Paola Bellocchi, presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi - Imagoeconomica
Il 2024 «ha registrato un aumento degli scioperi generali nazionali (17, rispetto agli 11 del 2023), che hanno interessato complessivamente otto giornate». È quanto si legge nella relazione annuale della Commissione di garanzia sugli scioperi sull'attività svolta nel 2024, illustrata a Montecitorio dalla presidente Paola Bellocchi. «L'episodio più rilevante - si evidenzia nel testo - è stata la concentrazione di ben quattro scioperi generali proclamati, autonomamente, dalle Confederazioni Cub e Sgb, Cgil e Uil, Cobas, Adl Cobas, Sial Cobas, Clap ed Usi fondata nel 1912, per l'intera giornata del 29 novembre 2024». «Su tale tipologia di sciopero e sull'ampio utilizzo di esso, con le incisive deroghe alle normative previste nei singoli servizi pubblici, è in corso una riflessione interna al Collegio», si legge nel documento.
«Le evidenze disponibili (crescita del numero degli scioperi generali; percentuali di adesioni basse) confermano l'esigenza di una revisione della disciplina vigente, per migliorarne l'applicazione e rafforzarne l'effettività», si sottolinea. «La necessità di riconsiderare l'equilibrio fissato dalla Commissione oltre 20 anni fa nasce, in particolare, dal rilievo "di sistema" che lo sciopero generale riveste nella gestione della legge 146 nella sua interezza». «La proclamazione di uno sciopero generale ha necessariamente, per l'ampiezza e la trasversalità dei settori coinvolti, estesi all'intero mondo del lavoro, effetti di sovraccarico sull'intero calendario degli scioperi e riflessi problematici sulla funzionalità dei servizi pubblici essenziali», spiega Bellocchi.
Nella relazione si evidenzia che «qualunque sciopero generale (compresi quelli, che si ripetono ogni anno, sorretti da motivazioni volte a sensibilizzare l'opinione pubblica su temi di elevato spessore civile e sociale, come gli scioperi generali dell'8 marzo o del Primo maggio) impedisce ad altri sindacati, in virtù della regola della rarefazione oggettiva che obbliga a rispettare l'intervallo minimo tra astensioni, di esercitare il diritto di sciopero nella data prescelta o, comunque, in una data utile a mantenere un efficace legame temporale con la vertenza di riferimento».
Astensioni in calo: 1.080 (-4,3%)
Nel 2024 gli scioperi sono stati 1.080, in calo de 4,3% rispetto all'anno precedente (1.129 nel 2023) con una «dimensione locale, se non addirittura aziendale, per oltre l'80% dei proclamati ed effettuati». «Nel 2024 i dati complessivi sull'andamento del conflitto rivelano una lieve diminuzione del ricorso allo sciopero rispetto all'anno precedente, pur mantenendosi su una soglia elevata», dichiara la presidente. La cifra della astensioni collettive «riflette la mera somma aritmetica delle azioni di sciopero effettivamente attuate, sia a livello nazionale che nelle varie aree geografiche del Paese». «Oltre l'80% degli scioperi proclamati ed effettuati - evidenzia la Garante - hanno una dimensione locale, se non addirittura aziendale: su questi micro-conflitti, gli sforzi della Commissione si sono concentrati sul rigoroso rispetto degli strumenti di prevenzione previsti dalla legge, particolarmente utili per la composizione di tali vertenze». La regione dove si sciopera di più è risultata la Lombardia (82 giornate di sciopero), seguita da Lazio e Campania (65 scioperi in ciascuna Regione) e dall'Emilia Romagna (58 astensioni). Le regioni dove si sciopera di meno sono anche le più piccole in termini di forza lavoro, ossia la Valle d'Aosta (due scioperi) e la Basilicata (quattro).
In Italia si sciopera meno che nel resto d'Europa, osservanza regole al 94%
«In Italia si sciopera sempre meno che negli altri Paesi europei», ma le agitazioni «si concentrano sui servizi pubblici più vulneranti e soprattutto nel settore dei trasporti, dove il panorama sindacale appare frammentato, turbolento e ad alto tasso di conflittualità, ed è forse questo il motivo per cui la percezione è che si scioperi tanto». «La segnalazione preventiva per eventuali illegittimità rimane, a tutt'oggi, tra gli interventi principali dell'Autorità: nell'anno in esame», si precisa nella relazione. La Commissione «è intervenuta 391 volte, alle quali sono seguite 289 revoche di azioni di sciopero e 77 adeguamenti, con un tasso di osservanza delle regole pari al 94%. L'elevato tasso di osservanza delle regole spiega la bassa percentuale di apertura di procedimenti di valutazione del comportamento che, nel 2024, sono stati 26 dei quali 16 si sono conclusi con una valutazione negativa e conseguente applicazione delle sanzioni».
«Nell'anno in esame si sono tenute presso l'Autorità ben 51 audizioni, oltre quattro al mese. Si tratta di un dato significativo del dialogo con le parti sociali e del loro coinvolgimento nell'attività istituzionale dell'Autorità», si sottolinea. «Questo quadro, sommariamente delineato conferma, pur nell'elevato ricorso allo sciopero nei servizi pubblici essenziali, un alto tasso di osservanza della normativa», sostiene Bellocchi.
Rinnovi dei contratti collettivi e sicurezza dei lavoratori tra le cause dei conflitti
«Nel settore dei servizi pubblici essenziali, il conflitto collettivo si relaziona ad una molteplicità di situazioni congiunturali e/o strutturali che riguardano la sicurezza dei lavoratori, i contratti collettivi applicati, la stabilità occupazionale». «Le dinamiche di erogazione di taluni servizi nei quali si è fatto ampiamente ricorso ad esternalizzazioni (appalti e subappalti), generano una proliferazione di contratti collettivi (il dumping contrattuale) che hanno comportato fenomeni di ampia diffusione di lavoro povero e intensificazione dei conflitti», si legge ancora nella relazione.
Inoltre «il sistema di appalti e subappalti ha, altresì, dato luogo al verificarsi di forme di inadempimenti degli enti pubblici che, in qualità di stazioni appaltanti, non riescono ad erogare i canoni pattuiti all'azienda appaltatrice. Tutto ciò spesso comporta la mancata erogazione delle retribuzioni ai dipendenti, che rimane una delle cause principali di insorgenza del conflitto in taluni settori (Igiene ambientale; comparto regioni e autonomie locali), di fronte alla quale risulta difficile richiedere l'osservanza di regole sullo sciopero ai lavoratori».
In generale, secondo Bellocchi, «una delle più tradizionali cause di insorgenza del conflitto continua a essere rappresentata dai mancati rinnovi contrattuali» e «una prolungata situazione di incertezza, a seguito delle scadenze contrattuali, costituisce causa di insorgenza del conflitto anche in forme spontanee ed anomale, spesso fuori dal controllo delle organizzazioni sindacali». «Nel corso del 2024, il rinnovo contrattuale più atteso era quello relativo alla mobilità nei due settori, a elevata densità conflittuale, dell'autoferro e delle attività ferroviarie. Sull'autoferro è stata raggiunta un'intesa preliminare a fine 2024, divenuta esecutiva nei primi mesi di quest'anno. Per i ferrovieri le trattative di rinnovo del contratto, scaduto a fine 2023, sono ancora in corso».
I media non devono enfatizzare i disagi
I mezzi d'informazione non devono «enfatizzare mediaticamente a priori i disagi provocati da uno sciopero, a prescindere dalla sua consistenza, ovvero senza valutare l'impatto reale prodotto dalla percentuale di adesione dei lavoratori e dalle dimensioni delle organizzazioni sindacali proclamanti». «Uno dei tasselli di maggiore importanza nel sistema di attuazione della legge 146, di cui costituisce l'imprescindibile completamento, è il ruolo dell'informazione, che è tuttora una sfida aperta», sottolinea la Garante. «Affinché l'attività della nostra Autorità sia ancora più efficace, è necessario che essa sia portata a conoscenza, come espressamente previsto nella legge, dell'opinione pubblica», dichiara Bellocchi. «Il servizio pubblico radiotelevisivo, nonché i giornali quotidiani che si avvalgono di finanziamenti o agevolazioni, tariffarie o fiscali, sono tenuti a dare "informazioni complete" sugli scioperi, la loro durata, le misure predisposte e le eventuali revoche». Ciò significa, secondo la presidente, «evidenziare in maniera più puntuale i servizi minimi e le fasce orarie di garanzia previste dalla legge e, soprattutto, evitare di alimentare il cosiddetto effetto annuncio».
«Si è sovente constatato come i mezzi di informazione tendano a trattare gli scioperi proclamati nei servizi essenziali più o meno alla stessa stregua, senza adoperarsi verso una più attenta indagine riguardante l'effettiva capacità dei soggetti proclamanti di vulnerare il servizio pubblico interessato. Tutto ciò non fa che incrementare quell'effetto annuncio che, come è noto, gioca un ruolo fondamentale nella percezione dello sciopero da parte dei cittadini. È importante richiamare tutti, ciascuno nella specificità del proprio ruolo, a un senso di responsabilità comune per garantire una corretta comunicazione nei confronti dei cittadini, gli utenti finali da tutelare», conclude Bellocchi.