sabato 2 settembre 2023
Le milizie regionali Fano, nonostante l’accordo con Addis Abeba, non depongono le armi e sfidano l’esercito etiope. «Preoccupazione» dell’Onu per lo stato di emergenza decretato dal premier Abiy
Alcuni sfollati Amhara ospitati in un centro di raccolta ad Abi Adi, nel Tigrai

Alcuni sfollati Amhara ospitati in un centro di raccolta ad Abi Adi, nel Tigrai - Reuters

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Tensione continua in Etiopia settentrionale con scontri e arresti di massa nello stato regionale Amhara. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani si contano almeno180 morti da luglio – dieci solo nell'ultima settimana nella città di Debre Tabor –, negli scontri tra esercito federale e milizie regionali Fano. Secondo l'Onu c'è un «considerevole peggioramento» della situazione nella regione etiope nel nord del Paese, a seguito dei combattimenti che hanno portato il governo del premier Abiy Ahmed a dichiarare lo stato di emergenza il 4 agosto.

«Siamo molto preoccupati per il deterioramento della situazione dei diritti umani in alcune regioni dell’Etiopia», ha detto la portavoce dell’ufficio Onu Marta Hurtado, sottolineando che lo stato di emergenza «conferisce alle autorità ampi poteri a livello nazionale per arrestare sospetti senza mandato, imporre il coprifuoco e vietare le riunioni pubbliche». L'agenzia ha ricevuto segnalazioni sull'arresto di più di mille persone, perlopiù giovani di etnia amhara sospettati di sostenere le milizie Fano. «Già da inizio agosto si hanno notizie di massicce perquisizioni porta a porta, mentre almeno tre giornalisti etiopi sono stati arrestati. I detenuti sarebbero stati trasferiti in centri di detenzione improvvisati, privi dei servizi di base. Chiediamo alle autorità di fermare gli arresti di massa, di garantire che ogni privazione della libertà sia controllata giudizialmente e di rilasciare tutti i detenuti arbitrariamente».

Alleati nella guerra contro le milizie del Tigrai dal novembre 2020 al novembre scorso, l'esercito federale e le milizie Fano sono ora contrapposte per il rifiuto di queste di ritirarsi dalla regione occidentale dello stesso Tigrai, il Wolkait, e per la crescente opposizione delle frange più estremiste contro Addis Abeba. L'ufficio Onu per i diritti umani ha inoltre ricevuto accuse sulla detenzione di massa nell'area di Wolkait di almeno 250 tigrini arrestati dalla polizia dell’Amhara e da milizie locali che continuano nell'operazione di pulizia etnica denunciata di recente da Human rights watch.

Secondo l'agenzia Onu anche la situazione in Oromia, la regione federale più grande dell'Etiopia, è preoccupante. Tanto che Bekele Gerba, uno dei principali leader dell'opposizione al governo federale del Partito della Prosperità ha chiesto asilo negli Usa, dove si trova da 15 mesi dichiarando che in patria la sua vita sarebbe in pericolo. Attivista e avvocato, Bekele si è dimesso da vicepresidente del partito nazionale Oromo Ofc.

Più volte arrestato durante la sua carriera politica sia dal governo nazionale guidato dai tigrini del Tplf che da quello di Abiy, rilasciato un anno e mezzo fa dopo 18 mesi di galera senza processo con l'accusa di aver incitato la folla alla ribellione ai funerali del rapper oromo Hachalu Hundessa, Bekele Gerba ha accusato le forze governative di aver commesso omicidi extragiudiziali, stragi e arresti arbitrari.

Infine il regime eritreo di Isaias Afewerki, altro alleato degli Amhara e di Abiy nella guerra civile conclusa pochi mesi fa contro i comuni nemici tigrini, ha registrato ieri un'importante defezione. Secondo l'emittente di opposizione Radio Erena, l'incaricato d'affari presso l'ambasciata eritrea in Svizzera e presso la missione permanente all'Onu a Ginevra Adem Osman è fuggito e ha chiesto asilo politico. Adem è stato per anni uno dei più solerti difensori della dittatura asmarina – che secondo gli oppositori disporrebbe di diversi conti correnti nelle banche svizzere – nel consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.




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