Il futuro dell'Ilva adesso è nelle mani di un fondo di investimento americano

di Marina Luzzi, Taranto
I commissari hanno ricevuto il via libera a trattare in esclusiva con Flacks Group. «Il Governo rimarrà un partner strategico con una quota del 40%» dicono da Miami. Ma i sindacati sono perplessi: vogliamo un piano industriale, no a pacchi preconfezionati da prendere o lasciare
December 31, 2025
Il futuro dell'Ilva adesso è nelle mani di un fondo di investimento americano
E Flacks Group fu. Il fondo di investimento americano, con sede a Miami, per i commissari di Acciaierie d’Italia e Ilva in As sarebbe quello più adeguato ad avviare un negoziato in esclusiva per l’acquisizione dell’ex Ilva. È il primo passo, necessario per negoziare e giungere al contratto di vendita. Le voci si rincorrevano da giorni e nel primo pomeriggio di ieri hanno trovato conferma. L’analisi delle proposte pervenute ai commissari si è conclusa con il via libera dei rispettivi comitati di sorveglianza a proseguire con una trattativa con il solo fondo di investimento americano.
Il britannico Michael Flacks, fondatore e presidente di Flacks Group, ha ufficializzato l’accordo raggiunto sul profilo Linkedin del fondo. «Questa acquisizione garantisce il futuro a lungo termine di una piattaforma industriale storica, supporta circa 8.500 lavoratori qualificati e rafforza le catene di fornitura europee critiche per i settori automobilistico, edile e delle infrastrutture».
L’indiscrezione dell’acquisizione degli impianti ad un euro aveva fatto discutere, così come il fatto che si trattasse di un fondo con nessun pregresso nel settore siderurgico. Flacks Group, forse anche per questo, sui social ha rimarcato un impegno in termini di investimenti di  «5 miliardi di euro per modernizzare le attività, inclusi l’elettrificazione e l’ammodernamento dei forni, promuovendo la decarbonizzazione, l’efficienza e la crescita sostenibile» e sull’ingresso del governo italiano ha sottolineato «rimarrà un partner strategico con una quota del 40%, mentre Flacks Group detiene un’opzione per acquisire il 40% in futuro, a dimostrazione della nostra attenzione alla partnership industriale a lungo termine». Dichiarazioni d’intenti che però non convincono le organizzazioni sindacali, con cui si dovrà aprire un’altra trattativa. «Vogliamo ragionare di piani non di nomi – rimarca Valerio D’Alò segretario nazionale della Fim Cisl – di rilancio produttivo, di decarbonizzazione, di occupazione per tutti i lavoratori coinvolti, siano essi diretti, di Ilva in Amministrazione Straordinaria (1500 in attesa di reintegro, ndr) o degli appalti». «Non lasceremo il destino dei lavoratori nelle mani di un fondo di investimento – dichiara Rocco Palombella, Segretario generale Uilm - e non tollereremo la presentazione di pacchi preconfezionati, da prendere o lasciare. Vogliamo negoziare il piano industriale, gli investimenti ambientali e tecnologici, i livelli occupazionali, il ruolo dello Stato e le garanzie per i lavoratori e le comunità interessate». Per Fiom Cgil, con il coordinatore nazionale siderurgica Loris Scarpa, «è inaccettabile che le trattative avvengano con fondi speculativi alle spalle dei lavoratori. Ora più che mai è necessaria la costituzione di una società a maggioranza pubblica al fine di garantire la continuità industriale per la decarbonizzazzione e l’occupazione».
Solo poche ore prima, il segretario dei metalmeccanici di Fiom Cgil Taranto, Francesco Brigati, aveva posto l’accento sulla situazione degli impianti. «Il 31 dicembre (oggi, ndr) secondo il piano di marcia di Palazzo Chigi sarebbe dovuto ripartire l’Altoforno 2. Invece non solo la data non è stata rispettata ma da quello che ci risulta potrebbe slittare ancora, forse a fine gennaio o febbraio. Inoltre abbiamo certezze, purtroppo negative, riguardo al fermo delle batterie previsto da gennaio». E anche l’Altoforno 1 prosegue nello stop voluto dalla Procura ionica dopo un incendio, il 7 maggio scorso. I sigilli vennero apposti per omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose e proprio ieri è stata rigettata per la seconda volta l’istanza di dissequestro.

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