È l'ora di risposte allo "zar": sostenere l'oltre-Putin
lunedì 6 dicembre 2021

Le truppe russe si muovono minacciosamente per la seconda volta in un anno ai confini ucraini. Gli Stati Uniti hanno avvisato l’Unione Europea del pericolo concreto di un’azione militare di Mosca. Il Cremlino ha smentito con sdegno. Ma a Kiev e nelle capitali Ue dei Paesi limitrofi la preoccupazione sale, al di là delle dichiarazioni ufficiali. In questo clima, Vladimir Putin e Joe Biden si preparano a incontrarsi martedì per un vertice bilaterale che dovrebbe attenuare le tensioni. Molti sembrano avere troppo presto dimenticato che soltanto sette anni fa la Russia ha invaso la Crimea e se l’è annessa con un referendum a dire poco addomesticato, mentre continua ad alimentare la guerra a bassa intensità intorno alla regione del Donbass, autoproclamatasi indipendente. Certo, sanzioni economiche e politiche sono seguite a quell’atto di aggressione al di fuori della legalità internazionale, compresa l’esclusione dal G8. Ma con la Russia continuiamo ad avere relazioni e scambi – e forse non potrebbe essere altrimenti.

Il gas che proviene dai giacimenti di Mosca riscalda molte case europee e alimenta tante nostre industrie. Nella prospettiva dei rapporti di forza, è un potenziale cappio intorno al collo della Ue. Non è un caso che venga agitato quale strumento di minaccia, come è capitato recentemente persino nei confronti del direttore di "Repubblica", per alcune critiche non gradite al Cremlino. Mentre i 175mila soldati si muovono alle frontiere, vi sono quindi due ordini di interrogativi che dovremmo cominciare ad affrontare. Perché non ci si può trovare impreparati di fronte a una mossa gravida di conseguenze tanto imprevedibili quanto sicuramente di grande impatto.

In primo luogo, dobbiamo chiederci che tipo di strategia può avere in mente Putin. C’è un piano di invasione, come fonti Nato hanno fatto trapelare ieri? Non ci sarebbe nulla di sorprendente. Anche se l’obiettivo di Mosca è soltanto mettere pressione sull’Occidente e impedire che Kiev entri nell’Alleanza Atlantica o riceva altre forniture di armi tecnologicamente avanzate, una realistica preparazione offensiva va comunque approntata ed esibita. Qualora non si voglia cedere al ricatto, bisogna quindi rintuzzare le manovre russe e sostenere la linea Biden quando il presidente Usa afferma che i membri della Nato non li sceglie il Cremlino. D’altra parte, quale può essere il progetto di Putin, nel momento in cui fosse davvero deciso a superare la linea rossa e mandare i carri armati oltreconfine? Mira a creare un corridoio per rifornire la Crimea assetata d’acqua e sostenere i filorussi nell’Est del Paese? Oppure è determinato a ribaltare il governo del presidente Volodymyr Zelensky, sempre più rivolto verso Bruxelles, con una nuova nomenklatura non avversa a Mosca? O, addirittura, punta a prendere Kiev e gran parte del territorio (l’Ucraina è poco più grande della Francia e ha 44 milioni di abitanti) sotto il suo controllo diretto, almeno temporaneamente?

Sono scenari diversi che aprono la strada al secondo ordine di questioni che vanno attentamente considerate per tempo. Come prevederemmo di reagire a un’azione ostile della Russia? Saremmo – l’Europa, in primis, e la Nato – abbastanza coesi e determinati da non limitarci a un inasprimento delle sanzioni già in essere? Qual è il livello della violazione della sovranità ucraina al quale chiuderemmo totalmente il rubinetto degli acquisti energetici, mettendo davvero in ginocchio l’economia di Mosca, pur al prezzo di difficoltà di approvvigionamento e costi per noi più alti? Saremmo, infine, disposti a rispondere militarmente, seppure in modo simbolico o proporzionato, evitando per quanto possibile un’escalation distruttiva?

L’opzione dell’inerzia, sebbene motivata dalla volontà di non innescare una guerra, potrebbe equivalere a una resa disonorevole, tradimento dei cittadini ucraini che guardano a Ovest come faro di libertà e viatico implicito ad altre "espropriazioni" lasciate impunite e accolte come un dato di fatto.

Qualunque saranno il risultato del summit in videoconferenza tra i leader di Casa Bianca e Cremlino e l’evoluzione della situazione geostrategica ai confini orientali dell’Europa, sembra urgente che le domande qui evocate entrino al centro del nostro dibattito politico. E che si facciano i conti con la realtà di un Paese, la Russia, e di una leadership, Putin e il suo circolo, autoritari ed espansionisti, pronti a interferire nei processi elettorali democratici anche di altre nazioni. Un modo per fugare l’apparenza di arrendevolezza potrebbe essere rispondere con la stessa moneta: cominciando a sostenere, ma in modo trasparente, chi a Mosca lavora per un’alternativa liberale all’attuale governo che si autoperpetua mettendo all’angolo e silenziando ogni forma di opposizione.

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