sabato 18 settembre 2021
Human Rights Watch conferma le denunce dei mesi scorsi sui massacri. Biden pronto a punire, se non ci saranno «passi significativi», le milizie ribelli e il governo di Addis Abeba
Ambulanze in partenza da Mekele, capoluogo del Tigrai, per il villaggio di Togoga, distante 20 chilometri, dopo la strage al mercato del 23 giugno scorso

Ambulanze in partenza da Mekele, capoluogo del Tigrai, per il villaggio di Togoga, distante 20 chilometri, dopo la strage al mercato del 23 giugno scorso - Ansa

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Washington stringe per la pace in Tigrai e autorizza, per le atrocità commesse, nuove sanzioni contro Etiopia, Eritrea e le forze regionali Amhara da una parte e le forze di difesa tigrine dall’altra. Il presidente Biden ieri ha emesso un ordine esecutivo che prevede altre sanzioni per ora non operative, ma che lo diventeranno presto se non «cesseranno le violazioni di diritti umani e non inizieranno i colloqui di pace nella regione settentrionale etiope» lasciando «libero accesso agli aiuti umanitari». Le ultime atrocità sono state documentate da Human Rights Watch (Hrw) che imputa all’esecito etiope e ai militari alleati asmarini omicidi e deportazioni di rifugiati eritrei in Tigrai. Accuse pubblicate dall’organizzazione per i diritti umani sul proprio sito Web in un rapporto dove si sostiene che – come scritto più volte da Avvenire – molti dei 92 mila rifugiati eritrei nei campi profughi in Tigrai durante questi 10 mesi di conflitto hanno subito abusi, tra i quali esecuzioni arbitrarie e stupri, che equivalgono, secondo la direttrice della sezione del Corno d’Africa Laetitia Bader a «chiari crimini di guerra». Hrw conferma un altro crimine internazionale, le deportazioni in patria dei rifugiati provenienti dalla confinante Eritrea.

Ma la speranza di avere chiarezza su tutti i crimini di guerra commessi in 10 mesi di blackout informativo si sta affievolendo dopo le dichiarazioni di Michelle Bachelet a Ginevra lo scorso 13 settembre sull’investigazione congiunta condotta insieme alla commissione etiope per i diritti umani nominata dal Parlamento etiope.

L’Alto commissario Onu per i diritti umani ha infatti rivelato che per ragioni di sicurezza gli esperti non hanno potuto visitare il Tigrai orientale e centrale. Quindi la commissione congiunta non si è recata ad Axum, Idaga Hamus, Adigrat, Mahbere Dego, Debre Abbay e diversi altri centri dove, stando alle organizzazioni umanitarie e alle testimonianze raccolte dai media internazionali, sono stati commessi i crimini di guerra peggiori dalle forze etiopi ed eritree. La pubblicazione del rapporto sul Tigrai è stata posticipata all’1 novembre, ma il lavoro si preannuncia largamente incompleto. Michelle Bachelet ha comunque confermato la gravità dei crimini contro l’umanità commessi da entrambe le parti in un conflitto che ha provocato 2,1 milioni di sfollati. Negli ultimi mesi Addis Abeba ha proseguito con le detenzioni di massa di cittadini tigrini, gli omicidi, il saccheggio sistematico e le violenze sessuali di gruppo nella regione. Le forze tigrine sono invece accusate dell’omicidio di civili nelle regioni Afar e Amhara con la controffensiva iniziata a fine giugno e del reclutamento di bambini soldato. Ieri le Nazioni Unite in Etiopia hanno espresso preoccupazione perché centinaia di camion che hanno trasportato aiuti umanitari in Tigrai da luglio non sono tornati indietro. Il Fronte popolare di liberazione del Tigrai al potere a Macallè li utilizzerebbe a fini logistici. Gli Usa ora sembrano stufi di aspettare la fine delle ostilità e il ritiro delle forze eritree, chiesti da mesi.

L’ordine della Casa Bianca prevede che l’amministrazione «sia pronta ad azioni aggressive» se le parti coinvolte non intraprendono «passi significativi per avviare un cessate il fuoco negoziato e permettere incondizionato accesso umanitario». Passi che l’amministrazione intende vedere in «settimane, non mesi». Secondo il Programma alimentare mondiale la guerra ha aggravato l’emergenza alimentare nel nord dell’Etiopia che riguarda oggi 13 milioni di persone.

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