mercoledì 25 giugno 2014
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​Fine della corsa. Fine del Mondiale azzurro. Ma anche fine dell’Italia, almeno di questa Italia. La difatta di ieri sera a Natal chiude un’epoca e apre la rivoluzione. Era impossibile pensare infatti che l’eliminazione dal Mondiale dopo appena tre partite, la seconda consecutiva considerando anche la disastrosa avventura di Sudafrica 2010, non comportasse per il governo federale una serie di problemi che travalicano il "fallimentare" (lo stesso Buffon aveva preventivamente definito tale il senso di un’uscita di scena) bilancio tecnico complessivo. Finisce un’epoca, certamente quella dei “senatori” del gruppo. Da Pirlo a Chiellini, Buffon, De Rossi, Barzagli, Cassano: ragioni anagrafiche, fisiche o di “usura” generale indicano che la loro stagione azzurra a Natal ha trovato il definitivo capolinea. Dietro a loro le alternative non mancano, ma ora dovranno crescere in fretta.L’altra svoltra sarà quella politica. Il primo di questi dilemmi, in chiave azzurra, è forse il più semplice da risolvere: poco prima della partenza per il Brasile, Demetrio Albertini aveva annunciato le sue dimissioni irrevocabili, che scatteranno da oggi. Dovrà essere rimpiazzato alla presidenza del club Italia prima dell’inizio delle qualificazioni europee. E soprattutto lascerà vacante un posto da vicepresidente federale ambito da molti. Ma ben oltre alla figura di Albertini c’è quella di Prandelli - inevitabilmente protagonista di un “processo” tecnico-mediatico che è già iniziato subito dopo il fischio finale, in uno scenario da day after. Sinora il commissario tecnico aveva voluto mettere da parte i pensieri su quel che sarebbe accaduto se l’Italia fosse stata eliminata prima degli ottavi. Ora però ha capito che la sua posizione è indifendibile. Durante il ritiro di Coverciano, Prandelli aveva firmato il prolungamento del suo contratto fino al 2016, ma visto l’esito infausto della spedizione brasiliana, era più che probabile che rinnovasse i suoi vecchi pensieri negativi. Il ct era già orientato addirittura dopo la felice esperienza dell’Europeo 2012 a lasciare la panchina azzurra perché stanco di certe beghe politiche: lo ha fatto ieri, travolto dall’inevitabile bufera che si scatenerà ma prendendosi coraggiosamente le proprie responsabilità.È chiaro comunque che il cambio al vertice non riguarderà solo la Nazionale. Ci sarà, come si diceva, da sostituire Albertini: il suo addio è per per “motivi personali”. Ma nasconde neanche troppo velatamente motivi politici. L’ex centrocampista azzurro doveva essere il nome nuovo per il futuro, espresso dai calciatori. Ma anche lui si è incagliato nelle secche dei veti incrociati. Ora l’Aic dovrà indicare il consigliere federale che lo sostituirà, e fin qui nessun problema. Poi però bisognerà di nuovo votare per la vicepresidenza, rinnovando la sfida che nei mesi scorsi aveva contrapposto Albertini a Lotito. Ci sarà inoltre da sciogliere il nodo del rapporto Coni-Federcacio, o meglio Malagò-Abete. Quest’ultimo tirò la volata allo sconfitto Pagnozzi in occasione delle elezioni Coni: l’attuale presidente ha sempre negato volontà di ritorsione, e infatti Abete è diventato membro della giunta Coni presieduta da Malagò. Che però non ha perso occasione in passato per “rimproverare” il nostro calcio e le sue abitudini. Tra i due poi c’è in particolare un dissidio aperto sull’approccio della Figc verso le riforme auspicate dal Coni. A inizio agosto la Federcalcio ha già in programma un’assemblea per parlare delle modifiche statutarie, conseguenza della riforma Coni sulla giustizia sportiva. Lega di A e Lega di B discutono inoltre da tempo su come e quanto ridurre le squadre nei campionati: è una questione economica, ma anche tecnica. Sul tema, gli angoli tra Coni e Figc sono smussati. O meglio, lo erano prima del Mondiale. Sulla linea della Federcalcio di Abete, il cui mandato sarebbe scaduto nel 2016, Malagò vigila con particolare attenzione come pure sulla vicenda dei diritti tv che tante polemiche sta suscitando in questi giorni. Anche il capitolo violenza negli stadi contribuisce a tenere acesi i fari del Foro Italico sulla Figc con evidenti prese di distanza. Insomma, l’assemblea di inizio agosto dopo l’eliminazione rovinosa degli azzurri dal Mondiale rischia di diventare un punto per ricominciare. Con chi al comando è ancora presto per dirlo.
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