martedì 18 agosto 2015
Lo stipendio è uno degli elementi principali di soddisfazione nel lavoro (seppur non sia l’unico). La gratificazione del lavoratore rispetto alla propria remunerazione è influenzata infatti da diverse dinamiche.
Solo il 3% soddisfatto della propria retribuzione
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La policy retributiva deve garantire il soddisfacimento dei bisogni umani fondamentali e l’equità, ma anche mettere in evidenza la relazione fra il contributo fornito (la performance) e la retribuzione. Jobpricing, a partire da questa considerazione, propone uno studio incentrato sul livello di soddisfazione dei lavoratori italiani nei confronti del proprio stipendio. Lo studio è stato condotto su un campione di 1.056 intervistati, raccogliendo la percezione degli individui in relazione a una serie di aspetti che influiscono sulla soddisfazione della propria condizione retributiva.Quanto sono soddisfatti i lavoratori dipendenti italiani del loro pacchetto retributivo, in generale? La prima risposta data è quella più di pancia, meno ragionata. In una scala da 0 a 10 (dove 5 è il valore 'neutro') il risultato emerso è pari a 3.9. Solo il 3% dichiara di essere pienamente soddisfatto del proprio pacchetto retributivo, mentre più di un quinto dichiara - all'opposto - di esserne fortemente insoddisfatto.Nel dettaglio, il maggior grado di soddisfazione si associa a profili dirigenziali, lavoratori di grandi imprese, al Nord e nel settore industriale e dei servizi finanziari.Le successive domande dell’indagine sono volte ad indagare il grado di soddisfazione su altre tematiche: in materia di equità interna ed esterna, i lavoratori dipendenti italiani si dividono a metà tra chi ritiene di essere retribuito equamente (rispetto ai propri colleghi o rispetto al mercato) e chi no; solo un lavoratore su tre ritiene di essere retribuito secondo il contributo fornito nel raggiungimento degli obiettivi aziendali loro assegnati, raggiungendo un indice pari a 4.5 nel caso però vi sia una retribuzione variabile formalizzata individuale in aggiunta a quella fissa; sempre divisi a metà, ma con prese di posizione più polarizzate, quando si parla di trasparenza (nei processi di riconoscimento del merito da parte dell’azienda). Un responso negativo emerge infine quando si parla di meritocrazia: meno di un decimo dei partecipanti dichiara di essere d’accordo sulla presenza di riconoscimenti basati sul merito, un terzo è in completo disaccordo. Guardando nel dettaglio, sono le aziende più piccole quelle dove aumenta l’opinione positiva.Un dato significativo emerge nell’analisi di come si modifica l’opinione rispetto a questi ultimi tre aspetti indagati (retribuzione e performance, trasparenza e meritocrazia) in funzione della composizione del pacchetto retributivo degli intervistati, confermando in generale una tendenza per cui, chi riceve un variabile contrattualizzato preferibilmente assegnato su base individuale è generalmente più soddisfatto di coloro che percepiscono la sola retribuzione fissa, senza altri benefit/incentivi.Escludendo la retribuzione fissa (che, con un risultato atteso, è l’incentivo più accattivante secondo i lavoratori), le leve considerate più importanti nella scelta di un lavoro sono a carattere non monetario, indifferentemente dall’inquadramento del lavoratore che ha espresso l’opinione, sia esso un impiegato, un quadro o un dirigente. In ordine compaiono: la possibilità di sviluppo di carriera e la formazione professionale, la relazione positiva con i colleghi e la flessibilità di orari - intesa anche come corretto bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata. L'elemento variabile nella retribuzione e i benefit assumono invece un peso secondario in questa fase.
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