mercoledì 20 luglio 2016
Alla convention repubblicana di Cleveland è stato il giorno dell'«offerta» della candidatura al miliardario, ma anche quello delle polemiche sul discorso "copiato"della moglie Melania.
 Trump «incassa» la nomination
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Una signora restia a parlare in pubblico che recita gradevolmente un discorso un po’ ingessato ma autentico sui valori del marito. Una «plagiatrice non sincera» che copia stralci di un discorso di Michelle Obama e si fa passare per laureata quando avrebbe lasciato gli studi dopo un anno. Il debutto dell’ex top model Melania Trump come aspirante first lady va dal promettente al flop mediatico nel giro di poche ore, suscitando la «furia» del marito Donald e costringendo il direttore della sua campagna, Paul Manafort, a un’operazione di contenimento del danno incoerente che ha offuscato la seconda giornata della Convention repubblicana. Il responsabile del discorso va licenziato, ha esordito Manafort, anzi no, perché non c’è plagio, anzi sì, ci sono frasi simili ma solo perché ci sono esperienze simili. Il chiacchiericcio, unito alla continua impressione di una Convention senza una vera regia (se non si contano i desideri del candidato) e incapace di valorizzare i buoni oratori, è quasi riuscito a mettere in ombra il momento decisivo in cui Donald Trump ha ricevuto formalmente la nomination repubblicana. Una ribellione dell’ultimo minuto di un gruppo di delegati gli ha forse guastato la festa, ma non ha impedito all’uomo d’affari di ottenere il sì di 1237 leader del suo partito e di raggiunto così il primo obiettivo che si era fissato poco più un anno fa quando ha annunciato la sua candidatura dalla Trump Tower di New York. Domani, quando accetterà la nomination con un discorso in cui unico elemento prevedibile sarà la promessa di «vincere» e di «far vincere » l’America, il miliardario lancerà la seconda fase del suo programma: la conquista della Casa Bianca. A Cleveland a solennizzare l’investitura hanno preso la parola alcuni pezzi grossi del partito repubblicano, più preoccupati di dare una parvenza di unità alla compagine conservatrice che a illustrare il tema della giornata: «Make America work again » (facciamo lavorare ancora l’America). Né lo speaker della Camera Paul Ryan né il capogruppo della maggioranza al Senato Mitch McConnell si sono dilungati in elogi del repubblicano ma non hanno perso l’opportunità di ricordare agli elettori dell’elefantino che il rischio più grosso è un’eventuale elezione di Hillary Clinton. Hanno tentato di ricompattare però il partito. Il senatore McConnell si è concentrato su quello che considera come un record di politiche fallimentari dell’ex first lady, oltre che sulla «volontà di Clinton di fare qualsiasi cosa per farsi eleggere». Quindi ha sostenuto che la scelta per il voto presidenziale quest’anno è facile se si vuole sperare di imprimere un’inclinazione conservatrice alla Corte Suprema. Ryan, che nelle ultime settimane è riuscito a dare il suo endorsement a Trump pur mantenendo le distanze dalle sue posizioni più controverse, ha spiegato che è meglio allinearsi a un conservatore anche se «non il mio tipo ideale di conservatore» piuttosto che vedere tornare i Clinton alla Casa Bianca. A declinare il tema economico è stata una galleria di personaggi vicini ala famiglia Trump, come Dana White, presidente della Ultimate Fighting Championship, un gruppo di wrestling, e Natalie Gulbis, giocatrice di golf professionista apparsa sul reality show di Trump «Celebrity Apprentice». Altri oratori hanno dato voce alla convinzione diffusa fra la destra che Barack Obama costituisca una minaccia per le libertà costituzionali americane, soprattutto il diritto di possedere armi da fuoco. Lo hanno ribadito il dirigente della lobby delle armi (la Nra) Chris Coxil e il procuratore generale dell’Arkansas Leslie Rutledge. Mentre Ben Carson, neurochirurgo in pensione ed ex candidato presidenziale, ha cercato di smorzare i toni foschi che hanno dominato le prime 48 ore di Convention parlando di «valori comuni » di tutti gli americani. Non sono mancati sul palco due membri della grande famiglia Trump. Questa volta a parlare del volto umano del tycoon sono stati i figli Tiffany, recente laureata e modella, e Donald Trump Junior, che lavora con altri due fratelli per la Trump Organization. Il morale nella Convention è rimasto però sommesso, come se le divisioni interne del partito e la poca organizzazione della kermesse fossero segnali di un fallimento all’orizzonte. Ieri il New York Times ha messo nero su bianco le paure che circolano fra analisti e insider di partito, calcolando che, in base ai sondaggi negli Stati chiave, che hanno un peso sproporzionato sulle presidenziali, le probabilità di Trump di vincere le elezioni del prossimo 8 novembre non vanno oltre il 24%. All’esterno dell’arena le manifestazioni si sono intensificate, con due marce di segno opposto tenutesi contemporaneamente non lontano una dall’altra, ma non si sono registrate tensioni. Solo tre persone sono state arrestate per essersi arrampicate su un’asta vicino al centro congressi e aver issato uno striscione contro Donald Trump.
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