Il TRUMPolino d'America e altri timori: dopo voto senza allegria
giovedì 10 novembre 2016

Caro direttore,
l’America è salita sul TRUMPolino e ora si prepara a fare il grande salto. Speriamo non nel vuoto!
Giulia Borroni, Castellanza ( Va)

Gentile direttore,
nella campagna elettorale più scadente e di basso livello che si ricordi, anche negli Usa i due grandi partiti tradizionali, repubblicano e democratico, hanno perso! L’«indipendente» Donald Trump, a sorpresa ha sbaragliato tutto e tutti, compresi i sondaggisti (devono trovarsi un altro lavoro!) americani e pure europei nonché gli analisti delle più grandi testate giornalistiche: devono andare fra la gente comune, invece di continuare a fare sondaggi al telefono e commenti dalla loro torre! Ma pure le potenti lobby americane, specialmente quella delle armi e delle assicurazioni (addio sanità gratuita voluta da Obama!) hanno voltato le spalle all’ultimo momento a Hillary Clinton, questo fa capire quanto potere hanno queste due “caste” negli Stati Uniti! Ma adesso sorgerà un dubbio, visto che il Paese a stelle e strisce si vanta di essere la patria della “democrazia” e della “giustizia” con due candidati “indagati”: Trump (evasione fiscale... come Al Capone!! ) e Clinton (emailgate e finanziamenti illeciti!), Trump durerà davvero quattro anni da 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America? Avrei fatto la stessa domanda se avesse vinto Hillary Clinton... Ai posteri l’ardua sentenza.
Rolando Marchi Padova

Gentile direttore,
non gioisco per la vittoria di Trump alle elezioni americane, ma non avrei gioito nemmeno se avesse vinto la signora Clinton, personalità inquietante, forse non migliore del neo presidente. Il problema è un altro. Abbiamo visto quasi tutti i giornali, le televisioni e i mezzi di informazione americani e stranieri, italiani compresi, odiosamente schierati a favore della signora Clinton. E questo non va bene. Secondo lei è stato davvero un derby – come dice il nostro presidente del Consiglio Renzi – fra una tendenza al “buonismo” e una tendenza al “conservatorismo”. Ma si può definire così quanto è accaduto? Il “buonismo” può avere molti aspetti positivi, ma sono proprio i media a sbagliare perché tendono a imporcelo. Si rendano conto che una parte molto consistente del popolo in America e in Europa è contraria per vari motivi non tutti esecrabili e con qualche fondamento.
Pietro Ferretti

Caro direttore,
la vittoria di Donald Trump era prevista da tempo, almeno da me che sono parte della “gente di strada”. Sono convinto, al di là di tutto, che Trump sarà un buon presidente. Di Hillary Clinton, definita il “male minore”, si sapeva e si diceva che era una «guerrafondaia». Partiamo, allora, dal meglio che mister Donald può proporre. Nel suo programma, mi pare, fosse presente un avvicinamento con Russia, Cina e Paesi Arabi moderati... Ripartiamo da qui: amicizia e pace tra continenti.
Stefano Masino, Asti

Gentile direttore,
9 novembre 1989, gioia per la caduta del muro di Berlino. 9 novembre 2016, non ancora digerita la Brexit, tristezza per la vittoria dell’America dei muri e delle armi con – uso la sua definizione, direttore – l’«impresentabile» Donald Trump eletto 45esimo presidente della più importante democrazia del mondo. Il peggio del peggio. Un incubo si profila all’orizzonte. Maledizione da cabala, direbbe qualcuno: 9/11 come l’11/9? Siamo profondamente addolorati.
Teresio Asola, Torino

Caro direttore,
l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ci ha colti di sorpresa. Non si sa se ridere o piangere. In tanti avevamo accarezzato l’idea di una donna finalmente alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Perché ci sarebbe da piangere? Il popolo Usa ha scelto secondo il motto
mors tua, vita mea, affidandosi a un sostanziale isolazionista. Ci saranno nuove difficoltà economiche in quanto l’Europa vedrà ridotte le esportazioni verso gli Usa e questi avranno minore interesse a spendere dollari, oppure a mantenere l’attuale copertura militare difensiva alla indecisa e troppo timida Ue... Ma questa nuova America significa anche urgenza di ridiscutere gli attuali mercati, ripensare la globalizzazione economica, prendere sul serio lo tsunami economico che ha fatto affondare molte imprese e ha portato tante altre a dover diminuire il carico a bordo. Un ciclo segnato dal blocco del cambio generazionale nei posti di lavoro, con il preoccupante livello di disoccupazione che tutti ben conosciamo. Perché si può anche sorridere? Il risultato delle elezioni americane è un “pizzicotto” all’Europa per tirarsi su le maniche e costituirsi come effettiva Comunità di Stati, dotandosi di alcuni Ministeri europei fondamentali (Interni, Giustizia, Lavoro...). L’America imbronciata è stimolo a correre verso una progressiva unificazione di normative fondamentali per la vita dei nostri popoli. Anche questa volta ciò che succede alla Casa Bianca ha delle ripercussioni in tutto il mondo.
Michele Salcito

Non ho voglia di ridere, cari e gentili amici lettori, e neanche di sorridere davanti al risultato elettorale della sfida per la Casa Bianca. E spero davvero – da cittadino d’Italia, dell’Europa e del mondo – di non dover piangere a causa dell’ulteriore manifestarsi del possente disagio che corre nelle vene delle nostre società e dell’inappellabile verdetto consegnato alla storia dagli elettori Usa dell’8 novembre. Un verdetto secco e ironico, se ripenso a ciò che ho scritto in dialogo con altri lettori nella lunga vigilia del voto d’Oltreoceano.

L’«impresentabile» Donald Trump dispone, infatti, dei grandi elettori necessari per diventare il nuovo presidente degli States (279 contro 228).
L’«invotabile» Hillary Clinton, pur sconfitta, è stata invece la più votata, sia pure appena di un soffio (circa 176mila consensi in più dell’avversario su oltre 160 milioni di voti espressi). I miei personali pareri erano asciutti e motivati, le democratiche scelte dei cittadini statunitensi sono risultate, infine, altrettanto sintetiche e chiare. E ovviamente, altro che sondaggi e “patenti” mediatiche, solo la parola detta dai cittadini conta. Io però, nel mio piccolo, non cambio opinione: ora che la «padella» Clinton è stata scartata, l’America e il mondo se la dovranno vedere con la «brace» Trump.
Un insuccesso assicurato, comunque si fosse orientato il favore dei cittadini, prevedevo sulla base di profili e intenzioni dei due aspiranti presidenti. Altro che «luna di miele»...
Oggi più di ieri mi auguro di essere smentito positivamente dai fatti già nel prologo della “stagione nuova” di mister Trump, che comincerà quando tra poche settimane Barack Obama lascerà lo Studio ovale di Washington. Continuo a confidare nei pesi e nei contrappesi che caratterizzano la grande democrazia nordamericana.
E spero anch’io che nella nostra Europa, purtroppo nutrita da anni di stanchi e troppo arcigni e burocratici «patti» e «unioni», ci siano leader capaci di riavviare il cammino verso una vera e sempre più robusta comunità di Stati e di popoli. Insomma, questo è un giorno di grande perplessità, di molti timori, di tenaci speranze. E di neanche un sorriso. Lo sapevo sin da prima del voto che sarebbe stato questo lo stato d’animo di oggi, e non ero certo l’unico.

Marco Tarquinio

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