sabato 22 aprile 2017
Fra ombre terroristiche ormai immanenti e incertezza dell’esito elettorale, è una Francia più che mai col fiato sospeso quella chiamata oggi alle urne per il primo turno delle presidenziali
Francia, voto ad alta tensione (Ansa)

Francia, voto ad alta tensione (Ansa)

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Fra ombre terroristiche ormai immanenti e incertezza dell’esito elettorale, è una Francia più che mai col fiato sospeso quella chiamata oggi alle urne per il primo turno delle presidenziali. Stando ai sondaggi, la sfida per l’Eliseo potrebbe ridursi, questa sera, a un duello fra un giovane ex ministro che sventola da solo la bandiera europea e una dama dell’ultradestra che agita da anni lo spettro dell’“immigrazione di massa”, chiedendo alle televisioni che la intervistano di togliere dal campo visivo ogni stemma Ue. Anche negli ultimi rilevamenti pubblicati, infatti, l’atipico centrista “liberal-socialista” Emmanuel Macron e la leader xenofoba Marine Le Pen, attestati attorno al 24 per cento d’intenzioni di voto, hanno conservato un vantaggio di misura su una coppia d’inseguitori attorno al 20 per cento: l’ex premier neogollista François Fillon e il leader della gauche anticapitalista Jean-Luc Mélenchon.


Ma a parte gli svarioni recenti dei sondaggisti, ad acuire l’incertezza è un mix di fattori divenuto imponderabile: dall’andamento sui generis di una campagna che promette d’estromettere dal ballottaggio del 7 maggio il tradizionale duopolio neogollisti-socialisti, ai possibili effetti sul voto dell’alta tensione sprigionata dall’attentato jihadista sugli Champs-Elysées di giovedì sera, costato la vita a un poliziotto 37enne, con il ferimento anche di altri due agenti e di una passante tedesca sul “viale più bello del mondo”, come amano definirlo i francesi. In modo improvviso e crudele, gli elettori sono stati catapultati dall’attualità nel canovaccio tragico che il Paese si era sforzato di rimuovere in molti modi: l’evidenza della vulnerabilità ed esposizione francesi di fronte al terrore globale, anche in relazione all’interventismo militare internazionale degli ultimi anni voluto dal presidente socialista François Hollande.


Circa il 3% dei 47 milioni di elettori potenziali erano chiamati a votare già ieri nei seggi dell’Oltremare e per i francesi all’estero, in modo da annullare gli inconvenienti del fuso orario, come l’influenza sui votanti di notizie ed exit poll. Ma tutto si giocherà oggi, nel corso di operazioni elettorali più che mai blindate, soprattutto a Parigi, dove la tensione resta palpabile, rasentando a tratti la psicosi. Nei giorni scorsi, un fragore inusuale ha provocato un’ondata di panico nel metrò.

Mentre ieri pomeriggio, nella stazione ferroviaria più trafficata, Gare du Nord, si è temuto un nuovo assalto jihadista, alla vista di un uomo che si aggirava fra la folla con un coltello in mano. Ma l’uomo ha poi obbedito all’ordine degli agenti di stendersi a terra, prima di essere immobilizzato. Secondo fonti di polizia, potrebbe trattarsi di un paranoico che si era armato perché «temeva per la sua vita». I successivi controlli di polizia in stazione non hanno rivelato minacce.


Il pericolo è avvertito soprattutto presso i seggi elettorali. Sui circa 900 della capitale, quasi 400 vedranno scattare dispositivi di sicurezza rinforzati. Una scelta che ha scontentato il centrodestra neogollista, pronto ad accusare la sindaca socialista Anne Hidalgo di una protezione insufficiente degli elettori. Ad alimentare i timori è stata ieri soprattutto una circolare confidenziale dei servizi d’intelligence e della Direzione centrale per la sicurezza pubblica (Dcsp), rivelata dal quotidiano Le Parisien, secondo la quale in cima ai pericoli c’è sempre «la minaccia jihadista, costante e pregnante».

Per questo, i servizi ritengono «indispensabile la presenza della polizia all’apertura» dei luoghi di voto e di spoglio. Come ha affermato il premier Bernard Cazeneuve, saranno mobilitati nel Paese oltre 50 mila agenti, anche grazie a misure speciali come le “restrizioni nei permessi”, così da poter garantire dispiegamenti più ampi che mai di poliziotti, gendarmi e militari. Come si è visto nelle scorse settimane, in occasione di raduni violenti e “comitati d’accoglienza” ostili a diversi candidati, in particolare la leader xenofoba Le Pen e l’ex premier Fillon, si temono pure “violenze urbane” giudicate realistiche dalla stessa nota dei servizi.


Il momento più critico potrebbe essere quello dell’annuncio dei risultati. Benché apparentemente improbabile secondo i sondaggi, si paventa sempre un eventuale «scontro dei populismi» al ballottaggio fra Le Pen e Mélenchon, anche in ragione della nota veemenza oratoria della “dama nera” e del “tribuno rosso”. Oltre a probabili disordini pubblici, l’ipotetico duello fra estremisti provocherebbe pure «il tracollo dei mercati», secondo un editoriale allarmistico del Figaro intitolato «Il fallimento come progetto».


Fra le minacce evocate dai servizi, pure quelle d’intrusioni e attacchi informatici, dopo una campagna segnata dalle proteste della squadra di Macron contro le azioni “reiterate” di hacker attivi nell’Est europeo, con il sospetto dello zampino russo.


A proposito di Mosca, la russofilia di tre dei quattro candidati principali (Le Pen, Mélenchon, Fillon) continua ad alimentare supposizioni d’ogni tipo su possibili influenze nell’ombra. Ma sul piano internazionale, dopo la Brexit, l’esito del voto francese sembra a molti ancor più cruciale per il futuro dell’Unione Europea.

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