Perché i videogiochi sono sempre più simili alle slot machine

Tra puntate ed estrazioni, i software di intrattenimento ora imitano le roulette. Secondo l'Università di Pavia, il 57% dei giovani gamer gioca anche d'azzardo
December 31, 2025
Perché i videogiochi sono sempre più simili alle slot machine
Sotir, per anni, ha giocato d’azzardo solo dallo schermo del cellulare. Ha iniziato quando era appena maggiorenne e lo smartphone veniva incontro, almeno all’apparenza, a tutte le sue esigenze: «Mi permetteva di condurre due vite parallele – confessa ad Avvenire –. Una in cui sorridevo con gli amici e l’altra in cui mi isolavo, in camera, a giocare per ore». Sul telefono aveva accesso a tutto: blackjack, roulette e scommesse sui cavalli. Da una parte, l’azzardo online permetteva a Sotir di nascondere la dipendenza ai suoi cari. Dall’altra, gli regalava stimoli che non avrebbe mai trovato in una sala reale: «Non giocavo per vincere, ma per curare mancanze che la dipendenza colma con l’adrenalina. E, con l’azzardo online, ne provavo moltissima di adrenalina. Ora riconosco che molti ragazzi vivono le mie stesse sensazioni anche senza ricorrere all’azzardo, perché gli stimoli che dà il telefono spesso sono simili». Oggi, a distanza di anni, Sotir ha quasi terminato il suo percorso per affrancarsi dalla dipendenza dal gioco d’azzardo, ma sempre più adolescenti vivono ogni giorno le sue stesse difficoltà. Circa un giovane su due, tra i 15 e i 19 anni, gioca d’azzardo e uno su dieci mostra un coinvolgimento problematico con le scommesse. I numeri peggiorano quando, come ipotizza Sotir, sul cellulare le scommesse si alternano ai giochi: se i giovani che non usano videogiochi tentano l’azzardo nel 41% dei casi, tra i videogiocatori la percentuale sale al 57%. A mostrare il filo rosso che lega videogiochi e azzardo online è, per la prima volta, una ricerca condotta dalla Scuola di Sanità pubblica dell’Università di Pavia, pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Public Health, che rivela come un terzo dei giovani videogiocatori italiani spenda soldi per giocare online e un quinto mostri modalità di gioco considerate a rischio di dipendenza. Il dato è rilevante perché, in Italia, i videogiocatori non sono una nicchia: quasi il 70% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni gioca ai videogiochi, più o meno abitualmente. Lo studio, però, non dimostra «che l’utilizzo dei videogiochi comporti, nel tempo, un maggiore rischio di giocare d’azzardo», come spiega Giansanto Mosconi, docente in Sanità pubblica presso l’Università di Pavia, tra i coordinatori della ricerca. Piuttosto, rivela come i videogiochi abbiano fatto proprie alcune dinamiche tipiche delle scommesse, per agganciare agli schermi un maggior numero di giovani e invogliarli ad aumentare la propria spesa online. «Ipotizziamo che molti sistemi di monetizzazione dei videogiochi online facciano leva sulle stesse vulnerabilità sfruttate dal gioco d’azzardo e che potrebbero favorire anche la familiarizzazione con le sue dinamiche», ragiona Mosconi.
In particolare, è pratica sempre più comune nei videogiochi l’inserimento delle lootbox, ossia forzieri virtuali che contengono ricompense casuali, da pagare con denaro digitale o reale. Di fatto, estrazioni e scommesse. «Il giocatore paga senza sapere con certezza cosa otterrà – continua il ricercatore – e sperimenta una forte tensione legata all’esito, proprio come avviene con una slot machine o una roulette». Il risultato è che molti giovani crescono con l’abitudine all’azzardo. Interrogando 11mila adolescenti – selezionati dal campione rappresentativo del sistema di monitoraggio delle dipendenze Espad, coordinato dal Cnr –, la ricerca ha rivelato che, indipendentemente da sesso, età e condizioni economiche della famiglia, i giovani che spendono più denaro nei videogiochi online hanno il doppio delle chance di essere coinvolti anche nel gioco d’azzardo.
D’altro canto, sono le stesse scommesse a essere sempre più simili ai videogiochi. «Il gioco d’azzardo tende a presentarsi con linguaggi e modalità tipici dei videogiochi, rendendo il confine sfumato – spiega il docente dell’Università di Pavia –. Nel loro insieme, questi elementi potrebbero contribuire a creare un continuum tra i due comportamenti. Il passaggio al gioco d’azzardo avverrebbe, quindi, come la continuazione di esperienze già conosciute».
In generale, l’Istituto superiore di sanità non tiene traccia del numero di persone in carico a strutture pubbliche e private per trattare il disturbo da gioco d’azzardo patologico (Dga): calcolare il numero esatto di giovani giocatori, dunque, è un percorso a ostacoli. Ma, secondo un’indagine del Cnr, su oltre 13mila utenti nelle strutture residenziali, il 2,2% è in carico per Dga e, tra i circa 4mila nei centri ambulatoriali, la percentuale sale al 5,7%. La maggior parte dei giocatori problematici – spiega il Cnr – pratica molto più frequentemente l’azzardo online: il 52% contro il 16% offline. «Soprattutto tra i giovanissimi – commenta Sabrina Molinaro, responsabile della sezione Epidemiologia e Ricerca sui servizi sanitari dell’Ifc-Cnr – notiamo un continuum online tra videogioco e azzardo. Le scommesse digitali sono veloci e, spesso, divertenti e giocose. Non solo: anche il passo verso il trading finanziario è breve. Parlando con i ragazzi, si capisce che in molti casi per loro il limite tra gioco e finanza è sfumato». Il 17% dei giovani tra i 15 e i 19 anni, secondo i dati del Cnr, ha fatto trading online nello scorso anno, nella maggior parte dei casi da solo (72%) e all’insaputa dei genitori (54%). «Consiglio alle famiglie – conclude Molinaro – di stare attente all’isolamento dei figli, alla perdita dei loro contatti sociali e delle passioni, dando sempre un occhio alla gestione del denaro. Se riconosciamo i campanelli d’allarme in tempo, possiamo evitare la dipendenza».

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