venerdì 21 aprile 2023
Il 53% dei professionisti delle risorse umane ritiene ci siano vantaggi nella conciliazione vita-lavoro. Il 66% dei lavoratori disponibile solo a parità di salario
Matilde Marandola, presidente di Aidp

Matilde Marandola, presidente di Aidp - Archivio

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Il dibattito intorno alla settimana corta, ossia il passaggio dai canonici cinque giorni lavorativi a quattro, è di stretta attualità non solo in Italia. L’interrogativo di fondo che gli addetti ai lavori si pongono è soprattutto di duplice natura: quali sarebbero gli impatti sull’organizzazione del lavoro e quali le conseguenze da punto di vista retributivo? In sintesi, si tratta di una soluzione praticabile per gran parte del mondo del lavoro oppure è una possibilità confinata a poche realtà produttive e a una dimensione prevalentemente sperimentale?
L’Aidp-Associazione italiana per la direzione del personale ha lanciato un'indagine tra i propri iscritti - composti da direttori del personale e i professionisti delle risorse umane, a cui hanno risposto oltre mille aderenti - curata dal Centro Ricerche guidato dal professor Umberto Frigelli. Il 53% dei direttori del personale si dichiara d’accordo sull’introduzione della settimana corta, mentre il restante 40% lo è solo parzialmente e il 6% si dichiara non favorevole. I professionisti delle risorse umane, sostanzialmente si dividono a metà, con leggera prevalenza di coloro che esprimono una valutazione positiva. Tra le principali ragioni di coloro che sono favorevoli, il 79% indica la possibilità di migliorare la conciliazione vita-lavoro, per il 49% aumenta il benessere psico-fisico dei dipendenti e per il 27% circa aumenta la motivazione al lavoro dei dipendenti. Tra coloro che hanno espresso una parziale adesione (il 40%), tra le criticità sottolineano soprattutto la necessità di definire (come per lo smart working) una misura delle produttività basata sulle performance, con linee guida definite dalla contrattazione nazionale (per il 41%), oltre la valutazione preliminare della sostenibilità economica (per il 34%) e difficoltà a livello di implementazione organizzativa (per il 25%). Tra coloro, invece, che hanno espresso una netta contrarietà, si sottolineano soprattutto tre difficoltà: la non compatibilità con la situazione economico-produttiva delle nostre imprese (50%), la difficile implementazione a livello organizzativo (37%) e il fatto che implicherebbe un orario di lavoro giornaliero di 9/10 ore (28%). Quale sarebbe la migliore modalità per implementare la settimana corta nella propria azienda, secondo i direttori del personale? A questo domanda il campione ha risposto per il 62% che partirebbero con delle soluzioni sperimentali, così come già avvento in altre aziende. Molto importante, inoltre, il tema della contrattazione con i lavoratori: per il 33% attraverso una contrattazione a livello aziendale e per il 24% riportando la questione anche a livello di contrattazione nazionale. Rispetto al tema del salario, il 26% circa mantenendo lo stesso salario ma riducendo i giorni, mentre per circa l’8% riducendo parzialmente lo stipendio in proporzione alle giornate lavorate. Il 20%, infine, mantenendo lo stesso numero di ore contrattuali ma riducendo i giorni. «Il tema dell’introduzione della settimana corta evidenza, a oggi, luci ed ombre. Se da un lato, come si evince anche dalla nostra survey, le ricadute positive sui lavoratori in termini di migliore equilibro e qualità del rapporto vita-lavoro sarebbero evidenti, oltre all’impatto che questo avrebbe in termini di maggiore produttività, dall’altro gli aspetti di natura retributiva e organizzativa che tale soluzione comporterebbe sono ancora da valutare. Quindi, seppur culturalmente siamo favorevoli nei confronti della settimana corta è sempre importante comprendere e ascoltare le situazioni delle singole aziende e delle singole persone. Una decisione standard e uguale per tutti potrebbe avere ricadute negative sulla motivazione, sulla retention e sull’economia. Per queste ragioni la via della sperimentazione è quella maestra per verificare e testare la reale e virtuosa fattibilità dell’introduzione a regime della cosiddetta settimana corta. Soluzione alla quale anche l’Aidp guarda con equilibrio e interesse visto il grande impatto sociale e economico che avrebbe», spiega Matilde Marandola, presidente nazionale di Aidp. Mentre la ricerca Global Workforce of The Future di The Adecco Group, rafforzata da un’ulteriore indagine che ha coinvolto più di 2mila persone, ha tuttavia messo in evidenza un fatto di particolare rilevanza: ben il 66% di chi dichiara interesse verso la settimana lavorativa breve evidenzia che sarebbe disponibile solo a parità di salario e solo il 10% accetterebbe con una decurtazione dello stipendio. Il 18%, invece, sarebbe disponibile a lavorare un’ora in più gli altri giorni per avere la settimana breve. Tutto questo, in un quadro in cui il 61% dei dipendenti ritiene che il proprio salario non sia sufficiente per affrontare l’aumento dei prezzi dettato dall’inflazione. Ma quanti sono realmente i lavoratori che dichiarano di essere interessati alla settimana lavorativa breve? Oltre 70% dei lavoratori afferma di essere interessato a questo strumento, perché migliorerebbe il benessere mentale senza avere ripercussioni negative sulla produttività. La sfida del mercato del lavoro contemporaneo, in cui la discussione sulla settimana lavorativa breve trova il perfetto habitat, è infatti quella di sviluppare proposte e strumenti che mettano al centro le persone e garantiscano regimi di lavoro flessibili, offrendo ai lavoratori un equilibrio più sano tra lavoro e vita privata. Proprio su questo aspetto, infatti, si gioca la capacità delle aziende di attrarre e trattenere i talenti: il 75% dei lavoratori italiani è propenso a rimanere in azienda o a sceglierne una quando viene percepito l’interesse del datore di lavoro verso il benessere del dipendente. Per chi, invece, dichiara dubbi in merito alla settimana lavorati di quattro giorni, le aree problematiche sono riassumibili in quattro aspetti cardine:
• Il 33% sospetta che comporterebbe una diminuzione dello stipendio;
• Il 27% teme che causerebbe un serio aumento del carico di lavoro, arrivando comunque a
dover lavorare fino a tarda sera o nel giorno libero;
• Il 23% pensa che porterebbe ad un maggior carico di stress negli altri giorni lavorativi;
• Il 17% crede che potrebbe essere lesiva per l’avanzamento di carriera, rendendo più lento
l’ascensore sociale.
«Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione e stiamo vivendo oggi un vero e proprio cambiamento del
paradigma culturale. Se l’idea della settimana lavorativa di quattro giorni, per quanto affascinante, può
dimostrarsi un progetto di difficile applicazione, risulta comunque evidente la sua assoluta rilevanza
nel dibattito contemporaneo. Questo perché sta evolvendo il modo in cui si percepisce il lavoro e,
sempre di più, i dipendenti sono attenti al bilanciamento con la vita privata. In un mercato del lavoro
molto dinamico come quello che vediamo oggi, diventa perciò centrale per le aziende sviluppare
politiche che mettano al centro la flessibilità, anche con lo scopo di attrarre e trattenere i talenti», conclude Andrea Malacrida, Country Manager di The Adecco Group Italia.

McDonald cerca 140 persone a Roma

McDonald’s cerca 140 nuovi candidati, di cui 100 figure crew e 40 profili hospitality, per rafforzare i team di alcuni dei suoi ristoranti di Roma. L’azienda ha organizzato tre diverse giornate di selezioni e colloqui, una preziosa occasione di conoscere più da vicino la realtà di McDonald’s, attraverso l’esperienza di chi ci lavora.

Venerdì 28 aprile: presso il ristorante McDonald’s di piazza di Spagna, dalle 10 alle 16, si tengono le selezioni per 50 figure crew da inserire nei team di diversi ristoranti di Roma Centro.

Martedì 2 maggio: presso il ristorante McDonald’s di via Prati Fiscali 73, dalle 10 alle 16, si tengono le selezioni per 50 figure crew da inserire nei team di diversi ristoranti di Roma Nord.

Giovedì 4 maggio: presso il ristorante McDonald’s di piazza di Spagna, dalle 10 alle 16, si tengono le selezioni per 40 figure hospitality da inserire nei team di diversi ristoranti di Roma Centro.

Voglia di mettersi in gioco, capacità di lavorare in squadra e a contatto con i clienti, rappresentano alcune delle principali caratteristiche che l’azienda ricerca nelle persone che lavorano nei suoi ristoranti. McDonald’s offre un’opportunità di lavoro concreta, grazie a contratti stabili (che rappresentano il 92% del totale) e possibilità di crescita professionale rapida. Entrare in McDonald’s significa lavorare in un contesto dalla forte identità di gruppo, giovane, inclusivo e meritocratico, capace di garantire a tutti i dipendenti le medesime opportunità. Le persone selezionate verranno inserite in un percorso di formazione propedeutico alle mansioni che svolgeranno; verranno inserite con contratti full-time o part-time e inquadrate secondo il contratto nazionale del turismo. La retribuzione è quella prevista dallo stesso contratto, chiaramente parametrata al numero di ore lavorative settimanali. Per partecipare, è possibile inviare la propria candidatura direttamente sul sito, attraverso la compilazione di un questionario circa diverse tematiche, tra cui la disponibilità oraria e il tipo di mansioni a cui si è interessati e il caricamento del cv Di seguito i link di riferimento per iscriversi alle tre diverse sessioni:

I candidati che non riusciranno a partecipare alle giornate di selezioni e colloqui e che saranno ritenuti idonei, verranno contattati per un colloquio individuale.




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