giovedì 8 febbraio 2024
Difensore dei popoli del Grande Nord minacciati dalla civiltà occidentale è stato un pioniere della riflessione sull’ecologia, interpretando l’esplorazione in chiave filosofica e spirituale
Malaurie in una delle sue prime missioni nell'Artico

Malaurie in una delle sue prime missioni nell'Artico

COMMENTA E CONDIVIDI

Terre Humaine: per gli antropologi e gli appassionati d’esplorazione, questo titolo francese tintinna all’orecchio come una sorta di scrigno carico di monili aurei e altri tesori. A intitolarsi così non è un libro, ma una collezione di antropologia narrativa che lungo i decenni ha guadagnato una fama e un’aura uniche.

Nel 1955, quando l’editore transalpino Plon lanciò la scommessa, fu scelto, come secondo volume della serie, Tristi Tropici, di Claude Lévi-Strauss, destinato a trovare un’eco planetaria. Ma la narrazione capostipite di Terre Humaine, divenuta anch’essa un grande classico tradotto in tutto il mondo, aveva già fatto viaggiare i lettori fra le latitudini estreme del Nord artico, evocando con passione la vita e la saggezza ecologica dei gruppi umani Inuit lì stanziati, ancor oggi spesso definiti come "eschimesi", termine divenuto controverso anche per via di un’iniziale valenza dispregiativa. L’autore di quest’opera sconvolgente, Gli ultimi re di Thulé (tradotto in Italia per Jaca Book), nonché ideatore e direttore fino al 2015 dell’intera collezione Terre Humaine, Jean Malaurie, si è appena spento all’età di 101 anni. Indubbiamente, una scomparsa che per tanti lettori ed estimatori di diverse generazioni ha un sapore epocale: figura poliedrica e studioso risolutamente transdisciplinare, mosso fin da giovane da una passione ardente per la causa dei popoli del Grande Nord minacciati dal brusco contatto con la civiltà occidentale, Malaurie ha coltivato il gusto dell’esplorazione anche in una chiave filosofica e spirituale, tanto da essere riconosciuto oggi come un pioniere della riflessione sull’ecologia e sull’abitabilità terrestre.

A partire dalle ricerche iniziali in geografia fisica, aveva rapidamente spaziato, integrando l’antropologia e l’etnografia, fino ad essere riconosciuto non solo in Francia come uno degli ultimi savants novecenteschi. Forte fu pure la sua attenzione per la divulgazione, anche attraverso toccanti documentari filmati fra i ghiacci polari. Fra i tanti incarichi di una vita, pure quello come ambasciatore di Buona volontà dell’Unesco per le regioni artiche e polari.

Grande esperta dell’opera di Malaurie, l’etnostorica italiana Giulia Bogliolo Bruna ha contribuito a farlo conoscere nel nostro Paese, anche con l’opera Equilibri artici. L’umanesimo ecologico di Jean Malaurie (Cisu). A lasciarci è un "intellettuale anticonformista ed eclettico, unus et multiplex", ci dice la ricercatrice, che l’ha frequentato a lungo in Francia nel quadro del Centre d’Études arctiques, fondato dallo stesso Malaurie. Quest’ultimo, al contempo, è stato un "esploratore dei deserti freddi e dei labirinti dell’anima". Del resto, fin dall’inizio, "l’Artico si configura per il giovane geografo come uno spazio palingenetico e mistico, ove l’individuo può ritrovare la verginità dei sensi". Anche per questo, Malaurie fu sconvolto da una scoperta del tutto imprevista: "La creazione, in piena Guerra fredda, della base nucleare americana di Thule, forte in un primo tempo di 4mila uomini e più tardi di 10mila, e, due anni dopo, la deportazione forzata degli Inuit polari in regioni più settentrionali e più povere di selvaggina sono vissuti dal giovane Malaurie come lo stupro di un popolo e la profanazione di un luogo mitico, l’Ultima Thule celebrata da Virgilio e da Seneca".


Ad ispirare tanti è stato pure lo stile di lavoro dell’esploratore, come ricorda Bogliolo Bruna: "Erede dell’École des Annales, di cui adotta l’approccio pluri e transdiscipliare, Malaurie pratica una rigorosa deontologia della ricerca, promuove un sapere co-costruito con gli Inuit e fonda l’etnologia implicazionista". Uno stile che procede pure come "un gioco speculare tra la filosofia naturale inuit e i grandi sistemi occidentali di pensiero". Inoltre, sottolinea la studiosa, Malaurie si è sempre opposto ad ogni antropocentrismo esasperato postmoderno, tanto da far scorgere punti profondi di prossimità con la visione ecologica espressa da papa Francesco nella Laudato sì. Anche l’Eliseo, con un lungo comunicato, ha sottolineato l’importanza e la singolarità dell’itinerario di Malaurie: "Scrittore della libertà umana e dei viaggi, simile al Saint-Exupéry di Terra degli uomini, poeta degli sciamani, dei grandi spazi e del grande freddo, Jean Malaurie condusse battaglie intellettuali che non cessano di risuonare al giorno d’oggi: preservazione dell’ambiente indissociabile dalla causa dei popoli, universalità dei valori e pluralismo delle culture, amicizia fra le Nazioni, fondate sulla conoscenza, la scienza e la cultura. Per tutto questo, per i suoi libri, per la sua parola rara e sempre forgiata nella meditazione e lo studio, è stato e resterà una grande figura intellettuale in Francia e nel mondo". Una cerimonia funebre solenne, religiosa e civile, è prevista il 13 febbraio 2024 presso l’Hôtel des Invalides.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI