po’ accesa, non fosse che si è svolta all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Quello che per statuto è incaricato di mantenere la pace e la sicurezza nel mondo disponendo di svariati strumenti, tra cui «intraprendere azioni militari contro un possibile aggressore». L’Onu ha 76 anni. Come i cinque membri con diritto di veto, che sono tutti figli della Conferenza di Jalta. Di un mondo cioè che non esiste più ma che si ostina a reputarsi ancora vivo.

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