
il ministro Antonio Tajani - ANSA
Nottata di attacchi e contrattacchi. Poi, stamane, la notizia: la guerra «durerà giorni, se non settimane», ha detto ad Antonio Tajani, il ministro degli Esteri d’Israele, Gden Sa’ar, come riferito poco fa dallo stesso ministro italiano alle Commissioni parlamentari Esteri congiunte. Mentre agenzie stampa e media iraniani facevano sapere che «useremo 2mila missili contro Israele», che «secondo alti comandanti militari dell'Iran, la guerra si estenderà nei prossimi giorni e includerà anche basi Usa nella regione. Gli aggressori saranno l'obiettivo di una risposta iraniana decisa e su vasta scala».
Scenario più che drammatico, insomma. Il nostro ministro degli Esteri lo sa e sa anche – spiega – come «sapevamo che l'attacco israeliano fosse imminente, ma non immediato. Nessuno in Europa, né gli Usa, era stato informato preventivamente». Premesso questo, «di fronte a una minaccia nucleare, non può esservi alcuna ambiguità – continua Tajani -: l'Iran non può dotarsi della bomba atomica», così «ho ribadito il diritto di Israele a garantire la propria sopravvivenza tutelandosi da un possibile attacco nucleare». E il ministro aggiunge che «secondo l’intelligence israeliana, l’Iran in meno di sei mesi avrebbe avuto dieci bombe atomiche». Sottolineando poi «la violazione dell’Iran degli obblighi sul nucleare». E tuttavia il «dialogo con Teheran è franco e aperto».
I venti di guerra però si stanno facendo tempesta: «Il governo italiano – dice il ministro - è in prima linea per favorire la de-escalation, l'ho detto anche a Israele e Iran, basta. Ora più che mai è fondamentale non recidere il filo del dialogo». Morale? «Il governo sostiene pienamente i negoziati tra Stati Uniti e Iran per un accordo sul programma nucleare iraniano» e «l’obiettivo prioritario continua ad essere una soluzione diplomatica della crisi» e «invitiamo Teheran a seguire la via della diplomazia».
Infine, i nostri connazionali. «Attualmente si trovano circa 50.000 italiani in tutta la regione mediorientale. La presenza più significativa è in Israele, con circa 20.000 connazionali, mentre sono circa 500 quelli residenti in Iran. Al momento non ci sono state segnalate situazioni critiche», spiega Tajani in audizione alle Commissioni riunite Esteri di Camera e Senato. «A questi si aggiungono i nostri militari presenti nell'area, dall'Iraq al Libano, dal Golfo al Sinai, che seguiamo insieme al ministero della Difesa».
Le nostre ambasciate «sono in contatto con tutti i connazionali che hanno chiesto informazioni per rientrare in Italia. Stanno tutti bene e stanno ricevendo uno a uno ogni possibile assistenza, tenendo conto dell'interruzione del traffico areo nella regione». E in particolare, «un gruppo di 36 pellegrini della Cei, presente a Gerusalemme, è stato assistito dal nostro Consolato generale ed è riuscito a raggiungere la Giordania».
Rassicurazioni che non bastano alle opposizioni, attente a rilevare l’ambiguità sostanziale della posizione espressa da Tajani: «O si pensa che l'attacco israeliano sia del tutto legittimo e allora bisogna avere il coraggio di dire che Netanyahu ha fatto bene, oppure si pensa che bisogna frenare la escalation - osserva la leader dem Elly Schlein -. L'attacco militare non è la via per perseguire gli obiettivi che tutti condividiamo, ovvero lo stop al nucleare iraniano e su questo vorremmo chiarezza». Angelo Bonelli parla di una posizione «disorientante e preoccupante», che si limita a una «presa d'atto notarile» e segna la «subordinazione alle azioni di Netanyahu». Ancor più duro l’affondo di Giuseppe Conte, che chiama in causa la responsabilità diretta di Palazzo Chigi nel conflitto: «Tajani diceva che Israele non avrebbe attaccato l'Iran. Poche ore dopo Israele attacca l'Iran. Meloni e Tajani coprono e giustificano l'attacco di Netanyahu che butta benzina sul fuoco in Medioriente e poi ci raccontano che sono a lavoro per una de-escalation, per fermare la guerra in cui ci sta precipitando un Governo criminale che sta compiendo un genocidio a Gaza». Matteo Richetti di Azione parla di «un intervento da analista», che avrebbe bisogno di «maggiore chiarezza» sulla posizione dell'Italia, mentre Matteo Renzi si chiama fuori dalle polemiche bacchettando un po’ tutti per la superficialità espressa nelle valutazioni sul conflitto: «È molto difficile offrire un punto di vista serio e approfondito quando siamo al secondo giorno di guerra. Leggo tante banalità, frasi fatte, slogan. E la politica estera è per definizione una cosa complessa, non un argomento da populisti».