mercoledì 3 agosto 2022
Francesco ha incentrato la sua meditazione sul recente pellegrinaggio penitenziale, un "cammino di riconciliazione" con i popoli nativi "e di guarigione". E ricorda l'esplosione a Beirut del 2020
Il Papa: in Canada per mettere la faccia davanti a dolori e peccati

Reuters

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Un "cammino di riconciliazione e di guarigione". Papa Francesco parla del recente pellegrinaggio penitenziale in Canada nell'udienza generale. Un cammino di riconciliazione con i popoli nativi e di guarigione, "che presuppone la conoscenza storica, l'ascolto dei sopravvissuti, la presa di coscienza e soprattutto la conversione, il cambiamento di mentalità".

"Da questo approfondimento risulta che - ha sottolineato Francesco -, per un verso, alcuni uomini e donne di Chiesa sono stati tra i più decisi e coraggiosi sostenitori della dignità delle popolazioni autoctone, prendendo le loro difese e contribuendo alla conoscenza delle loro lingue e culture; ma, per altro verso, non sono purtroppo mancati cristiani, preti, religiosi, religiose, laici che hanno partecipato a programmi che oggi capiamo che sono inaccettabili e anche contrari al Vangelo. E per questo io sono andato a chiedere perdono a nome della Chiesa".

Ci sono stati "momenti dolorosi", ammette Francesco, ma "si doveva mettere la faccia davanti a dolori e peccati". "Si è trattato di un viaggio diverso dagli altri" spiega. "Infatti, la motivazione principale era quella di incontrare le popolazioni originarie per esprimere ad esse la mia vicinanza, della Chiesa, e il mio dolore e chiedere perdono per il male loro arrecato da quei cristiani, tra cui molti cattolici, che in passato hanno collaborato alle politiche di assimilazione forzata e di affrancamento dei governi dell'epoca".

Francesco ripercorre le tappe della sei giorni canadese: la prima, a Edmonton, nella parte occidentale del Paese. La seconda, a Québec, nella parte orientale. E la terza nel nord, a Iqaluit: "Insieme abbiamo fatto memoria: la memoria buona della storia millenaria di questi popoli, in armonia con la loro terra, e la memoria dolorosa dei soprusi subiti, anche nelle scuole residenziali, a causa delle politiche di assimilazione culturale. Dopo la memoria, il secondo passo del nostro cammino è stato quello della riconciliazione. Non un compromesso tra noi - sarebbe un'illusione, una messa in scena - ma un lasciarsi riconciliare da Cristo, che è la nostra pace".

Il Pontefice rinnova "sincera gratitudine alle autorità del Paese, per la grande disponibilità e la cordiale accoglienza che hanno riservato a me e ai miei collaboratori. E ai vescovi lo stesso. Davanti ai governanti, ai capi indigeni e al corpo diplomatico ho ribadito la volontà fattiva della Santa Sede e delle comunità cattoliche locali di promuovere le culture originarie, con percorsi spirituali appropriati e con l'attenzione alle usanze e alle lingue dei popoli. Nello stesso tempo, ho rilevato come la mentalità colonizzatrice si presenti oggi sotto varie forme di colonizzazioni ideologiche, che minacciano le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli, appiattendo le differenze, concentrandosi solo sul presente e trascurando spesso i doveri verso i più deboli e fragili. Si tratta dunque di recuperare un sano equilibrio, un'armonia tra la modernità e le culture ancestrali, tra la secolarizzazione e i valori spirituali. E questo interpella direttamente la missione della Chiesa, inviata in tutto il mondo a testimoniare e "seminare" una fraternità universale che rispetta e promuove la dimensione locale con le sue molteplici ricchezze. Ringrazio l'unità dell'episcopato perché dove si è uniti si va avanti".

"Verità e giustizia per le vittime dell'esplosione a Beirut"

Al termine dell'udienza il Papa ha ricordato che "domani ricorre il secondo anniversario dell'esplosione del porto di Beirut". "Il mio pensiero - ha detto - va alle famiglie delle vittime di quel disastroso evento e al caro popolo libanese". "Prego affinché ciascuno possa essere confortato dalla fede, confortato dalla giustizia e dalla verità, che non può essere mai nascosta". "Auspico che il Libano, con l'aiuto della comunità internazionale, continui a percorrere il cammino di rinascita, rimanendo fedele alla propria vocazione di essere terra di pace e di pluralismo, dove le comunità di religioni diverse possano vivere in fraternità", ha aggiunto.

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