martedì 20 febbraio 2024
Arriva oggi all’Alta Corte di Londra l'ultimo appello del 52enne australiano, di cui Washington chiede l'estradizione per aver pubblicato file sulle guerre guidate dagli Usa in Iraq e Afghanistan
Melbourne, Australia: lo striscione srotolato da un gruppo di manifestanti che chiede la liberazione di Julian Assange. Alcuni agenti di polizia vigilano sulla manifestazione

Melbourne, Australia: lo striscione srotolato da un gruppo di manifestanti che chiede la liberazione di Julian Assange. Alcuni agenti di polizia vigilano sulla manifestazione - Ansa

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Arriva oggi dinanzi all’Alta Corte di Londra l’ultimo appello del fondatore di WikiLeaks Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti, dove è imputato nel processo per la pubblicazione di file militari e diplomatici segreti.
Washington vuole che il cittadino australiano di 52 anni sia estradato dopo essere stato accusato più volte tra il 2018 e il 2020 in relazione alla pubblicazione da parte di WikiLeaks, nel 2010, di file relativi alle guerre guidate dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan. La lunga saga legale nei tribunali britannici ora si avvicina alla conclusione, dopo che Assange ha perso nei giudizi degli ultimi anni.

Se l’appello, che inizierà alle 10,30 ora locale, dovesse essere accolto, Assange avrà un’altra possibilità di discutere il suo caso in un tribunale di Londra, con una data fissata per un’udienza completa. In caso contrario, il fondatore di WikiLeaks avrà esaurito tutti gli appelli del Regno Unito e sarà avviata la procedura di estradizione, anche se il suo team ha annunciato che farà ricorso ai tribunali europei. La moglie Stella ha detto che chiederà alla Corte europea dei diritti dell’uomo di fermare temporaneamente l’estradizione, se necessario, avvertendo che morirebbe se inviato negli Stati Uniti.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dovuto affrontare forti pressioni, sia a livello nazionale che internazionale, per far cadere i 18 capi d’accusa presentati sotto la presidenza Trump davanti al tribunale federale della Virginia.

La moglie Stella: oggi si decide della sua vita o della sua morte

«Questo caso è destinato stabilire in sostanza se egli vivrà o morrà». Lo ha ribadito ieri Stella Assange a proposito delle conseguenze per il marito Julian delle due udienze cruciali in programma oggi e domani dinanzi all’Alta Corte di Londra per decidere la sorte dell’appello finale della difesa dell’attivista e giornalista australiano – cofondatore di WikiLeaks – contro la sua contestata procedura di estradizione dal Regno Unito negli Usa.

Julian Assange «non sopravvivrà» a un’eventuale conferma del via libera al trasferimento, ha detto Stella in una nuova intervista alla Bbc, rilanciando quanto detto pochi giorni fa in una conferenza stampa. Intervista concessa mentre nel mondo occidentale sale lo sdegno per la morte – avvenuta frattanto in una colonia penale russa – di Alexey Navalny, oppositore di Vladimir Putin. Nonché sullo sfondo di un’escalation di pressioni del governo dell’Australia sugli alleati britannici e americani per il rilascio di Assange e per evitare che anche lui possa rischiare prima o poi di morire in carcere.

La moglie – avvocato sudafricana che ha dato due figli all’artefice di WikiLeaks negli anni in cui era rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e che lo ha poi sposato in prigione – ha evidenziato le condizioni di salute fisica e mentale sempre più precarie di Assange dopo quasi cinque anni di detenzione in isolamento nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh, dove resta rinchiuso in attesa del responso sull’estradizione malgrado nel Regno da tempo non abbia più alcuna pendenza penale.

Negli Usa il rischio di una condanna fino a 175 anni di carcere

Negli Stati Uniti Assange rischia, almeno sulla carta, una condanna monstre fino a 175 anni di carcere per aver a suo tempo divulgato attraverso WikiLeaks (e in parte tramite grandi testate giornalistiche internazionali come New York Times o Guardian) 700.000 documenti riservati (autentici) relativi ad attività militari e diplomatiche degli Usa, inclusi crimini di guerra attribuiti alle forze americane in Afghanistan e Iraq. E dove contro di lui è stata aperta un’inchiesta basata su inedite accuse di violazione del vecchio Espionage Act del 1917, legge mai applicata in oltre un secolo per vicende di pubblicazione mediatica di documenti o materiale top secret di qualunque tipo.

L’Alta Corte di Londra dovrà pronunciarsi in secondo grado sul ricorso della difesa contro il no del giudice britannico di prima istanza all’ammissione di un ulteriore appello per fermare l’estradizione. Il verdetto è atteso dopo la seconda udienza e se quel no fosse confermato, le possibilità di azione legale in seno alla giurisdizione del Regno Unito risulterebbero esaurite, ha rimarcato Stella Assange. Aggiungendo che in quel caso rimarrebbe solo l’opzione - di dubbia efficacia, dati i precedenti - di un ricorso d’urgenza alla Corte europea dei Diritti Umani, da presentare entro 24 ore: termine superato il quale le autorità britanniche potrebbero a quel punto - volendo - procedere a estradare comunque l’ex primula rossa australiana oltre oceano.

“Comitato Assange Italia”: presidio alle 17 oggi a Milano

«Lui che ha rivelato i crimini di guerra viene perseguitato, coloro che li hanno commessi sono a piede libero». Con queste parole il “Comitato Assange Italia” ricorda che oggi e domani si tiene presso l’Alta Corte a Londra l’udienza finale sulla richiesta di estradizione di Julian Assange negli Usa. «Per aver svolto il mestiere di giornalista – aggiunge – ha già trascorso 7 anni da rifugiato politico e gli ultimi 5 da prigioniero a Belmarsh, nota come la Guantanamo britannica. Il giorno X è arrivato. Fermiamo l’estradizione».

«Colpire Assange – prosegue il Comitato in una nota – non significa soltanto distruggere l’uomo, ma lanciare un messaggio intimidatorio a tutti coloro che fanno del vero giornalismo, libero ed indipendente, di cui ciascuno di noi ha bisogno per comprendere la realtà che ci circonda». Il Comitato quindi partecipa alla “campagna globale” promossa dalla moglie del fondatore di Wikileaks, Stella Assange, e dà appuntamento per un presidio oggi alle 17 in piazza Liberty, davanti al consolato britannico a Milano.

Accusò Assange di abuso sessuale: «Ingiusta la sua estradizione negli Stati Uniti»

Alla vigilia del processo a Londra, che probabilmente segnerà la conclusione di un lungo iter burocratico e legale e che potrebbe portare all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, una delle due donne svedesi che hanno denunciato il fondatore di WikiLeaks per abusi sessuali ritiene sia «ingiusto» che venga estradato in America. «Ha commesso crimini sessuali per i quali non verrà mai processato e ora dovrà rispondere ad accuse per cose che non dovrebbero essere considerate criminali», ha dichiarato all’Ansa Anna Ardin, che nel 2010 denunciò Assange per abuso sessuale. «Credo che sia ingiusto sia per le donne che non vedono mai i loro casi portati davanti a un giudice per una miriade di ragioni diverse, ma credo sia anche ingiusto che il sistema della giustizia mondiale abbia la capacità di fermare chi informa e chi difende la libertà dei media, impedendo che vengano denunciati crimini di guerra».





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