venerdì 8 settembre 2023
Nel comparto trovano impiego circa 35mila lavoratori, per un indotto che coinvolge più di 100mila famiglie e 1.500 imprese
Allievi casari a lezione

Allievi casari a lezione - Scuola di formazione lattiero-casearia

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Esistono 487 tipi di formaggi in Italia e possono essere classificati in diversi modi: a seconda del latte utilizzato, del contenuto in grassi, della consistenza della pasta, del tipo di crosta di cui sono composti e del processo di stagionatura. Dal Grana Padano alla mozzarella, dall'Asiago al pecorino, dal provolone alla robiola. I formaggi tipici italiani sono tantissimi: ogni regione ha almeno un formaggio che ben la rappresenta. In molti casi si tratta di prodotti che vantano anche una denominazione d’origine riconosciuta a livello europeo (Dop e Igp), in altri invece abbiamo a che fare coi cosiddetti Pat, ovvero Prodotti agroalimentari tradizionali. Il settore lattiero-caseario fa registrare un fatturato di circa 18 miliardi di euro ossia circa il 12% del fatturato complessivo industriale dell’agroalimentare. Nel comparto trovano impiego circa 35mila lavoratori, per un indotto che coinvolge più di 100mila famiglie e 1.500 imprese. Importante è il ruolo dei Consorzi per la tutela dei prodotti di eccellenza: dalle stalle alla tavola. Soprattutto a garanzia della salute dei consumatori e nella lotta alla contraffazione. Del Consorzio Grana Padano, per esempio, la cui nascita risale al 1954, fanno parte 128 aziende di lavorazione, che gestiscono 142 caseifici produttivi, 147 stagionatori e 200 preconfezionatori. Nel 2022 la produzione è stata di 5.212.103 forme, pari a 202.051,4 tonnellate, trasformando circa 2,752 milioni di tonnellate di latte munto in 3.835 stalle. L’intera filiera produttiva del prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo conta così su 50mila persone coinvolte. La produzione lorda vendibile di formaggio stagionato alla consegna franco punto vendita ha raggiunto i 2,2 miliardi di euro.

L'importanza del casaro

Il casaro è il vero "artista" nella produzione dei formaggi. Si occupa di trasformare il latte in diversi prodotti, servendosi di tecniche tradizionali e innovative e di una serie di strumentazioni utili al suo scopo. Negli ultimi anni, pur rispettando la tradizione italiana di produzione casearia, l’industria e l’impresa artigiana dei derivati del latte stanno acquisendo sempre più innovazioni tecnologiche in grado di rendere il lavoro del casaro più efficiente, produttivo e conforme alle normative igienico-sanitarie che regolano la produzione alimentare. La trasformazione del latte in formaggio è il risultato di tre tappe fondamentali: la coagulazione del latte che dà origine alla cagliata, lo spurgo del siero, la maturazione o stagionatura della cagliata. Dopo il trattamento del latte e l’eventuale correzione del suo tenore di grasso, si avvia il processo che sta alla base della trasformazione del latte in formaggio: la coagulazione. Essa consiste nella precipitazione della caseina, contenente la maggior parte del grasso presente nel latte, che si separa dalla parte liquida, il siero, nel quale rimangono disciolti acqua, lattosio e zuccheri. La coagulazione può avvenire per acidificazione, grazie all’azione dei fermenti naturalmente presenti nel latte, oppure più frequentemente per via enzimatica utilizzando il caglio o presame, che è una sostanza ricavata dallo stomaco di vitelli, agnelli o capretti. Il latte, oltre che con il caglio, può essere addizionato di batteri appositamente selezionati per conferire al formaggio determinate caratteristiche, nel qual caso si parla di innesto selezionato. Tipico è il caso dell’innesto fungino impiegato per favorire lo sviluppo di muffe nobili nel gorgonzola. Una volta formata, la cagliata viene “rotta” con un apposito strumento, lo spino, in pezzi della dimensione di un’arancia o di una noce, se si vogliono ottenere formaggi a pasta molle, di un fagiolo, per i formaggi a pasta semidura, di un chicco di riso per i formaggi a pasta dura; la cagliata viene poi lasciata a riposo nel siero, oppure cotta a seconda che il formaggio sia a pasta cruda o cotta. La cagliata sminuzzata, lasciata riposare per un breve periodo, si contrae formando una massa solida che viene estratta dalla caldaia in cui si trova e ripartita negli stampi (fascere), dove può subire la pressatura per ottenere una pasta più consistente. Successivamente le forme passano alla salatura, a secco o in salamoia, che ha lo scopo di insaporire, ma anche di aumentare la conservabilità del formaggio. A questo punto inizia l’ultima fase, la maturazione o stagionatura, che può durare da poche ore fino a molti mesi a seconda del tipo di formaggio. Essa infatti varia per durata e condizioni ambientali e consente l’instaurarsi di processi biochimici che comportano cambiamenti di composizione e struttura del formaggio, in modo da favorire la formazione di aromi e sapori tipici per i differenti formaggi.

Tanti i corsi per diventare casaro

Per diventare casaro non è richiesto un diploma di maturità o una laurea. Per imparare il mestiere è possibile frequentare i corsi di formazione organizzati da enti pubblici o privati e successivamente effettuare un periodo di pratica all’interno di aziende del settore lattiero-caseario, perfezionando la propria tecnica con l'affiancamento di personale esperto. Per rimanere al passo con gli sviluppi – soprattutto tecnologici – del settore, è opportuno che un casaro continui ad aggiornarsi con costanza nel corso della sua carriera. Un tipico corso prevede un numero variabile di ore dedicate alla formazione e all’acquisizione delle competenze di tipo tecnico. Molte ore sono dedicate allo stage presso un’azienda casearia. Da segnalare la Scuola di formazione lattiero-casearia del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop, inaugurata nel 2017. Il corso per diventare casari partirà il prossimo autunno con una nuova edizione. La scuola è riconosciuta dalla Regione Campania e gestita dalla Mbc Service, società in house del Consorzio. Il corso è solo uno dei percorsi di formazione offerti dalla scuola, che comprendono anche altri anelli della filiera bufalina (dall’innovazione tecnologica all’allevamento) e prevedono corsi anche per i mozzarella-lover, come “Bufala&Wine”, che ha portato gli appassionati alla scoperta dei migliori abbinamenti tra cibo e mozzarella di bufala Dop, in collaborazione con l’Ais. In sei anni, quasi 100 studenti si sono diplomati al Consorzio, provenienti da ogni parte del mondo: dal Trentino alla Calabria, dagli Stati Uniti all'Australia, dall'India all'Israele, dal Regno Unito alla Bolivia e al Kirghizistan. La mozzarella di bufala campana Dop, infatti, esercita un forte richiamo tra i giovani di tutto il mondo, che vedono nel settore lattiero-caseario una fonte di lavoro e di innovazione. Il 39% degli addetti alla filiera è costituito da giovani under 32, mentre il 37% sono donne. L’età media degli iscritti è di 35 anni. La Scuola ha dimostrato di essere un'opportunità concreta per i giovani che desiderano intraprendere una carriera nel settore lattiero-caseario, offrendo un placement del corso molto alto, con circa il 90% degli studenti che trova subito lavoro o apre la propria attività nel comparto. Per maggiori informazioni: https://www.mozzarelladop.it/bufala-campana/scuola-formazione.

Vola l'export dei formaggi italiani

L’export di formaggi italiani nei primi quattro mesi del 2023 ha registrato in Europa un +6,4% a volume e un +19,3% a livello globale. In particolare, sono i formaggi freschi con +10,4% e i grattugiati con +5,7% le due principali categorie casearie che trainano la crescita a volume dell’export. Anche a valore assistiamo ad una crescita del 21,7%, con tutte le categorie dei formaggi che rilevano variazioni a doppia cifra. Nella filiera del lattiero-caseario, la mozzarella di bufala campana si conferma regina di vendite sui mercati esteri (+31,9% tendenziale), sempre più apprezzata in Francia (+23,9%), in Germania (+36,9%) e nel Regno Unito (+7,8%), ma anche in Cina (+66,2%) e in Giappone (+19,3%), Paesi dove la Dop campana è inserita tra le eccellenze italiane da tutelare nell’ambito degli accordi di intesa Ue-Cina e dell’Ape (Accordo di partenariato economico tra UE e Giappone). Ottima performance anche per il Lattiero-caseario sardo (+61,2% nel trimestre) realizzata in particolar modo verso gli Stati Uniti, che assorbono il 75% delle esportazioni del distretto e che crescono dell’86% nel trimestre. Incremento di circa 13 milioni nel primo trimestre del 2023 anche le esportazioni del lattiero-caseario della Lombardia sud-orientale (+4,9%). Sul fronte esportazione verso i Paesi europei, le migliori variazioni in volume si registrano per la Polonia con +23,9% e la Spagna con +14,2%. Altrettanto positivi i dati della Germania con +9,5%, Paese a cui si rivolge, insieme all’Italia, il progetto Think Milk, Taste Europe, Be Smart, promosso dal settore lattiero- caseario dell’Alleanza delle Cooperative, realizzato da Confcooperative e cofinanziato dalla Commissione Europea, volto a favorire un maggior grado di consapevolezza nei confronti del latte e dei suoi derivati e a promuoverne la ripresa dei consumi.
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