mercoledì 12 agosto 2009
Dura reazione di Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica, alla sentenza del Tar che esclude l'insegnamento della religione dalla valutazione sul profitto scolastico degli studenti: è una sconfitta per la laicità, «se per laicità si intende l'esclusione dall'orizzonte culturale formativo civile di ogni identità si cade nel più bieco e negativo risvolto dell'illuminismo».
COMMENTA E CONDIVIDI
È fortemente critica la reazione della Chiesa italiana alla sentenza del Tar che esclude l'insegnamento della religione dalla valutazione sul profitto scolastico degli studenti. Sulla questione interviene mons. Diego Coletti, Presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica. Ai microfoni della Radio Vaticana, mons. Coletti ha rilevato come la sentenza risulti particolarmente pretestuosa: "i crediti, il valore generale del giudizio sull'alunno, vengono dati in base alle scelte del singolo studente, il ministro Fioroni ha anche sottolineato che c'è la possibilità di avere crediti per corsi di danza caraibica. Figurarsi con il 92% delle famiglie italiane che sceglie di avvalersi della religione cattolica, se questo non debba rientrare nel computo della valutazione sull'alunno sarebbe davvero una cosa strana. Tanto più che si tratta di scelte responsabili". Più in generale mons. Coletti ha osservato: "Non si tratta di un insegnamento che va a sostenere scelte religiose individuali: ma di una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane". La sentenza danneggia la laicità ed è sintomo del "più bieco illuminismo che vuole la cancellazione di tutte le identità", ha continuato Coletti. "La laicità - ha spiegato il vescovo di Como - è danneggiata da questa sentenza perché per laicità si intende la giusta neutralità di una comunità civile che però dovrebbe essere preoccupata di valorizzare tutte le identità, ciascuna secondo il proprio peso e rilevanza culturale, presenti su un dato territorio". Al contrario "se per laicità si intende l'esclusione dall'orizzonte culturale formativo civile di ogni identità si cade nel più bieco e negativo risvolto dell'illuminismo che prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversità e delle identità, mentre io credo che uno Stato sanamente laico deve preoccuparsi di far emergere e rispettare e di mettere in rete caso mai e di far crescere tutte le identità, soprattutto quelle di altro profilo culturale"."Non è colpa di nessuno - ha aggiunto l'esponente della Conferenza episcopale italiana - se la cultura di questo Paese è stata segnata da secoli e in misura massiccia dalla presenza della religione cattolico. Quindi entrare in un dialogo fecondo con la cultura italiana significa anche, non dal punto di vista confessionale ma dal punto di vista culturale, entrare in dialogo con la religione cattolica. E questo è il motivo dell'insegnamento". Il problema può essere invece un altro: "Eventualmente ciò che fa problema è l'esenzione, cioè la possibilità di non avvalersi, che credo sia giusto per chi dovesse sentire qualche turbamento circa le proprie convinzioni religiose dover approfondire l'insegnamento della religione cattolica, ma il corso fatto in una scuola laica, in uno Stato laico, è un corso culturale non un corso che costruisce scelte religiose".
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: