Stasera alle 18 i Vespri hanno aperto nella Basilica Vaticana il Mese missionario straordinario che il Papa ha annunciato nell’Angelus del 22 ottobre 2017, «al fine di alimentare l’ardore dell’attività evangelizzatrice».
Essere missionari significa «diventare attivi nel bene, non notai della fede e guardiani della grazia», né tanto meno vivere una «fede da sagrestia». Perciò, il mese missionario straordinario che si è aperto ieri «vuole essere una scossa» proprio in tal senso. Così papa Francesco durante le preghiera liturgica dei Vespri, ieri pomeriggio nella Basilica di San Pietro gremita di fedeli. Una celebrazione preceduta da testimonianze e orazioni di missionari da tutto il mondo, in un susseguirsi di lingue e di accenti che è divenuta immagine dell’universalità della Chiesa. E proprio sull’essenziale della Chiesa si è soffermato il Vescovo di Roma. Dio, ha ricordato, «ama una Chiesa in uscita».
Anzi, «se non è in uscita non è Chiesa. Una Chiesa in uscita, missionaria, – ha poi soggiunto – è una Chiesa che non perde tempo a piangere le cose che non vanno, i fedeli che non ha più, i valori di un tempo che non ci sono più». Dunque «una Chiesa che non cerca oasi protette per stare tranquilla; desidera solo essere sale della terra e lievito per il mondo. Sa che questa è la sua forza, la stessa di Gesù: non la rilevanza sociale o istituzionale, ma l’amore umile e gratuito».
Papa Bergoglio ha invitato a fare missione soprattutto con la testimonianza di vita, sul modello dei martiri che «sanno che la fede non è propaganda o proselitismo», ma appunto «dono di vita». Da questo punto di vista, ha spiegato il Pontefice, il contrario della missione è l’omissione. Riferendosi alla parabola dei talenti, ha sottolineato che il peccato del servo che ha giocato sulla difensiva è stato «non aver fatto del bene». Una omissione, dunque. «E questo può essere il peccato di una vita intera, perché abbiamo ricevuto la vita non per sotterrarla, ma per metterla in gioco, non per trattenerla, ma per donarla».
Quand’è, dunque, che si configura il peccato di omissione? «Pecchiamo di omissione, cioè contro la missione – ha detto il Papa –, quando, anziché diffondere la gioia, ci chiudiamo in un triste vittimismo», quando cediamo alla rassegnazione: “Non ce la faccio, non sono capace”. Ma come? Dio ti ha dato dei talenti e tu ti credi così povero da non poter arricchire nessuno?» Pecchiamo contro la missione, ha aggiunto Francesco, «quando, lamentosi, continuiamo a dire che va tutto male, nel mondo come nella Chiesa. Pecchiamo contro la missione quando siamo schiavi delle paure che immobilizzano e ci lasciamo paralizzare dal “si è sempre fatto così”. E pecchiamo contro la missione quando viviamo la vita come un peso e non come un dono; quando al centro ci siamo noi con le nostre fatiche, non i fratelli e le sorelle che attendono di essere amati».
Ecco perché, per questo ottobre missionario il Papa ha indicato tre figure di “servi” che sull’esempio di quelli buoni della parabola hanno portato molto frutto. «Ci mostra la via santa Teresa di Gesù Bambino – ha detto innanzitutto Francesco. Ella «fece della preghiera il combustibile dell’azione missionaria nel mondo. Questo è anche il mese del Rosario: quanto preghiamo per la diffusione del Vangelo, per convertirci dall’omissione alla missione?» C’è poi san Francesco Saverio, ha proseguito, «forse dopo san Paolo il più grande missionario della storia. Anch’egli ci scuote: usciamo dai nostri gusci, siamo capaci di lasciare le nostre comodità per il Vangelo?» Infine, «c’è la venerabile Pauline Jaricot, un’operaia che sostenne le missioni col suo lavoro quotidiano: con le offerte che detraeva dal salario, fu agli inizi delle Pontificie Opere Missionarie».
Sono una religiosa, un sacerdote e una laica. Ci dicono, ha commentato il Pontefice, «che nessuno è escluso dalla missione della Chiesa». Quindi «in questo mese il Signore chiama anche te. Chiama te, padre e madre di famiglia; te, giovane che sogni grandi cose; te, che lavori in una fabbrica, in un negozio, in una banca, in un ristorante; te, che sei senza lavoro; te, che sei in un letto di ospedale… Il Signore ti chiede di farti dono lì dove sei, così come sei, con chi ti sta vicino; di non subire la vita, ma di donarla; di non piangerti addosso, ma di lasciarti scavare dalle lacrime di chi soffre». «Coraggio – ha concluso –, il Signore si aspetta tanto da te. La Chiesa ritrovi fecondità nella missione».
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