giovedì 30 settembre 2021
Secondo la capo-negoziatrice Fricano, i nodi da sciogliere sono tanti. Dai punti lasciati in sospeso dall’accordo di Parigi (come il meccanismo di scambio delle quote di emissioni) alla trasparenza
Inquinamento e surriscaldamento del Pianeta sono tra i dossier più spinosi nell’agenda dei Grandi.

Inquinamento e surriscaldamento del Pianeta sono tra i dossier più spinosi nell’agenda dei Grandi. - Archivio Avvenire

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La parola d’ordine è «aumentare l’ambizione». A un mese dall’inizio della 26esima Conferenza Onu sul cambiamento climatico di Glasgow, l’Italia lavora in partnership con il Regno Unito – per l’organizzazione del summit – affinché le 197 nazioni partecipanti si presentino all’appuntamento non con offerte di “rammendo” bensì con obiettivi importanti. Il momento è cruciale. Lo scorso 9 agosto, i 234 scienziati mondiali riuniti dalle Nazioni Unite nell’ambito dell’International panel on climate change (Ipcc) hanno lanciato un codice rosso all’umanità. Il riscaldamento globale, di «inequivocabile » responsabilità umana, è ormai irreversibile. Si può, però, ancora contenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia degli 1,5 gradi. A patto di agire subito.

E proprio questa è la richiesta rivolta ai Grandi dai quattrocento giovani riuniti a Milano per la Youth4Climate. «È giusto che ci pungolino e spero che continuino a farlo», afferma Federica Fricano, designata dal governo italiano capo-negoziatrice al summit scozzese. Geologa con master in Scienze ambientali e venticinque anni di impegno nel settore, la dirigente del ministero della Transizione ecologica è consapevole della portata della sfida. «Per questo, è doveroso ringraziare i giovani. È merito loro se il clima non è più appannaggio di specialisti e funzionari ma è entrato finalmente nel dibattito pubblico quotidiano. Il loro grido è arrivato alle orecchie distratte dell’opinione pubblica e dei media. Mai prima d’ora avevo ricevuto tante richieste di interviste eppure lavoro da un quarto di secolo sul clima...

Ai governi ora tocca il compito di dare risposte adeguate e di ampio respiro. Questo è ciò che intendo con obiettivi ambiziosi. Ovvio, poi ci sono i punti ancora in sospeso dall’Accordo di Parigi su cui speriamo finalmente di raggiungere una posizione condivisa». Due, in particolare, sono fondamentali per la capo-negoziatrice italiana: il cosiddetto “rule book”, ovvero l’articolo 6 sul mercato del carbonio e la questione della trasparenza. Il meccanismo consente lo scambio di quote di emissioni fra Paesi in modo da “aggiustare” i conti sui tagli complessivi di emissioni nocive. Le nazioni, tuttavia, non sono riuscite ad accordarsi sulle tecniche di attuazione. Su come, cioè, lasciare che i “virtuosi” vendano i loro eccessi ai meno efficienti – in base, tuttavia, a obiettivi auto-imposti – assicurando, comunque, l’integrità ambientale. Si tratta dunque, da una parte, di creare un metodo di contabilizzazione credibile sia dello scambio sia degli obiettivi. «Affinché ciascuno mantenga le promesse, è fondamentale che tutto sia trasparente e verificabile. Per mantenere la temperatura entro i due gradi – meglio entro gli 1,5 gradi –, non possiamo accontentarci di tagli virtuali di emissioni. Ognuno deve fare realmente la sua parte». Un nodo intricato che, due anni fa, la Cop25 di Madrid non è riuscita a sbrogliare. Stavolta andrà meglio?

«Mi aspetto di sì. C’è molto lavoro da fare ma sono convinta che possiamo trovare un’intesa. Certo, si tratta di un negoziato: si avanza e si arretra. Mi aspetto, però, un compromesso soffisfacente». Altra questione rovente quella dell’adattamento o, meglio, l’impegno per rafforzare e adattare la resilienza degli Stati più fragili di fronte al cambiamento climatico. «Ampie porzioni di pianeta, penso all’Africa ma non solo, sono già costrette a fare i conti con gli effetti dell’emergenza climatica. Non devono essere lasciati soli. È urgente trovare un meccanismo adeguato perché possano rispondere alla crisi, nell’interesse di tutti». Magari, sottolinea la dirigente, attraverso la realizzazione di infrastrutture per far fronte all’innalzamento delle acque o all’acuirsi delle siccità. Il tasto dolente restano i soldi, anche alla luce del probabile – i dati non sono ancora disponibili – mancato raggiungimento del finanziamento per gli Stati poveri dei cento miliardi di dollari nel 2020. Colpa della pandemia – che, secondo Fricano, ha ulteriormente complicato la situazione –, ma non solo.


«Per ampie porzioni di pianeta l’emergenza è già in atto. Non possiamo lasciarle sole. Ai giovani diciamo grazie. Il loro grido ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica. Continuate a pungolarci»

Eppure, la capo-negoziatrice si dice «ottimista». Un elemento positivo è la compattezza del fronte Ue. Bruxelles si presenta unita all’appuntamento di Glasgow. «La posizione italiana è quella europea. I Ventisette parleranno con una sola voce». Oltretutto la diplomazia climatica italiana ha anche un’altra importante leva: la presidenza del G20. «Stiamo dialogando in questo contesto per vincere le resistenze di India e Cina sugli impegni per la neutralità climatica». Un momento importante sarà l’incontro di chiusura dei capi di Stato e di governo del G20 previsto a Roma alla vigilia della Cop. «A farmi sperare in significativi passi avanti è, paradossalmente, la gravità della situazione di fronte alla quale si trova il mondo intero. Non possiamo più sfuggire o temporeggiare. Retorica a parte, credo che ormai sia chiaro a tutti».

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