venerdì 12 maggio 2017
Il presidente ha ordinato un'inchiesta sui brogli elettorali, secondo molti solo per sviare l'attenzione sullo scandalo del licenziamento di Comey. La bufera però non si quietala
L'ingresso della sede del Fbi a Washington (Ansa/Ap)

L'ingresso della sede del Fbi a Washington (Ansa/Ap)

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La Casa Bianca sta cercando di «sviare l’attenzione » dalla controversia che rischia di far crollare la presidenza di Donald J. Trump: il caso Fbi. Lo hanno pensato in molti mentre il tycoon firmava, ieri sera, un ordine esecutivo per aprire un’indagine sul processo elettorale Usa. Dopo aver esaminato il sistema di registrazione alle urne con un occhio a possibili frodi e soppressioni del voto, l’anno prossimo la neo-creata “Commissione presidenziale sull’integrità delle elezioni”, guidata dal vicepresidente Mike Pence, dovrà presentare un rapporto alla Casa Bianca. Questo per giustificare le affermazioni di Trump di non aver vinto lo scorso novembre anche nel voto popolare – andato alla sfidante democratica Hillary Clinton con uno scarto di quasi tre milioni di voti – proprio a causa di frodi. I riflettori, però, rimangono fermi su un altro elemento chiave delle presidenziali 2016: le interferenze di Mosca, tornate alla ribalta con il licenziamento martedì del direttore del Fbi, James Comey.

Flynn davanti al Senato

La commissione intelligence del Senato ha emesso un mandato di comparizione per l’ex consigliere della sicurezza nazionale, Michael Flynn, segnalando che l’inchiesta sui potenziali legami tra la campagna elettorale del repubblicano e il Cremlino prosegue. Sebbene nella sua testimonianza di ieri al Senato il direttore ad interim del Fbi, Andrew McCabe, abbia sostenuto che non ci sia stato «alcun tentativo di impedire le indagini», i fatti precedenti all’annuncio del licenziamento di Comey creano molti dubbi. Basti pensare alla minaccia di dimissioni avanzata ieri dal vice segretario alla Giustizia, Rod Rosestein, dopo la spiegazione data dalla Casa Bianca secondo cui il presidente avrebbe seguito le raccomandazioni del ministro Jeff Sessions e del suo vice – Rosestein, appunto – mentre Trump da parte sua avrebbe detto di non trovare una ragione per dimetterlo. La decisione di licenziare Comey «è stata mia, al di là delle raccomandazioni» e ricorda che in alcuni incontri Comey «mi ha detto che non ero sotto indagine», ha poi precisato Trump. E poi: «Era incapace», ha specificato il suo portavoce.

Dubbi pure dalla smentita del vice di Comey che, rispondendo ieri alle domande dei senatori, ha contraddetto l’affermazione della portavoce di Trump, Sarah Huckabee, secondo la quale Comey aveva perso la fiducia dell’agenzia. Ieri lo stesso Comey ha fatto appello agli americani perché «guardino al Fbi come a una roccia di competenza, onestà e indipendenza ». Trump, tuttavia, ha fatto sapere che intende recarsi nel quartier generale del Fbi, per mostrare la propria fiducia nell’agenzia investigativa e annunciare la nomina del nuovo direttore che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere l’ex deputato repubblicano ed ex agente Fbi, Mike Rogers, o l’ex governatrice del New Hampshire, Kelly Ayotte.

Niente visita al Bureau

Intanto sembra sfumare l'ipotesi di una prima visita del presidente al Fbi in questi giorni. Potrebbero accoglierlo con un gelido silenzio, meglio non andare: sembra che il presidente americano Donald Trump abbia infatti abbandonato l'idea di visitare il quartier generale dell'Fbi dopo il licenziamento improvviso del direttore James Comey. Secondo i media Usa, che citano fonti interne all'Amministrazione, sarebbero stati gli agenti dello stesso Bureau a far cambiare idea alla Casa Bianca, spiegando che il presidente non avrebbe ricevuto un caloroso benvenuto. La notizia che Trump stesse considerando una tappa nella sede dell'Fbi era stata anticipata dalla portavoce Sarah Huckabee Sanders. Rispondendo a un giornalista che gli chiedeva informazioni riguardo a una possibile visita, ha detto: "Credo probabilmente nei prossimi giorni". Ma forse è ancora troppo presto. Lo choc e lo stordimento seguito alla rimozione di Comey, molto popolare tra i suoi agenti, è ancora vivo. Alcuni di loro avrebbero confidato che, nonostante abbiano votato per lui a novembre, questa volta non sarebbe stato accolto con applausi e sorrisi. "Penso che si sentano ancora fedeli a Comey", ha detto un fonte citata dalla Nbc.

Le tasse e le promesse

Le promesse di Trump, per ora, restano invece relegate alla carta parinata delle riviste. In una lunga intervista concessa all'Economist, Donald Trump ha ribadito la linea della politica americana in ambito di tasse, di accordi commerciali e di immigrazione. "Con me ci sarà il più grande taglio di tasse della storia", ha promesso il presidente Usa. E poi: "Stiamo pensando a una ristrutturazione massiccia del Nafta", perché "non abbiamo altra scelta". E ancora: "Nel caso della Corea del Sud abbiamo un accordo stipulato da Hillary Clinton che è spaventoso. Se riusciremo a siglare accordi giusti le cose andranno molto bene per il nostro Paese". Nell'intervista c'è spazio anche per un aneddotto sull'incontro con il presidente cinese Xi: "Mi piace molto e penso di piacergli molto. Dovevamo vederci per dieci minuti e i dieci minuti si sono trasformati in tre ore. Da soli, noi due. Noi siamo nati come nazione nel del 1776, che per loro è ieri... Ci siamo intesi subito".
Trump ha ribadito che vuole "fermare l'immigrazione illegale", non quella legale. Però "voglio che la gente entri in questo Paese legalmente. Ma voglio anche stabilire una condizione al momento giusto, che la gente che arriva si impegni a non chiedere... a non ricevere nessuna forma di sussidio per vivere nel nostro Paese per un periodo di almeno cinque anni". In merito al programma fiscale, il presidente americano ha usato un'espressione colorita. Gli Usa devono "innescare la pompa", perché "se non si fa così non si riuscirà mai a fare calare la pressione fiscale. Ora, se riusciamo a fare passare la riforma sanitaria risparmieremo da 400 a 900 miliardi di dollari. E quei soldi serviranno per la riduzione delle imposte. Un risparmio tremendo". La conclusione o una delle tante? "Faremo cose che renderanno le persone felici".

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