«Italia e Ue? Un formicaio impazzito». Lo è e lo sarà senza risposte politiche»
giovedì 19 aprile 2018

Caro direttore,
a ripercorrere a volo d’uccello, con l’ausilio dei mezzi di informazione, il panorama politico d’Italia, ma in realtà anche dell’Europa, si ha l’impressione di un terreno nel quale si incontrano e si scontrano Stati e partiti incapaci, se non di collaborare, almeno di rispettarsi. L’Italia, dal canto suo, dà l’impressione di un formicaio impazzito, incapace di trovare un minimo comune denominatore sul quale costruire un’intesa il più possibile omogenea. Troppi capi si contendono il territorio secondo la tradizione dei capitani di ventura che fondano la loro sopravvivenza politica magari con una singola presenza nel Parlamento e con alleanze quali tra il gatto e il topo. Per quanto mi riguarda, al di là di strategie discutibili e di alleanze transitorie, il buon senso vorrebbe che i personaggi e i gruppi che hanno in comune gli orientamenti essenziali per il governo del Paese trovassero la forza e l’umiltà per ricostituire un centrosinistra quali erano l’Ulivo e il Partito Democratico... prima edizione.

Antonio Prezioso Padova

Capisco il suo punto di vista, caro signor Prezioso, ma per non rimanere troppo deluso nelle sue attese le consiglio di fare bene i conti con la realtà politica attuale, che è frutto dei cambiamenti radicali maturati negli ultimi cinque anni. Si è consolidato in Italia un quadro (almeno) tripolare e non più bipolare, e il processo politico aperto dal “no” al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 (sulla riforma Renzi-Napolitano del nostro sistema parlamentare e regionale), ha spinto verso una fase politica marcatamente neo-proporzionalista. «Un formicaio impazzito», dice lei, allargando lo sguardo anche ai rapporti tra gli Stati del nostro Vecchio Continente, segnati da una ripresa di istinti, rivendicazioni e scelte (anche solo propagandistiche) di tipo nazionalistico e da un’attitudine persino aggressiva verso i compagni di lavoro nel grande ed esigente cantiere dell’Unione Europea. Capisco anche questa sua valutazione, che rende bene l’idea del momento presente, ma non delle soluzioni che potrebbero incubare. Tuttavia concordo con lei su un punto decisivo: se risposte lucide e mirate non arriveranno, saranno dolori. E trovarle non sarà per nulla facile. Il fatto è che in Europa sembrano essere tornati a pesare troppo gli interessi particolari e, in Italia, contano di nuovo più i partiti che gli schieramenti presentati agli elettori prima del voto (che, pure, da noi non sono mai stati davvero coesi...). E se non si cambiano ritmo e regole di gioco, che ci piaccia o non ci piaccia, sarà proprio questa la partita alla quale ci dovremo abituare ad assistere (da governati) e a partecipare (da cittadini elettori). In Italia, elemento di questo schema è anche la definitiva «esplorazione» di una possibile intesa tra tutto il centrodestra o una sua parte con il Movimento 5 Stelle avviata in queste ore dal Capo dello Stato con l’incarico mirato affidato alla presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. «Esplorazione» alla quale potrebbe seguirne un’altra, simmetrica e altrettanto definitiva del possibile o impossibile avvicinamento tra M5S e Pd condotta dal presidente della Camera Roberto Fico. Il problema vero nell’un caso come nell’altro non è l’ipotetico patto di potere, ma la natura e lo scopo dell’accordo politico: cioè, in soldoni, per fare che cosa? Oppure, se nessun accordo politico dovesse emergere e si rendesse necessaria una “tregua istituzionale”, armistizio per realizzare quale passaggio e verso dove? Per consolidare e rendere più armonico il per ora solo conflittuale “ritorno al passato” delle patrie partitiche o per riaprire il cammino verso una democrazia (finalmente) matura delle grandi proposte programmatiche alternative e dell’alternanza di governo? Domande che potremmo trasferire, mutatis mutandis, sullo scenario europeo. Presto capiremo di più e meglio...

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