sabato 9 maggio 2020
Il presidente del Parlamento Sassoli a 70 anni dalla Dichiarazione Schuman: per superare il Covid subito un piano economico e un welfare europeo «per non lasciare indietro nessuno»
Il presidente David Sassoli durante la commemorazione dei 70 anni della Dichiarazione Schuman

Il presidente David Sassoli durante la commemorazione dei 70 anni della Dichiarazione Schuman - Ansa

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È vuoto l’emiciclo di Bruxelles, per i 70 anni dell’Unione Europea. Fra i banchi pressoché deserti, le prime frasi della "Dichiarazione Schuman" del 9 maggio 1950, riacquistano una forza di attualità impensabile: «L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto», afferma il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.
Ad ascoltarlo, in streaming, è l’Unione Europea in "fase-2". Distanziati fra i banchi di fronte allo scranno presidenziale, o collegati on-line, i rappresentanti di alcune Ong impegnate in azioni di solidarietà a vantaggio dei più vulnerabili. Nel dopoguerra, afferma Sassoli, la «lungimiranza dei padri fondatori» seppe costruire uno spazio di «pace e democrazia» nel progetto europeista. Tanti, in 70 anni, le difficoltà ma «la crisi attuale è la peggiore». L’Europa non deve trasformarsi in una «terra di conquista» ma restare un «modello economico e democratico su cui è il caso di investire». Un «camminare insieme» ancora più necessario per uscire dalla pandemia elaborando, di fronte a previsioni catastrofiche, un piano di rilancio dopo che la crisi economica del 2008 ha già aumentato «disoccupazione» e «crescita delle disuguaglianze sia tra le nazioni che al loro interno».
Una sfida complessa per cui, prosegue Sassoli, si deve «negoziare una nuova proposta pluriennale di bilancio» mentre, «per ridurre le distanze» fra Nord e Sud, Est e Ovest, centro e periferia, sfide ambientali e sociali vanno di pari passo. Ora serve un «sostegno concreto» in particolare a giovani e donne – i più deboli in questa situazione – mettendo in atto un grande sforzo «nel rafforzamento dello Stato sociale». Come paragone in negativo Sassoli indica il modello socio-sanitario degli Usa, e difende il modello di welfare europeo che «adesso più di prima» va aggiornato e rafforzato: «Un bene primario prezioso da difendere per non lasciare indietro nessuno».
La Festa del 9 maggio, prima dello scoppio della pandemia, avrebbe dovuto lanciare la “Conferenza sul futuro dell’Europa”: un progetto ora rimandato, ma se l’Europa, come diceva Schuman, si construisce nelle difficoltà, questa strada va imboccata con «il coraggio dei padri fondatori», sapendo lanciare lo «sguardo verso l’ignoto». Per questo servono anche riforme, come il superamento di un «anacronistico» diritto di veto. Se 70 anni fa, il grido della nuova Europa fu «mai più la guerra» ora, conclude Sassoli, deve essere «mai più morti per fame, mai più morti nel Mediterraneo».
E la sguardo al futuro, come una premessa alla futura Conferenza d’Europa, vuol dire anche dare spazio alla società civile, chiamata a celebrare la festa in Parlamento. Fra gli interventi quello di Pierre Rabhi (Colibris), pioniere dell’agroecologia, l’ecologista spagnola Yayo Herrero presidente del Transition Forun e Luca Casarini capomissione di Mediterranea che chiede che nel Mediterraneo si possa tornare navigare nel «rispetto del diritto umanitario».

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