mercoledì 13 maggio 2020
Il Prefetto della Segreteria per l'Economia a Vatican News fa il punto e parla delle misure strutturali per far fronte alle entrate in calo a causa della pandemia. 17 milioni di tasse all'Italia
Padre Guerrero: Nessun rischio default, dobbiamo affrontare crisi

Vatican Media

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Il Vaticano non rischia il default, ma come tutti dovrà fare i conti con la crisi economica innescata dal coronavirus. «Abbiamo davanti anni difficili», ammette il Prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Juan Antonio Guerrero Alves, che basandosi su alcune proiezioni, parla di una diminuzione delle entrate intorno al 25 per cento nell'ipotesi più ottimistica e del 45 per cento in quella più pessimistica. Il nuovo "ministro dell'economia" ha rilasciato la prima intervista a tutto tondo sulle questioni del suo dicastero a Vatican News, stimolato dalle domande del direttore editoriale Andrea Tornielli. Ne esce un quadro aggiornato e con numeri precisi, che contribuisce a fare chiarezza in una materia spesso affrontata dai media in maniera solo scandalistica e sulla base di informazioni di corridoio di difficile verifica.

Il prefetto ha innanzitutto chiarito qual è la dimensione del bilancio. «Tra il 2016 e il 2020 sia le entrate che le uscite sono state costanti. Le entrate intorno ai 270 milioni. Le spese in media intorno a 320 milioni, a seconda dell’anno. Le entrate derivano da contributi e donazioni, rendimenti degli immobili e in misura minore dalla gestione finanziaria e dalle attività degli Enti. Un contributo importante è quello del Governatorato dello Stato Città del Vaticano; e dipende in larga (ma non esclusiva) misura dai Musei oggi chiusi e nella restante parte dell’anno in probabile difficoltà per la ripresa che sarà lenta». Sulle uscite Guerrero fa sapere: «Se guardo solo ai numeri e alle percentuali, potrei dire che le uscite si distribuiscono più o meno così: 45% personale, 45% spese generali e di amministrazione e 7,5% donazioni». Quanto al deficit (la differenza fra entrate e uscite) negli ultimi anni ha oscillato fra 60 e 70 milioni.
Quali sono i settori che incidono di più sulle spese? Il prefetto fa alcuni esempi. La galassia informativa vaticana, che comunica ciò che fa il Papa in 36 lingue, attraverso la radio, la tv, il web, i social, un giornale, una tipografia, una casa editrice, la sala stampa - «una impresa che non ha eguali al mondo» - assorbe circa il 15 per cento del budget. Ci lavorano più di 500 persone. Un altro dieci per cento del budget va alle nunziature. «Qualcuno magari pensa che siano chissà cosa. Sono piccole ambasciate del Vangelo, che difendono nelle relazioni internazionali i diritti dei poveri, che portano avanti una diplomazia del dialogo, della pace, della cura della terra come nostra casa comune», sottolinea Guerrero.

Un altro dieci per cento si spende per le Chiese Orientali, che sono spesso perseguitate o nella diaspora. Per l’attenzione alle Chiese più povere, alle missioni, attraverso la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, si eroga un altro 8,5 per cento. Poi c’è la tutela della unità della dottrina, ci sono le cause dei Santi. C’è la preservazione di un patrimonio dell’umanità come la Biblioteca Vaticana e gli Archivi. C’è la manutenzione, doverosa, degli edifici: un altro dieci per cento. «Ci sono le tasse italiane, che paghiamo: il 6 per cento circa del budget, cioè 17 milioni. E così via».

L'accenno alle tasse italiane merita una spiegazione. Si tratta di Imu, Tares e altre imposte che il Vaticano paga ai comuni di Roma e di Castel Gandolfo per il patrimonio immobiliare di sua proprietà, sito sul territorio italiano. Finora era nota la cifra di oltre 9 milioni di euro per gli immobili gestiti dall'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. La differenza si riferisce probabilmente alle analoghe imposte pagate per gli immobili di proprietà della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli e di altri dicasteri.

L'emergenza coronavirus costringerà a rivedere comunque i conti. «Non siamo in grado di dire oggi se ci sarà una diminuzione delle donazioni all’Obolo, o una diminuzione dei contributi che arrivano dalle Diocesi - afferma il Prefetto -. Sappiamo però, perché lo abbiamo deciso noi e per la difficoltà di pagare il canone da parte di alcuni affittuari, che ci sarà una contrazione delle rendite derivanti dagli affitti».Per padre Guerrero, però, tre cose non saranno messe in discussione: «La retribuzione dei lavoratori, gli aiuti alle persone in difficoltà e il sostegno alle Chiese bisognose. Nessun taglio riguarderà chi è più vulnerabile. Non viviamo per salvare i budget. Abbiamo fiducia nella generosità dei fedeli. Ma dobbiamo dimostrare a chi ci dona parte dei suoi risparmi che i suoi soldi sono ben spesi».

Sono anche allo studio misure per ridurre il deficit strutturale. «Dovremo centralizzare gli investimenti finanziari, migliorare la
gestione del personale, migliorare la gestione degli appalti - annuncia padre Guerrero -. Sta per essere approvato un codice per gli appalti che porterà sicuramente a dei risparmi. Stiamo lavorando in costante collegamento con tutti i dicasteri coniugando la centralizzazione con la sussidiarietà; le autonomie con i controlli; la professionalità con la vocazione». Infine, per quanto riguarda casi di recenti investimenti (come ad esempio l'immobile di Sloane Avenue a Londra, per cui è in corso un'inchiesta, anche se nell'intervista la vicenda non viene esplicitamente citata) il Prefetto della Segreteria per l'economia, afferma: «La fiducia si guadagna con il rigore, la chiarezza, la sobrietà. E anche ammettendo con umiltà errori passati, per non ripeterli, e errori attuali, se ce ne sono. Succede a volte, è successo anche a noi, per esempio, di esserci affidati a persone che non meritavano fiducia. Sempre siamo vulnerabili in questo. Maggior trasparenza, minore segretezza, rende più difficile commettere errori. È proprio per questo che per gli investimenti puntiamo ad avere un comitato serio, di persone di alto livello, senza conflitti di interesse, che ci aiuti (per quanto possibile) a non sbagliare».












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