venerdì 17 novembre 2017
Sarebbero 150 i nuovi mestieri legati a questo settore: dal bioingegnere all'analista big data all'innovation manager. Manca però la formazione adeguata
Biotecnologie, laboratorio di opportunità
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Le biotecnologie sono una realtà sempre più rilevante in Italia e nel mondo: nel 2015 rappresentavano il 29% del settore farmaceutico italiano, il 24% a livello mondiale. Nel nostro Paese il comparto conferma di avere tutti i numeri e le potenzialità per giocare un ruolo rilevante nel contesto internazionale: 209 aziende attive, oltre 3.800 addetti impiegati, un fatturato che sfiora gli 8,5 miliardi di euro (in crescita del +7% rispetto all’anno precedente) e investimenti in ricerca e sviluppo dedicati pari a 697 milioni di euro. Inoltre sono 35 i centri di ricerca, 52 gli impianti di produzione e 166 le sedi legali e amministrative, distribuiti in 17 regioni rappresentano un’estesa rete del farmaco biotech che permette ogni anno lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di farmaci biotecnologici in Italia e all’estero. Sono i numeri del Rapporto sulle biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2017, presentato oggi dal presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, assieme al presidente del Gruppo Biotecnologie dell'associazione, Eugenio Aringhieri, il direttore generale Enrica Giorgetti e Fabrizio de Simone, Italian Life Sciences Tas Leader, EY.

E i numeri fotografano un settore in crescita, in cui l'Italia si conferma una "eccellenza": 5% è l'incidenza del nostro Paese sul fatturato globale del farmaco biotech nel 2015; mentre sono 282 i progetti per farmaci e vaccini biotech in fase di sviluppo nel 2015 principalmente nelle aree terapeutiche dell'oncologia, sistema immunitario, malattie infettive, sistema gastrointestinale e sistema nervoso. Inoltre, 21 farmaci biotech nel 2015 hanno la designazione di "farmaco orfano" e rappresentano nuove speranze di terapia per pazienti affetti da malattie rare. L'Italia, ha spiegato Scaccabarozzi, «in generale nel settore del farmaco è il secondo
Paese produttore e primo per crescita dell'export, con un +52% tra il 2010 e il 2016. Le parole d'ordine oggi sono due: velocità, se si pensa che sono 14mila i nuovi farmaci in sviluppo di cui 7mila già in fase clinica, e convergenza, tra pharma e tecnologia». La priorità, dunque, ha avvertito, «è continuare ad attrarre investimenti e attuare una governance ancora più moderna che premi l'innovazione, superi il concetto
dei tetti di spesa e consideri la spesa farmaceutica come un investimento in un sistema che valorizzi anche i "costi evitati", ovvero quelli relativi a mancate cure e indennizzi per malattie evitate proprio grazie ai nuovi farmaci».

Inoltre Aringhieri ha sottolineato che «ci sono circa 150 nuovi mestieri
che sono andati delineandosi negli ultimi anni nel settore delle biotecnologie farmaceutiche, nuove professioni per le quali però l'Università italiana oggi non prevede una preparazione mirata e per i quali non troviamo adeguate competenze. È quindi oggi più che mai necessario avvicinare il mondo dell'industria a quello universitario per creare percorsi educativi ad hoc che rispondano alle esigenze del "nuovo mondo" e dell'economia. Per questo abbiamo siglato un protocollo d'intesa col ministero dell'Istruzione e dell'Università per i percorsi di alternanza scuola-lavoro». Quanto alle nuove figure, ha rilevato, «si tratta per esempio di esperti in digitalizzazione, innovation manager, analisti di big data e bioingegneri». «In Italia - ha rilevato Scaccabarozzi - manca una facoltà di Economia con indirizzo scientifico. L'Università, cioè, dà in vari casi una formazione generalista e non mirata alle nuove conoscenze. Spesso, queste nuove figure sono formate proprio dalle aziende. Abbiamo bisogno di maggiore dialogo con gli Atenei, anche se va detto che ci sono delle eccezioni virtuose come le Università dell'Emilia Romagna che hanno molte specializzazioni innovative».

L'innovazione, ha affermato Giorgetti, «è entrata nell'agenda del governo, ma ora le urgenze sono soprattutto due: favorire il trasferimento delle tecnologie dalla ricerca all'industria e fare in modo che l'Italia sia un "magnete" per attrarre sempre più investimenti, considerando che ogni anno nel mondo vengono spesi 180 miliardi per innovazione e ricerca».

Intanto, in attesa della decisione lunedì sulla futura sede dell'Ema, la Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi stima che in Italia ci sono 25mila imprese nei settori coinvolti tra farmaceutico, biomedicale e biotech, con 165 mila addetti e 33 miliardi di fatturato. A settembre 2017 continuano a crescere le imprese, per il terzo anno consecutivo. Ecco perché per Farmindustria «è necessario continuare ad attrarre investimenti e proseguire sulla strada già avviata, con una governance ancora più moderna che premi l`innovazione, superi il concetto dei tetti e consideri la spesa farmaceutica come un investimento in un sistema che valorizzi anche i costi evitati».

«Perché il settore del farmaco biotech continui a crescere - ha concluso Fabrizio de Simone, Italian Life Sciences Tas Leader, EY - occorrerà lavorare ancora per creare un ecosistema che sostenga e agevoli i processi di Technology Transfer e Open Innovation tra il mondo accademico e le imprese. Bisognerà inoltre investire nei luoghi dell’innovazione presenti per sostenere lo sviluppo e attrarre talenti, predisporre adeguati meccanismi di valorizzazione della proprietà intellettuale, adeguare il sistema normativo e burocratico in tema di accesso a meccanismi di rimborso e sviluppare un piano strategico condiviso».





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