martedì 19 settembre 2017
Nell'anniversario dell'assassinio del giudice Rosario Livatino, emblema dell'impegno civile come via percorribile della santità, per la prima volta l'incontro tra il Papa e Commissione antimafia
Papa Francesco alla Commissione antimafia: tutelare i testimoni di giustizia
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"Diventa decisivo opporsi in ogni modo al grave problema della corruzione che, nel disprezzo dell'interesse generale, rappresenta il terreno fertile nel quale le mafie attecchiscono e si sviluppano". Così papa Francesco nell'udienza alla Commissione Antimafia. "La corruzione trova sempre il modo di giustificare sé stessa, presentandosi come la condizione 'normale', la soluzione di chi è 'furbo', la via percorribile per conseguire i propri obiettivi".

IL TESTO DEL DISCORSO

"Non si può dimenticare che la lotta alle mafie passa attraverso la tutela e la valorizzazione dei testimoni di giustizia, persone che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di cui sono state testimoni". ha proseguito il Papa nel messaggio che ha rivolto alla Commissione Antimafia, per la prima volta ricevuta in Vaticano. "Va trovata - ha affermato - una via che permetta a una persona pulita, ma appartenente a famiglie o contesti di mafia, di uscirne senza subire vendette e ritorsioni".

La Commissione parlamentare antimafia per la prima volta in Vaticano

La Commissione parlamentare antimafia, guidata dalla presidente Rosy Bindi, è stata ricevuta in udienza speciale da papa Francesco. L'udienza, prevista alle 12 (e non più alle 12,30 come inizialmente comunicato), è stata chiesta in occasione del ventisettesimo anniversario dell'assassinio del giudice Rosario Livatino, una delle figure emblematiche dell'impegno civile come via percorribile della santità.

Si tratta della prima volta che la Commissione bicamerale, che indaga da oltre 50 anni sulle mafie italiane, ha un incontro ufficiale con il Papa in Vaticano. Oltre ai parlamentari saranno presenti i funzionari e i collaboratori - magistrati, rappresentanti delle forze dell'ordine, esperti - di cui si avvale la Commissione antimafia nella sua attività d'inchiesta.

Perché papa Francesco incontra il 21 settembre la Commissione antimafia?

ll 21 settembre del 1990 Rosario Livatino, giudice al tribunale di Agrigento esce da casa. Sale sulla sua auto e percorre la statale 640 di Porto Empedocle diretto in Tribunale, senza scorta, quando, viene raggiunto da quattro giovani sicari assoldati dalla Stidda agrigentina. «Che vi ho fatto?». Ha solo il tempo di pronunciare questa breve frase. I suoi assassini con freddezza lo uccidono.
Un fortissimo senso della legalità, perseguita nel lavoro ma anche nella vita quotidiana: non accettare privilegi, non fare favori ai parenti e ai conoscenti che li chiedono. È questo un aspetto su cui si insiste molto, spesso intrecciato col valore, più tradizionale nel cattolicesimo, dell’inflessibilità, del senso del dovere. L’elemento nuovo non è dunque quello del rispetto delle regole, ma del rispetto delle regole dello Stato. Sono i segni distintivi di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dai killer mafiosi il 21 settembre 1990, del quale è in corso il processo di beatificazione.


L'iter di beatificazione del giudice Rosario Livatino

Il 19 luglio 2011 è stato firmato dall'arcivescovo di Agrigento il decreto per l'avvio ufficiale del processo diocesano di canonizzazione del magistrato di Canicattì ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990, a 38 anni, alle porte di Agrigento. Il magistrato, definito da Giovanni Paolo II "martire della giustizia e, indirettamente, della fede", dopo aver incontrato i genitori, venne assassinato mentre, con la sua auto e senza scorta, andava da Canicattì ad Agrigento.

Papa Francesco nell'udienza al Consiglio superiore della magistratura, il 17 giugno 2014, aveva invitato i giudici a essere di «integra moralità per l’intera società», menzionando due modelli a cui ispirarsi: Vittorio Bachelet e Rosario Livatino, «ucciso dalla mafia», definendolo «testimone esemplare, giudice leale alle istituzioni, aperto al dialogo, fermo e coraggioso nel difendere la giustizia e la dignità della persona umana». «Quattro giorni dopo, il 21 giugno, – ricorda la storica – papa Francesco scomunica i mafiosi nell’omelia alla Piana di Sibari. Ancora una volta il piccolo giudice si è trovato sulla strada che approda alla condanna solenne della mafia da parte del Papa». Come accadde con la famosa “invettiva” contro la mafia di Giovanni Paolo II pronunciata nella Valle dei Templi di Agrigento, dopo aver incontrato i genitori di Livatino.

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