sabato 2 febbraio 2013
L'attentato è avvenuto a un'entrata secondaria della sede diplomatica: decine i feriti, alcuni gravi. La formazione di estrema sinistra Dhkp-C rivendica.
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Il terrore torna a colpire in Turchia. Ieri intorno all’ora di pranzo, Ecevit Sanli, militante dell’organizzazione di estrema sinistra Dhkp-C si è fatto esplodere all’ingresso della sezione visti dell’Ambasciata americana, nel centro della capitale turca Ankara. Il bilancio definitivo dell’attacco sono due morti, incluso l’attentatore, decine di feriti, alcuni gravi, fra i quali Didem Tuncay, uno dei volti più noti dell’emittente privata Ntv. L’attentato è avvenuto a un’entrata secondaria della sede diplomatica, che da sempre è uno degli obiettivi più protetti dalle forze dell’ordine e dall’intelligence turche. L’ipotesi che si fosse trattato di un kamikaze ha iniziato a circolare subito dopo la deflagrazione, ma è stata confermata dal prefetto di Ankara, Alaattin Yuksel solo nel primo pomeriggio. La misure di sicurezza delle altre sedi diplomatiche sono state rinforzate e, anche se il bilancio dell’attentato è stato contenuto, l’attacco di ieri rappresenta una fonte di nuovi timori per il premier islamico-moderato Recep Tayyip Erdogan. L’autore dell’attacco appartiene a un’organizzazione nota per le sue posizioni anti-Nato e anti-americane e l’attentato, che è stato rivendicato dal Dhkp-C, arriva a pochi giorni dalla visita del nuovo segretario di Stato, John Kerry. Il capo della diplomazia americana ha scelto proprio Ankara come meta per il suo primo viaggio ufficiale. La decisione aveva assunto un alto valore simbolico, rendendo quasi la Turchia «l’alleato ritrovato» dopo mesi di freddezza da parte di Washington a causa delle diverse vedute sulla crisi siriana. Dopo mesi in prima linea nell’osteggiare il regime del presidente siriano Bashar al-Assad, la Turchia era tornata a più miti consigli, complice anche l’incremento dell’attività terroristica curda nel sud-est del Paese, proprio grazie all’indebolimento della frontiera siriana. Questo cambiamento di prospettiva da parte di Ankara e il timore del governo islamico-moderato di essersi spinto troppo in là con la linea dura nei confronti di Assad, hanno favorito l’invio dei missili terra-aria Patriot da parte di Germania, Stati Uniti e Paesi Bassi sotto l’ombrello della Nato, per permettere alla Turchia e di conseguenza ai territori dell’alleanza Atlantica, di difendersi da un ipotetico attacco siriano. Proprio la guerra civile di Damasco contro i ribelli sarà l’argomento principale dei colloqui fra il segretario di Stato americano, John Kerry e il premier islamico-moderato Recep Tayyip Erdogan, che però avverrà in un clima ancora meno sereno rispetto a quello che avrebbe auspicato il primo ministro turco. Oltre al Dhkp-C, che è tornato a colpire con maggiore vigore ma che ha capacità militare limitata, la Mezzaluna deve fare i conti con una presenza di al-Qaeda saldamente radicata sul territorio e che il nuovo ministro dell’Interno, Muammar Guler, è intenzionato a combattere a tutto campo. È di appena due giorni fa la notizia che Suleiman T. genero di Osama Benladen, è stato catturato sul territorio della Mezzaluna. Le retate di presunti membri dell’organizzazione hanno cadenza settimanale e molti osservatori e commentatori suggeriscono che nell’est del Paese, dove migliaia di profughi provenienti dalla Siria vivono ormai ammassati da mesi, la situazione dal punto di vista della sicurezza dell’intelligence, sia ancora più complessa da gestire e che ci siano anche molti infiltrati provenienti da organizzazioni eversive.
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