sabato 9 maggio 2020
Nessun caso ufficiale in Nord Corea, dove Kim Jong-un è sparito per settimane In Turkmenistan vietato dire «coronavirus», mentre la posizione aiuta gli arcipelaghi oceanici dove torna il baratto
Regimi e atolli: lo strano caso dei Paesi a contagio zero
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Quelli che il virus non ce l'hanno o fanno finta di non averlo. C'è l'arcipelago sperduto in mezzo all'oceano e la dittatura che fino all'ultimo proverà a negare pure l'evidenza. Durante la pandemia, il leader nordcoreano Kim Jong-un è sparito dai radar per tre settimane, suscitando interrogativi sulla sua sorte. È poi riapparso in immagini difficili da verificare che lo ritraevano durante l'inaugurazione di una fabbrica. «Tra la musica di benvenuto, Kim è comparso per la cerimonia», ha riferito l'agenzia di stampa del regime, e «tutti i partecipanti hanno iniziato a intonare l'hurrah!». Nel frattempo la Corea del Nord è tra i pochi Stati al mondo a non aver ancora segnalato un singolo caso di coronavirus. Certo, l'isolamento internazionale può aver aiutato, ma è proprio di ogni regime il tentativo di minimizzare o negare qualsiasi problema, figurarsi un'epidemia.

Non è un caso che a non far segnalare contagi è anche il Turkmenistan, unico Paese «immune» (almeno a livello ufficiale) in tutta l'Asia centrale. In uno Stato in cui non esistono media indipendenti e da cui non è facile ottenere informazioni, nelle scorse settimane, secondo ﷯Reporter senza frontiere﷯, ai media statali è stato addirittura proibito di usare la parola «coronavirus». Di più, secondo ﷯Radio Free Europe﷯ nella capitale Ashgabat alcuni gruppi di persone sorprese a parlare della pandemia sono stati dispersi da agenti di polizia in borghese, che – sempre secondo la radio –possono arrestare chi indossa la mascherina in pubblico.

La ricomparsa di Kim in pubblico il 2 maggio dopo un'assenza di venti giorni

La ricomparsa di Kim in pubblico il 2 maggio dopo un'assenza di venti giorni - Reuters

Passando all'Africa, «curioso» il caso del Lesotho. Nonostante il Paese sia completamente circondato dal territorio del Sudafrica (che ha registrato oltre 8mila casi e 161 morti), finora non ha riportato alcun contagio. Il Paese, che ha un quinto degli adulti sieropositivi, sta attraversando una grave crisi politica da inizio anno. Il premier Thomas Thabane, una volta imposto un lockdown di 24 giorni, ha schierato soldati e veicoli militari per le strade, impegnandosi ad affrontare le «minacce alla sicurezza» poste dal coronavirus e dai «ribelli» che tentano di destituirlo. Accusato di essere coinvolto nell'omicidio della moglie del 2017, Thabane è sotto pressione e l'esplosione della pandemia potrebbe segnarne la fine.

«Immuni» finora al coronavirus molti arcipelaghi della Melanesia, la cui posizione remota ha aiutato le sue piccole isole. È il caso di Vanuatu, arcipelago vicino alle Isole Salomone e che dista quasi 2mila chilometri dalle coste australiane. Trecentomila abitanti, l'arcipelago è appena stato colpito dal ciclone Harold, che ne ha mostrato la vulnerabilità. «Se si aggiungesse il coronavirus sarebbe il disastro», ammettono le autorità. Ancora più a est c'è Samoa, nel cuore della Polinesia, anch'essa per ora senza contagi ufficiali, così come Kiribati, nel centro-ovest dell'Oceano Pacifico. Non fanno registrare casi nemmeno gli Stati federati di Micronesia, Tonga, le Isole Marshall, Palau, Tuvalu e Nauru. Essere così remoti e isolati, in tempi di necessario distanziamento fisico, è un'opportunità non da poco. Molte di queste isole subiscono però ora pesanti contraccolpi a livello economico, vista la sospensione dei voli internazionali e il crollo del turismo. Tanto che si assiste già a un massiccio ritorno dell'ancestrale baratto, promosso da pagine Facebook con decine di migliaia di membri.

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