giovedì 31 maggio 2018
All'Investor Day di Balocco atteso l'annuncio dell'azzeramento del debito, e di un accordo tecnologico per recuperare su elettrificazione e guida autonoma. Il ruolo chiave di Jeep
Sergio Marchionne, da 14 anni alla guida di Fiat e poi Fca

Sergio Marchionne, da 14 anni alla guida di Fiat e poi Fca

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E' il giorno dei programmi, prima che delle persone. Quello del possibile annuncio di una importante alleanza strategica con altri gruppi automobilistici o con operatori industriali attivi nello sviluppo dei veicoli a guida autonoma. Per conoscere il nome di chi prenderà il posto di Sergio Marchionne alla guida di Fiat-Chrysler invece, occorrerà attendere ancora. Contrariamente alle attese, il 1 giugno a Balocco in occasione della presentazione del nuovo piano industriale valido fino al 2022, Marchionne non solo non presenterà il suo successore ma respingerà anche ogni domanda a riguardo. Dopo 14 anni al timone questo è il suo ultimo piano industriale visto che lascerà il ruolo di Ceo e amministratore delegato fino alla primavera del 2019. I candidati sono sempre gli stessi: Alfredo Altavilla, attuale responsabile di Fca per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente e ultimo baluardo di italianità; Richard Palmer, attuale direttore finanziario; e Michael Manley, reduce dalla vecchia Chrysler e attuale capo mondiale di Jeep. Ma il finale potrebbe anche essere a sorpresa. «Le probabilità che io resti oltre la fine del mandato stanno tra lo zero e nessuna», ha ribadito Marchionne in più di un’occasione, ma la la situazione contingente e la mente imprevedibile dell’uomo più geniale, pragmatico e scontroso dell’industria italiana, potrebbero suggerire una clamorosa soluzione di un Ceo che succede a se stesso.

Dalle ipotesi ai fatti: Fca illustrerà la strada che intende percorrere per continuare a trovare spazio in un settore nel pieno di una svolta epocale. L’automobile corre verso l’elettrificazione e il Gruppo italo-statunitense è in chiaro ritardo, ma l’atteso annuncio dell’azzeramento dell’indebitamento industriale grazie alla potente rimonta messa a segno in questi anni potrebbe essere la base per una ripartenza accelerata. Ora in più i piani di Marchionne devono necessariamente tenere conto della situazione internazionale dopo le minacce di Trump in merito proprio al settore auto. Il nodo riguarda unicamente Alfa e Maserati. Considerando che il 61% dei ricavi arriva dal Nord America, una partnership con un’azienda high-tech Usa aiuterebbe Fca a essere ancora più statunitense e a superare eventuali vincoli posti dall’amministrazione Trump.

Marchionne dovrebbe annunciare la nuova realtà di un Gruppo sano e forte che immatricola 4,7 milioni di vetture a livello globale, con 4 miliardi di dollari di cassa, 125 di ricavi e 5 di utili netti, con il miglioramento della reddittività che è il risultato della decisione di uscire dal mercato delle auto di massa per privilegiare Suv e pick-up in Nord America e di investire sui marchi e modelli premium. Il nuovo piano industriale infatti punterà molto sul brand Jeep – ormai diventato il più forte di famiglia –, sul potenziamento di Maserati, la conservazione di Alfa Romeo e il riposizionamento di Fiat, ruota debole del meccanismo Fca.
Oggi le Fiat sono prodotte in buona parte all’estero (la 500 in Polonia, la 500L in Serbia, la 124 Spider in Giappone) e presto anche la Panda traslocherà per tornare in Polonia mentre Punto e MiTo usciranno di produzione. In Italia Fca concentrerà la produzione delle sue auto “premium”: a Pomigliano e a Mirafiori farà nascere le nuove Alfa Romeo, Maserati e Jeep, la sorella maggiore della Stelvio e le sorelle minori della Levante e della Renegade che avranno la priorità strategica su tutto il resto. L’idea è di avere in Italia prodotti a maggiore reddittività ma sarà cruciale capire soprattutto il futuro di Alfa Romeo, la crescita della quale è uno dei pochi traguardi sinora falliti da Marchionne. Degli otto modelli annunciati nel piano 2014-2018 infatti, ne mancano all’appello ancora 6.

Capitolo motorizzazioni: oggi il ceo di Fca confermerà probabilmente quanto annunciato tempo fa dal Financial Times, nella sostanza se non nei tempi. La rinuncia totale al diesel entro il 2022 è inverosimile per un Gruppo in cui il gasolio rappresenta ancora il 40,6% dell’immatricolato in Europa (con cifre nel 2017 addirittura in crescita rispetto al 2016), soprattutto in mancanza di una strategia organica e credibile per l’elettrificazione a breve termine. Il Gruppo punterà su due strade, il mild-hybrid e l’ibrido plug-in, mentre l’elettrico puro è un’opzione ancora lontana.

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