giovedì 1 luglio 2021
Il presidente cinese festeggia i 100 anni della fondazione del partito comunista: «Il popolo cinese non permetterà mai a nessuna forza straniera di bullizzarci, costringerci e renderci schiavi»
Il presidente cinese Xi Jinping in piazza Tienanmen

Il presidente cinese Xi Jinping in piazza Tienanmen - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Coreografico, agguerrito, mastodontico (e kitch), il partito comunista cinese ha festeggiato, ieri, i suoi primi cento anni. E lo ha fatto con una esibizione muscolare senza precedenti. Coniugando continuità (è apparso vestito alla Mao, il look delle grandi occasioni) e salti in avanti (la Cina lavora alla costruzione di «un nuovo mondo»), il presidente Xi Jinping ha usato parole durissime, disegnando gli scenari futuri sui quali sarà impegnato un partito sempre più elefantiaco: i suoi ranghi sono aumentati di 2,43 milioni nel 2020, raggiungendo quota 95,15 milioni di membri. «Il popolo cinese – ha detto Xi in una Piazza Tienanmen affollata da 70mila persone – non permetterà mai a nessuna forza straniera di bullizzarci, costringerci e renderci schiavi. Chiunque tenterà di farlo, si romperà sicuramente la testa sulla Grande Muraglia d’acciaio costruita con il sangue e la carne di 1,4 miliardi di cinesi».
Pressato sui “dossier” Hong Kong e uighuri, il presidente cinese ha giocato in contropiede, rilanciando, innanzitutto, la questione Taiwan. La riunificazione della Cina è «una missione storica e un impegno incrollabile», ha detto. In base al principio della “Unica Cina”, del Consenso del 1992 e della riunificazione pacifica, «dobbiamo intraprendere un’azione risoluta per sconfiggere del tutto qualsiasi tentativo di indipendenza di Taiwan e lavorare insieme per creare un futuro luminoso per il ringiovanimento nazionale», ha insistito Xi. «Nessuno deve sottovalutare la grande determinazione del popolo cinese di difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale». Minacce che, di fatto, hanno provocato la reazione immediata di Taiwan. «Democrazia, libertà, diritti umani e Stato di diritto sono i valori fondamentali a cui la società di Taiwan aderisce», si legge in un comunicato diffuso dal governo di Taipei. «La determinazione del nostro governo a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan rimane immutata», è stata la replica di Taiwan. Non poteva mancare, nelle parole di Xi, un riferimento ad Hong Kong. Nel giorno in cui nell’isola 10mila agenti hanno blindato il 24esimo anniversario del passaggio dei territori dalla sovranità di Londra a quella di Pechino, il presidente cinese ha ripetuto che «la stabilità sociale» sarà «assicurata a Hong Kong», proteggendo «sicurezza e sovranità del Paese». Nessun apertura su diritti e democrazia: per Pechino l’“indipendenza” di Hong Kong è un capitolo chiuso.
Restano, invece, aperte le velleità cinesi. «Dobbiamo accelerare la modernizzazione della difesa e delle Forze armate», ha ripetuto, ancora una volta, Xi. Non si tratta solo di parole. Secondo gli esperti dell’istituto californiano James Martin Center for Nonproliferation Studies, ripresi dal Washington Post, la Cina sta costruendo nel deserto più di cento silos che potrebbero contenere anche missili balistici. Una serie di immagini satellitari mostrano come, nelle aree desertiche del Gansu, nel nord-ovest della Cina, sia in corso un «allarmante sviluppo» di queste strutture, almeno 119, che lascia pensare a un’espansione dell’arsenale nucleare cinese.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: