sabato 29 settembre 2012
«Preso l’ultimo bastione a Sud». Uccisi 2 reporter. Il corpo decapitato di uno dei giornalisti assassinati è stato trovato con le mani legate e segni di tortura. L’altro è stato colpito a morte da un commando.
La caduta di Chisimaio come quella di Kabul di Fabio Carminati
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​L’assalto all’ultimo bastione ancora in mano agli islamisti somali di al-Shabaab è iniziato l’altra notte. Chisimaio, importante città portuale nel sud del Paese, è stata attaccata dall’esercito keniano e somalo che dall’anno scorso, sotto l’egida dell’Unione Africana nell’ambito della missione Amisom, combattono contro gli estremisti legati ad al-Qaeda. «Chisimaio è caduta opponendo una minima resistenza – ha dichiarato un esponente dell’esercito keniano – c’è stata un’operazione congiunta aria terra e siamo entrati a Chisimaio». Un comandante degli shabaab ha negato che i soldati siano entrati nella città. In realtà la penetrazione c’è stata, anche se i miliziani dopo un primo ripiegamento stanno ancora opponendo una forte resistenza all’offensiva in alcune aree. Secondo testimoni ancora si combatte casa per casa alla periferia nord di Chisimaio, ma anche in prossimità del mare. I principali centri commerciali del centro cittadino sono chiusi e la paura è tangibile nell’aria. Incerte invece le voci su possibili morti e feriti. Si calcola che dalla città siano fuggiti nelle ultime settimane oltre 13mila civili. L’Unione Africana ha ribadito l’offerta di amnistia agli shabaab se si offriranno di deporre le armi. «Chiediamo a tutti i combattenti che si trovano a Chisimaio di deporre le armi – ha dichiarato l’Amisom in una nota – nell’ultima settimana molti ci hanno contattati per farci sapere di voler interrompere i combattimenti e a loro è stata garantita sicurezza». Si calcola che dalla città siano fuggiti nelle ultime settimane oltre 13mila civili.Chisimaio era l’ultima roccaforte degli estremisti islamici somali, i quali l’hanno sfruttata per il commercio di carbone e per il rifornimento di armi. Nelle ultime settimane gli shabaab avevano intensificato gli attacchi contro le istituzioni somale dopo che l’11 settembre scorso è stato eletto presidente Hassan Sheikh Mohamud, nome apprezzato a livello mondiale e che per anni ha lavorato al fianco delle organizzazioni internazionali. «Mohamud è un traditore, tutti gli islamici si armino e combattano per l’islamizzazione della Somalia», è stato il commento del gruppo islamico in seguito alla sua elezione. Secondo Abdirashid Hashi, analista dell’International Crisis Group, la perdita di Chisimaio rappresenta un «grosso colpo psicologico» e una «perdita significativa» per gli estremisti, anche se l’ala dura del movimento «continuerà nella sua strategia di destabilizzazione con omicidi mirati, attacchi kamikaze e bombe». Il gruppo potrebbe adottare ora una tecnica di guerriglia ancora più fluida, senza dare punti di riferimento alle istituzioni somale. Al di là delle prossime mosse degli estremisti, certo è che chi continua a pagare un prezzo altissimo all’instabilità sono i rappresentanti dei media. Ieri altre due vittime tra i giornalisti hanno portato a sei il numero dei reporter uccisi nell’ultima settimana, mentre sono quindici dall’inizio dell’anno. Le vittime sono Ahmed Abdulahi Fanah, 32 anni, inviato di un’agenzia di stampa yemenita, ucciso a colpi di arma da fuoco da un gruppo di uomini armati sotto casa in un quartiere di Mogadiscio e Abdirahman Mohamed Ali, 26 anni, il cui corpo decapitato è stato trovato dai residenti a nord della capitale con le mani legate ed evidenti segni di tortura. I sospetti su entrambi gli omicidi ricadono sui combattenti islamici di al-Shabaab.
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